massima condivisione sulla giustizia, chiede Napolitano

Pubblicato il 10 Marzo 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Gli emissari di Gheddafi trattano con l’Europa. Mossa del Colonnello che contemporaneamente bombarda i depositi di petrolio. Scontri in Egitto: 13 morti”. A centro pagina: “Napolitano, dialogo sulla riforma”. “La bozza illustrata ieri da Alfano al Capo dello Stato. Oggi l’esame del governo. Giustizia, inasprita la responsabilità civile dei magistrati”.

La Repubblica: “Giustizia, la riforma anti-pm. Oggi il via del governo. Alfano da Napolitano: ‘Accolte le sue considerazioni’. “Nella bozza le toghe equiparate ai pubblici dipendenti. Il no di Bersani: servo solo a coprire le leggi ad personam”. A centro pagina la Libia (“Gheddafi tenta la missione diplomatica in Europa”).

La Stampa: “Giustizia, pronta la riforma. Alfano per due ore da Napolitano per illustrare il provvedimento. Oggi il Consiglio dei Ministri vara la legge. Prevede un doppio Csm e limiti nell’azione penale. Dure critiche da Pd,  e Anm”. In prima pagina anche: “Approvate le quote rosa: dal 2015 nei consigli di amministrazione il 30 per cento delle donne”. Nella parte alta la Libia (“pozzi in fiamme, e Gheddafi lancia l’offensiva diplomatica”).

Libero: “Comandano le donne. Una legge le impone. Pdl e Pd litigano su tutto ma approvano uniti le quote rosa obbligatorie nei cda delle aziende in Borsa. La norma non premia il merito ma il sesso. E non avrebbe evitato i crac Parmalat, Cirio e Giacomelli”.
La norma per ora ha avuto solo il via libera della Commissione finanze, e andrà in Aula la prossima settimana in sede redigente.

Il Foglio: “Parlare con Gheddafi e aiutare i ribelli. I due canali dell’Italia in Libia. La nave Libra rientra dopo una missione speciale a Bengasi. Il ruolo di Eni e dell’ambasciata italiana a Tripoli”. Di spalla: “Perché Frattini e Maroni la pensano all’opposto sul che fare a Tripoli”, dove si spiega che se per la Lega un intervento militare sarebbe “contrario agli interessi strategici” dell’Italia, per Farnesina e Difesa serve un “pattugliamento delle coste”.

Il Sole 24 Ore: “Declassate sei banche greche. Arrestati i fratelli inglesi Tchenguiz per il fallimento Kaupthing. Moody’s taglia i rating dei principali istituti. Risalgono gli spread dei titoli di stato portoghesi e italiani”. In evidenza in prima anche il “primo sì alle quote rosa” e la “Libia nel caos”.

Il Fatto quotidiano apre con una “esclusiva”: “Soldi per cambiare la data di nascita di Ruby. Il 7 febbraio due misteriosi italiani offrono un’ingente somma all’impiegata dell’anagrafe di Fkih, in Marocco. Lei rifiuta, e per ora Karima resta minorenne. Di chi erano gli emissari? Gli inviati del Fatto nella cittadina dove è nata la ‘nipote di Mubarak’. La testimonianza della funzionaria: ‘Ho detto di no, temevo di passare qualche guaio”.

Per L’Unità la riforma sulla giustizia annunciata dal governo è “la riforma copri-Ruby”. Il Riformista parla di “larghe intese”, e scrive che “Napolitano invita alla massima condivisione sulla giustizia”. Per Europa: “Giustizia, niente di epocale. Il Guardasigilli dice di avere Napolitano con sé. L’opposizione non si convince”.

Il Giornale: “Schedati 36 giornalisti. Il finiano Italo Bocchino querela mezzo quotidiano inventando il reato di stalking collettivo. Nella lista dei ‘criminali’ persino un lettore. L’accusa è comica: averlo citato in più articoli”. Il quotidiano parla di “attacco a Giornale”.

Giustizia

Secondo Il Corriere della Sera la bozza della grande riforma che oggi verrà presentata dal governo ha ancora alcuni punti incerti: il rapporto tra membri togati e membri laici nei due Csm e la questione della responsabilità civile. Su questo tema, in particolare, si stabilisce che i magistrati sono “direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti al pari degli altir funzionari e dipendenti dello Stato. Un bel salto, visto che oggi – in caso di ingiusta detenzione o altra indebita limitazione della libertà personale – il cittadino può rivalersi contro lo Stato e non contro il singolo magistrato”.
Il Giornale, illustrando “le riforme del governo”, spiega infatti: “I Pm che sbagliano pagheranno di tasca propria”, “i magistrati verranno equiparati ai dipendenti pubblici, e in caso di errore il cittadino potrà citarli direttamente in giudizio”. Il resoconto parla di un clima che, contrariamente alle aspettative di Alfano, durante l’incontro con il Presidente Napolitano, era tutt’altro che teso, nel senso che non c’è stato il “gelo” ipotizzato da qualcuno. “E’ andata bene”, ha detto Alfano, “Napolitano ha ascoltato, ha preso atto, ha svolto considerazioni di carattere generale che io ho recepito”. Per Il Giornale sembra che al momento non ci siano ostacoli da parte del Quirinale. Solo due consigli: cercare di ottenere la più larga condivisione possibile e provare a dialogare anche con la magistratura. Per La Repubblica: “Giustizia, Alfano vede Napolitano, ‘recepite le sue considerazioni’. Il Quirinale: larghe intese. Bersani: testo inaccettabile”. Un retroscena del quotidiano spiega che il premier cerca “‘asse con il Colle” e che avrebbe dato indicazioni al ministro Alfano in questo senso: “Angelino, sulla riforma della giustizia non voglio litigare subito con Napolitano. Portiamogli un testo ragionevole. Mi interessa andare avanti, non provocare lo scontro”. “Anche l’avvocato Niccolò Ghedini avrebbe sponsorizzato la linea della ragionevolezza rispetto a chi, al Ministero della giustizia e nel Pdl, vorrebbe trasformare la riforma nell’ultima trincea”. Il quotidiano sottolinea che Napolitano ha ascoltato “senza entrare minimamente nel merito”
Secondo la “Nota” di Massimo Franco, dopo l’incontro di ieri il ministro ha detto di aver “recepito” quanto gli è stato chiesto dal Capo dello Stato, in particolare il “consiglio a condividere la riforma con le opposizioni”. E tuttavia, “per quanto il governo abbia ricalibrato alcuni articoli, le distanze dalla sinistra e soprattutto da un potere giudiziario ostile alla riforme e deciso a reagire con durezza sono siderali”.

Esteri

Di Libia parla Antonio Ferrari in una analisi sul Corriere della Sera in cui si spiega come “i fratelli arabi aspettano la fine del rivale di sempre”. Dopo aver boicottato quasi tutti i vertici della Lega Araba, Gheddafi ora è costretto a chiedere l’aiuto dei “fratelli”. Se passerà la delicata proposta di una no-fly zone sulla Libia, sarà necessario ottenere il consenso, quando non proprio l’avallo della Lega Araba. Al momento è Gheddafi a chiedere aiuto, e per questa ragione ha mandato i suoi emissari al Cairo, sede della Lega Araba, e al Consiglio di cooperazione del Golfo. Al momento i Paesi arabi del nordAfrica e Medio Oriente hanno molti altri problemi da risolvere, con rivolte in corso e focolai di tensione vari: quindi l’idea di sostenere o appoggiare iniziative militari è quasi un azzardo, sostenuto però dal segretario generale della Lega Araba, l’egiziano Amr Moussa, che si era schierato subito a difesa dei ribelli libici. In molti Paesi arabi si sostiene, prima dell’imposizione di una no-fly zone, la necessità di una trattativa per liberarsi di Gheddafi e ottenerne l’immediato esilio. Una proposta che invece venne scartata ai tempi di Saddam Hussein, nel 2003, proprio per colpa di Gheddafi.

Su L’Unità una intervista ad uno dei pù autorevoli studiosi del colonialismo italiano, Angelo Del Boca. Gheddafi denuncia il complotto colonialista dell’Occcidente. Cosa ne pensa? Per Del Boca non c’è niente di nuovo, magari questa volta l’attacco è più diretto: “Ora dipende da cosa faranno gli Stati Uniti e la Nato. Se, come si teme, ci saràl’attacco sul territorio libico, allora una parte di ragione Gheddafi l’avrebbe anche, perché fino a prova contraria la Libia è un Paese sovrano”. E al Qaeda? “Non escludo che ci siano uomini di Al Qaeda, soprattutto in Cirenaica, dove peraltro ci sono sempre stati”, anche se Gheddafi probabilmente ne amplifica la portata.
Per Del Boca è una guerra che “potrebbe durare anche per mesi, se non intervengono altre forze, perché gli insorti non hanno armi pesanti né aviazione, e dispongono di pochissimi carri armati, mentre Gheddafi ha “armamenti pesanti e soprattutto l’aviazione”.

Europa propone ai lettori una analisi sulla “realpolitk spinta di Erdogan”: il primo ministro turco, diversamente da quanto fece con Mubarak, sta usando molta cautela sul caso libico. La Turchia resta contraria all’intervento Nato, ha confermato il ministro degli esteri. La diversità di atteggiamenti dipende anche da diversi interessi materiali. Nel 2009 il governo ha siglato un accordo con la Libia per eliminare i visti, nell’ultimo anno le esportazioni turche sono cresciute esponenzialmente, e dall’anno dalla rimozione delle sanzioni contro la Libia (2000) le aziende di Ankara hanno conosciuto un boom incredibile. Un altro problema che impedisce alla Turchia di dire sì all’intervento militare è la massiccia presenza sul suo territorio di cittadini libici. L’opposizione è molto critica con Erdogan per tali esitazioni.

La Repubblica spiega che Nato ed Unione Europea stanno preparando il blocco navale. Oggi si incontrano a Bruxelles i ministri della difesa Nato e i ministri degli esteri della Ue. E domani sarà la volta dei capi di governo europei.
Scrive La Repubblica che “l’ipotesi di una no-fly zone presenta molte incognite e molti rischi”. Una risoluzione dell’Onu che l’autorizzasse sarebbe certo benvenuta ma, se persistesse il veto di russi e cinesi, gli occidentali potrebbero passare alle maniere forti anche senza risoluzione, purché avessero l’appoggio esplicito del mondo arabo. La Nato si prepara ad intervenire, ma rischia di essere bloccata al proprio interno da un veto turco. Alla fine, dunque, potrebbe essere necessario ricorrere a una ‘coalizione militare ad hoc’, comunque basata sulla potenza militare americana e sul consenso arabo. Una delle ipotesi più facilmente percorribili è quela di un blocco navale.
Il corrispondente de La Stampa da New York scrive che la Casa Bianca sta lavorando ad un intervento internazionale in Libia guidato da una coalizione che includa anche Lega Araba e Unione Africana. Obama pare non abbia fretta perché la Lega Araba stessa si riunirà al Cairo sabato, per discutere anche di no-fly zone. L’organizzazione della Conferenza Islamica (Oci) è già d’accordo, ma tra gli arabi vi sono dissensi: i Paesi del Golfo sono a favore, Amr Moussa, segretario della Lega Araba, anche, e Gheddafi punta sul presidente Sudafricano Zuma per prevenire decisioni ostili da parte dell’Unione Africana.

Restando alla Stampa, si torna sulla situazione del dopo-Mubarak in Egitto, dando conto degli scontri copti-musulmani che ieri hanno prodotto 13 morti. E nella stessa giornata a piazza Tahrir centinaia di teppisti hanno assalito con coltelli e machete i giovani che protestavano “contro l’ambigua transizione”, come sintetizza il cronista. Il quotidiano intervista il vescovo copto ortodosso di Roma, monsignor El Soriani: “Prima soffrivamo per la dittatura di Mubarak, adesso in questo tragico caos non c’è più polizia né protezione, e siamo in balia dei fondamentalisti islamici, che approfittano della “totale anarchia” per “colpirci”. El Soriani dice che i copti non hanno più interlocutori istituzionali per invocare la sorveglianza dei luoghi di culto.

Sul Sole 24 Ore si scrive che “dai Fratelli Musulmani ai laici si fa appello all’esercito per respingere un ritorno della violenza che appare orchestrato da settori della polizia e dei servizi messi sotto accusa dall’opposizione e trascinati alla sbarra con il processo al ministro degli interni Habib El Adly”. Ma dov’erano le forze di sicurezza quando gli uomin armati con machete e catene hanno attaccato gli attivisti di piazza Tahrir? “Sembra che la nascente democrazia sia stata lasciata sola a combattere una intifada contro agenti provocatori e revanscisti”.

La Repubblica focalizza l’attenzione anche sull’Arabia Saudita ricordando che per la giornata di domani è stata indetta una giornata della collera: “Trema il gigante del petrolio minacciato dal nemico iraniano”. Il ministro degli esteri saudita ha ammonito: i cambiamenti verranno attraverso i cittadini sauditi, e non attraverso dita straniere. Noi taglieremo qualsiasi dito che oserà penetrare nel regno”. Nei giorni scorsi si è parlato di tre petizioni che avrebbero raccolto oltre 25 mila firme con cui si chiede libertà, e una monarchia costituzionale. Prontamente è arrivata una fatwa degli ulema. Secondo alcune informazioni il regime avrebbe schierato sul terreno diecimila uomini soprattutto nelle regioni di Qatif, quella più ricca di petrolio, dove si concentra la minoranza sciita.

E poi

L’editoriale di Europa oggi è firmato da David Miliband (“Perché la sinistra perde in Europa”), ed è una ampia sintesi da un discorso pronunciato dal’ex ministro degli esteri britannico ad una conferenza della London School of Economics. Miliband dice che oggi la “socialdemocrazia riformista”, dopo un “decennio di straordinari successi”, sembra essere stata messa sotto scacco dal cosiddetto conservatorismo compassionevole.
Nelle pagine R2 de La Repubblica un inserto sulla Germania: “Ha più turisti della Francia. Piace più della Gran Bretagna. A 21 anni dalla riunificazione il modello tedesco conquista il mondo”. Con l’intervento dello scrittore Peter Schneider (“Lavoro e serietà, ecco il segreto del nostro successo”).

(Fonte: La Rassegna italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)