Monti dice sì alla Tobin tax

Gran parte dei titoli dei quotidiani sono dedicati al varo della legge di stabilità da parte del governo. Si tratta di una manovra da 11,6 miliardi.

Il Sole 24 Ore: “Mini taglio all’Irpef, stretta su sanità e Regioni”. In taglio basso: “Tobin tax: 11 Paesi Ue dicono sì”, “l’ok di Italia, Spagna e Slovacchia sblocca la tassa sulle transazioni finanziarie. Per l’Italia vale 1 miliardo”.

L’Unità: “Un altro colpo alla sanità”.Sotto la testata: “Sì dell’Italia alla Tobin tax europea. Una vittoria de L’Unità”.

La Repubblica: “Tagliata l’Irpef per i redditi bassi”, “Aliquote ridotte di un punto, aumenterà l’Iva. Stangata su sanità e statali”. In taglio basso: “Berlusconi apre al Monti bis: ‘pronto a non ricandidarmi’”.

Il Giornale parla di “rivoluzione nel centrodestra” e titola: “Si scioglie il Pdl”, “Berlusconi: ‘Pronto a rifare Forza Italia’. E il web sta con lui: ‘Non lasciarci con Monti e Casini’”, “Ma il Pd è messo peggio: tutti vogliono rottamare tutti”.

Libero, con una vignetta in cui Berlusconi estrae un coniglio dal cilindro: “Silvio frega tutti”.

La Stampa: “Il governo taglia l’Irpef”.

Corriere della Sera: “Tutti i tagli, il giallo della riduzione Irpef”. Si parla di ‘giallo perché il sottosegretario Polillo ha annunciato il calo delle tasse, poi smentito dal governo, che però alla fine ha dato il via libera alla riduzione dell’Irpef. Ancora dai titoli del Corriere: “Stretta sulle spese delle amministrazioni pubbliche, si apre il caso sanità. L’ipotesi di abbassare di un punto le aliquote fiscali: ma è difficile trovare i fondi”.

Il Fatto quotidiano: “Reggio Calabria sciolta per mafia”. “Il Viminale: continguità con le cosche’. Il dossier del Prefetto: consiglieri e assessori del Pdl tra favori e feste con i boss, società del comune in mano alla ‘ndrangheta, appalti truccati e un buco di bilancio da 180 milioni. Il governatore chiama alla rivolta: ‘Tutti in piazza’”.

Su La Stampa, La Repubblica, il Corriere della Sera e il Giornale i lettori troveranno foto dalle manifestazioni antitedesche ieri ad Atene, che ieri accoglieva la Cancelliera Merkel. La capitale greca, blindata, ha accolto la Merkel con proteste e mostrandole svastiche e simboli nazisti.

Manovra

Ieri il governo ha varato la manovra di stabilità, che da qualche anno sostituisce la legge Finanziaria. Il Sole 24 Ore dedica due intere pagine alle misure previste. Aumento dell’Iva limitato a un solo punto con contestuale taglio delle prime due aliquote Irpef; nuove riduzioni su Regioni, pubblico impiego, sanità e ministeri; proroga della detassazione dei salari di produttività collegata ad una nuova speciale agevolazione; fondo ad hoc per gli esodati agganciato al cosiddetto fondo Letta (istituito nel 2009, con diverse missioni di spesa). Prevista anche l’attuazione della direttiva sui ritardati pagamenti dell’Amministrazione alle imprese, con l’introduzione del termine di riferimento dei 30 giorni, con deroghe a 60 per le Asl e nei casi in cui ci siano “pattuizioni stabilite per iscritto” giustificate dalla natura particolare del contratto. Via libera al piano di dismissione dei beni demaniali e all’operazione “cieli bui”: quest’ultima è la misura che mira a risparmiare risorse energetiche spegnendo l’illuminazione o affievolendola durante parte delle ore notturne (strade o aree urbane ed extraurbane).

Anche gli altri quotidiani dedicano ampio spazio alle misure previste dalla legge di stabilità. La Stampa scrive anche che ritorna l’Imu per la Chiesa poiché la legge è stata corretta dopo la bocciatura da parte del Consiglio di Stato: gli immobili commerciali pagheranno dal 2013. I requisiti e le modalità per le diverse categorie saranno definiti dalle linee guida.

Tobin tax

Il Sole 24 Ore ha due pagine sulla decisione dell’Italia di dare la propria adesione al varo di una Tobin tax: “L’Italia fa decollare la Tobin Tax”. 11 Paesi della zona euro hanno annunciato ieri di voler adottare la tassa sulle transazioni finanziarie attraverso il meccanismo della cooperazione rafforzata, e l’Italia ha aderito alla iniziativa. Il compito di preparare una proposta, attesa forse già in novembre, è ora nelle mani della Commissione Ue. Hanno dato il loro assenso, oltre alla coppia franco-tedesca, l’Austra, il Belgio, il Portogallo, la Grecia, la Slovenia, l’Estonia, la Slovacchia, la Spagna e l’Italia. Una base di partenza sarà probabilmente il progetto presentato dalla Commissione nell’autunno scorso, che prevedeva una aliquota dello 0,1 per cento per le azioni e le obbligazioni, e dello 0,01 per cento per i derivati. Il commissario al Fisco Semeta ha ricordato ieri: “proposi questa tassa come fonte di reddito proveniente da un settore sotto-tassato, e come un modo per incoraggiare transazioni responsabili”. “Londra si rassegna ma teme per la City”, scrive Il Sole, poiché su questo la posizione del governo britannico è molto chiara: Londra si chiama fuori. L’unica possibilità di adesione, ha ricordato più volte il premier Cameron, sarebbe se la tassa fosse imposta a livello globale.

Il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne ha ribadito che, a suo parere, la Tobin Tax “allontanerà dall’Europa il 90 per cento delle transazioni finanziarie”. Ma l’atteggiamento britannico è cambiato, i tory contano di trarre beneficio da quella che considera una follia. Osborne si è convinto che il ruolo della City come centro finanziario europeo sarà rafforzato dalla approvazione di una imposta che aumenterà i costi a Parigi, Francoforte, Milano e Madrid, rendendo Londra più competitiva. Non tutti sono d’accordo. L’autorevole Centre for policy studies sostengono che la Tobin Tax finirà con il danneggiare l’economia britannica, perché le filiali britanniche di banche tedesche, francesi o italiane dovrebbero comunque imporre la tassa su tutte le transazioni effettuate. Gli intermediatori mobiliari sono convinti che la Tobin Tax non sarebbe funzionale perché resterebbero esenti da qualsiasi tassazione gli speculatori, i day trader.

Paolo Leon su L’Unità scrive che la Tobin tax non impedisce i flussi di capitali destinati ad investimenti e perfino “alla ‘buona’ speculazione, quella che media le oscillazioni dei prezzi e delle quantità nelle transazioni internazionali. Impedisce, invece, quelle transazioni che, profittando di minime variazioni nei prezzi dei titoli, investono (qualche volta allo scoperto) gigantesche somme da realizzare in pochi minuti: si tratta di banche, società finanziarie, società di assicurazioni, agenti di cambio, fondi di ogni tipo. Un esempio: se un operatore investe 100 milioni di dollari su un titolo nell’aspettativa di guadagnarne 100 mila, si assicura un rendimento dello 0,1 per cento del tutto ridicolo rispetto ai tassi di interesse bancari correnti; ma poiché si attende di guadagnare 100 mila dollari in un’ora o forse in pochi minuti, il suo guadagno in termini di tempo è enorme, superiore al suo stesso stipendio orario” e “poiché la speculazione cattiva caccia quella buona, nei lunghi anni di libera attività speculativa non solo non è stato più possibile trattare materie prime, titoli e fondi, per realizzare un decente tasso di profitto, ma i prezzi di merci e titoli non erano più affidabili per chi doveva utilizzarli per obiettivi produttivi”.

Sullo stesso quotidiano ci si chiede: a chi andranno i soldi ricavati dalla tassazione? Si tratterebbe di una sessantina di miliardi di euro e circolano varie ipotesi su dove verranno versati i suoi proventi. La prima è che i soldi finiscano sic et simpliciter nel bilancio comunitario, formato dai contribuenti degli Stati membri, calcolati in ragione dell’1,24 per cento dei diversi Pil nazionali e dai proventi da imposizioni comuni da parte dell’Unione stessa (dazi doganali, lo 0,5 per cento dell’Iva). Altre ipotesi: i promotori franco-tedeschi della cooperazione rafforzata penserebbero piuttosto che al bilancio comunitario a 27, al nucleo più ristretto dell’eurogruppo: gli 11 Paesi che hanno annunciato l’intenzione di aderire fanno parte dell’area euro, ma si porrebbe la questione dei rapporti che si dovrebbero instaurare con i sei Paesi estranei alla cooperazione rafforzata: l’Eurogruppo non ha peraltro un proprio bilancio, e crearne uno ad hoc creerebbe alcuni problemi giuridico-politici. Il governo di Angela Merkel vorrebbe, secondo alcuni, utilizzare il denaro per creare una sorta di premio per i Paesi virtuosi sul fronte del debito. Il francese Hollande, invece, vorrebbe usare le risorse a compenso dei sacrifici sociali imposti dalla disciplina di bilancio. Si pone quindi una questione di controlli: la creazione di un bilancio ad hoc per i 17 avverrebbe in un contesto poco democratico perché, mentre il bilancio comunitario è sottoposto a controlli e pratiche di codecisione da parte del Parlamento europeo e da parte di quelli nazionali, quello ipotetico dell’Eurogruppo sarebbe il frutto di accordi presi esclusivamente dai governi.

Di una “Tobin tax” a geometria variabile scrive anche Danilo Taino sul Corriere, segnalando le difficoltà cui andrà incontro “il provvedimento più amato dalle sinistre europee”: “quale aliquota, su quali flussi applicarla, con creazione di due velocità”. Il presidente del consiglio Monti ha preferito non creare una frizione con Parigi e Berlino – sottolinea Taino – e dal punto di vista politico questo è “un nuovo passo nel nemmeno troppo lento processo di allargamento della Manica”.

Il Foglio la considera una resa al diktat politico dell’asse franco-tedesco: “La Germania, come è noto, riceve investimenti esteri più che sufficienti, quindi non ha nulla da temere. La Francia, invece, rischia: ma ha un governo di sinistra che non resiste al fascino demagogico degli slogan contro la ‘speculazione finanziaria internazionale’”.

“Mario Monti aveva condizionato l’adesione italiana all’adesione a strumenti di difesa dalla pressione sugli spread e quindi, a ventiquattrore dal varo dello scudo europeo, ha onorato l’impegno contratto. La lealtà nei rapporti intereuropei è un valore, ma in questo caso appare evidente che il suo costo sia assai elevato. La cooperazione rafforzata in campo fiscale rappresenta una forma estrema di interdipendenza, per questo è essenziale che abbia un carattere simmetrico. Adottare una tassa che serve solo agli interessi elettorali di due grandi Paesi e mette a rischio l’afflusso di capitali esteri negli altri rappresenta una asimmetria macroscopica. Inoltre, allargare il fossato che separa l’Europa continentale da quella anglosassone è un errore in sé.

Berlusconi

Scrive La Stampa che Berlusconi, deluso dalle reazioni scettiche di lunedì sera del suo annuncio, tramite il segretario Pdl Alfano, di una possibile rinuncia a candiarsi premier per ottenere un ritorno del centrodestra all’unità, ieri ha rilanciato, dicendo che se tutti i moderati, che in Italia sono la maggioranza, torneranno ad essere uniti, il loro leader potrebbe essere Monti. Si tratterebbe di spingerlo verso un bis nel 2013. Secondo il quotidiano lo spariglio di Silvio era stato annunciato in anticipo al premier. Ma Palazzo Chigi, secondo La Stampa, ostenta indifferenza, anche perché, in giro per il mondo, è identificato come il successore di Berlusconi, colui che aveva portato l’Italia ad un passo dalla bancarotta. Un altro articolo del quotidiano racconta i “tormenti del Cavaliere”, convinto a fare un passo indietro per le sue aziende. Avrebbe fatto una confidenza a Confalonieri: “Le mie imprese messe peggio di quanto entrai in campo”. A convincerlo anche un sondaggio che lo dava non solo perdente, ma addirittura terzo dopo Bersani e Grillo.

Il Foglio scrive che non candidarsi per aiutare la pax moderata forse non basta più: “l’annuncio di Silvio Berlusconi, disposto a non candidarsi pur di creare le condizioni per una ampia intesa tra i moderati, è stato giudicato tardivo e non senza ragioni”. Il quotidiano si chiede se esistano gli spazi per riempire uno schema di alleanze ancora poco robusto di argomenti e contenuti convincenti tali da renderlo effettivamente competitivo non solo sul piano numerico. Peraltro non va disperso il patrimonio politico accumulato in questi mesi di lavoro comune con il governo tecnico.

L’Unità titola: “Adesso Montezemolo abbraccia il Cavaliere”. Il patron della Ferrari ha definito il gesto di Berlusconi “rilevante e responsabile”.

Internazionale

Europa dedica un approfondimento alla sfida pubblica che ci sarà domani negli Usa tra i due vice in campo: il 42enne Repubblicano Paul Ryan affronterà il democratico Joe Biden, quasi settanta anni, nel dibattito a Danville, Kentucky. Una riuscita performance di Biden può consentire al Presidente di riprendere quota, ma c’è un rischio di sovraccarico di aspettative, perché Biden si sente investito del compito della rivincita rispetto alla “sconfitta” di Obama nel dibattito con Romney.

Il Corriere della Sera: “Usa, la Goldman Sachs scarica Obama”: il quotidiano parla di “vendetta” delle grandi banche d’affari per la regolamentazione imposta dal Presidente a Wall Street. Negli ultimi 40 anni – si legge – la Goldman Sachs, regina delle banche americane, quella che ha fornito a Washington più ministri del Tesoro di chiunque altro, è stata tradizionalmente la massima finanziatrice del Partito Democratico. Ma quest’anno, in un clamoroso dietro front, è diventata la massima finanziatrice del Partito Repubblicano. Scrive il Wall Street Journal: “Quando Obama si candidò alla Casa Bianca nel 2008, nessuna grande corporation Usa finanziò la sua campagna come Goldman Sachs. E quest’anno nessuna si è adoperata tanto perché il Presidente venga sconfitto”. Secondo il quotidiano, 4 anni fa la Morgan Stanley diede ad Obama oltre un milione di dollari. Adesso gli ha dato solo 136 mila dollari, regalando invece a Romney 900 mila dollari. E ai comitati elettorali altri 900 mila. L’autrice dell’articolo del Wall Street Journal considera Golman Sachs e le sue sorelle “ingrate”, perché vennero salvate da Obama con i soldi dei contribuenti, e aggiunge che sperano di strappare ad una eventuale presidenza Romney una riduzioen delle tasse e una ulteriore deregolamentazione dei mercati. Obama finora ha raccolto, sempre secondo l’autrice dell’articolo, Liz Rappaport, 742 milioni di dollari contro i 638 milioni di dollari del suo avversario.

Il Foglio interpella William Kristol, intellettuale neocon e direttore del settimanale Weekly Standard , che torna sul dibattito tv Obama Romney e dice che lo sfidante ha dimostrato di essere all’altezza, anzi di poter annichilire il Presidente, psicologicamente un fatto enorme, cosa che si riflette nei sondaggi, che alcuni considerano un bounce, un rimbalzo di Romney. Quello del Pew Research center dà Romney in vantaggio di 4 punti nel bacino dei likely voters, i non affiliati che probabilmente si recheranno alle urne.

Su La Stampa: “Romney si prende il voto delle donne e sorpassa Obama”. Il maggior recupero sarebbe stato tra le elettrici del ceto medio.

E poi

Il Corriere, occupandosi di Usa, legge un rapporto del Pew Research Center secondo cui per la prima volta nella storia i protestanti non sono più la maggioranza, essendo al 48 per cento. Nel 2007 erano il 53 per cento. Un cambiamento epocale, in un Paese che ogni giorno “si allontana un po’ da quello pensato e costruito dai padri pellegrini”. Un Paese che resta tra i più religiosi d’Occidente, ma in cui crescono rapidamente i cosiddetti “non affiliati”, la maggioranza dei quali non rinuncia a definirsi in qualche modo credente, gli atei e gli agnostici: un americano su cinque (il 19, 6 per cento, erano l’8 nel 1990). Uno su tre tra gli under 30. Un Paese in cui, dopo la nomina di Paul Ryan (cattolico) nel ticket repubblicano, e il birazziale Obama (mamma americana del Kansas, padre africano del Kenya) l’unico protestante delle due coppie presidenziali (visto che anche Biden è cattolico e Romney è mormone). Un Paese dove la Corte suprema è composta oggi solo da ebrei e cattolici. La stessa ricerca Pew racconta come i “non affiliati” – molto liberali sui temi sociali, meno sul ruolo del governo – votino a larga maggioranza progressista. Un gruppo che ha ormai una costituency solida per i Democratici, almeno quanto gli evangelici bianchi lo sono per i Rep. E preferiscono i Democratici anche i cattolici, il cui numero è rimasto stabile grazie all’immigrazione da centro e sud America.

La Repubblica alle pagine R2 cultura recensisce un saggio del sindacalista Fiom Giorgio Airaudo dal titolo “La solitudine dei lavoratori”. L’accusa del libro è che questo risultato sia stato ottenuto facendo saltare la rappresentanza.

 

redazione grey-panthers:
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