La Casa Bianca all’Europa: fare di più

Pubblicato il 5 Giugno 2012 in da redazione grey-panthers

Il Corriere della Sera: “Obama preme sull’Europa. Per gli Usa bisogna fare di più. Previsto un nuovo vertice telefonico tra Casa Bianca e leader Ue. Barroso e Merkel: una autorità per vigilare sulle banche”.

La Repubblica: “Crisi, schiaffo Usa all’Europa. La Casa Bianca: isoleremo la nostra economia. Corte dei conti: troppe tasse. Il portavoce del Presidente: mercati scettici, serve di più’. Arriva il decreto sviluppo: benefici fiscali alle aziende che assumono”. A centro pagina si parla della proposta del ministro Severino: “Terremoto, i detenuti al lavoro per la ricostruzione”.

Il Foglio: “Prove tecniche di grande scambio nell’Ue sull’orlo dell’abisso. La road map, gli obiettivi di Draghi e le tesi di Merkel. Obama scettico sulle capacità anti-crisi dell’Europa”. Di spalla su parla della politica italiana: “Perché ora il Pd di lotta e di governo non considera tabù le elezioni a ottobre. Le parole (non isolate) di Fassina, l’anti montismo e quella spaccatura nel cerchio magico bersaniano”.

Il Sole 24 Ore: “Bce spinge il piano ‘salva euro’. Il presing sui fondi per banche e debiti aiuta i listini di Milano (+ 1,19 per cento) e Madrid (+ 2,88). Dubbi da Washington sulle mosse di Bruxelles. Via l Btp Italia, lo spread cala a 446″. In prima pagina anche il primo di una serie di “contributi di illustri europeisti” in vista del vertice europeo di fine giugno. Helmut Schmidt scrive: “Basta tatticismi di partito, Berlino sia solidale”. In prima pagina anche notizie sul testo del decreto che sarà varato dal prossimo consiglio dei ministri: “Compensazioni Iva, nel Dl sviluppo salta l’a’umento del tetto”. Si era parlato della possibilità di elevare da 500 mila a 700 mila la soglia per le compensazioni dei crediti Iva.

Il Giornale: “Monti non ci paga. Non mantenute le promesse. Salta la compensazione fiscale dei crediti con lo Stato”. Secondo il quotidiano la soglia per compensare avrebbe dovuto arrivare a un milione di euro per tutti i contrivuenti, ma – “per paura di buchi nelle entrate” – il governo ha frenato.

Libero: “Monti salva i trombati. Contrordine: gli ex deputati potranno dirigere società pubbliche. E mentre della spending review si sono perse le tracce, il ministro Patroni Griffi ribadisce: ‘Vietato licenziare gli statali”.

La Stampa apre con una intervista la ministro francese per gli affari comunitari: “Crescita, patto Parigi-Roma”. Il ministro sarà oggi a Roma con il collega agli esteri Fabius: “Per il risanamento indispensabili gli eurobond”.

Europa e Usa

Il ministro degli affari comunitari della Francia, Bernard Cazeneuve, intervistato da La Stampa in occasione del suo arrivo a Roma (oggi incontrerà Monti e Napolitano), parla dell’Ue: “Per noi gli eurobond non sono uno strumento per aggiungere debito a debito o per mutualizzare il deficit dei singoli Paesi. Sono un mezzo per assicurare il risanamento che garantirà crescita e posti di lavoro. Sia chiaro: senza solidarietà finanziaria, per l’Europa non c’è avvenire”. Secondo Cazenevue tra Francia e Germania “il disaccordo non è se introdurre le obbligazioni europee, ma quando: per la Francia, devono servire a superare la crisi, per la Germania, a certificare che è stata superata”.
Intanto, come scrive La Stampa, per la terza volta in 96 ore la Casa Bianca punta l’indice sull’eurozona per trovare un responsabile nei ritardi della crescita. Il portavoce presidenziale J. Carney ha detto ieri che “i mercati sono scettici sulla possibilità che le misure adottate dall’eurozona siano sufficienti per assicurare la ripresa dell’Europa e rimuovere il rischio di un aggravamento della crisi”. Il Sole 24 Ore, in prima pagina, ospita un intervento dell’ex cancelliere tedesco Helmut Schimdt, sotto il titolo “basta tatticismi di partito, Berlino sia solidale”. Il quotidiano spiega che è il primo di una serie di contributi di illustri europeisti in vista del decisivo vertice europeo del 28 e 29 giugno a Bruxelles. Schimdt racconta di aver dovuto rispondere alla semplice domanda: “Quando la Germania diventerà finalmente un Paese normale?”. E spiega: “Ho risposto che in un futuro prossimo la Germania non diventerà un Paese ‘normale’ a causa del nostro enorme e peculiare fardello storico e della posizione centrale e soverchiante che il nostro Paese occupa a livello demografico ed economico”. Ricorda poi la resistenza che la Thartcher, Mitterand o Andreotti opposero alla riunificazione tedesca, a causa della preoccupazione di una Germania troppo potente. Venendo ai giorni nostri, sottolinea che tutte le eccedenze tedesche “sono in realtà deficit per gli altri”, poiché “i crediti che abbiamo verso gli altri sono i loro debiti”. Questa volta non si tratta di temere un potere politico e militare, ma di una preponderanza economica della Germania. Eppure la ricostruzione sarebbe stata impensabile “senza l’aiuto delle potenze vincitrici del blocco occidentale, senza il nostro inquadramento all’interno della comunità europea e del patto atlantico”, i tedeschi devono essere riconoscenti ed hanno l’obbligo “di ricambiare con dignità la solidarietà ricevuta”.

Politica

La Repubblica definisce le parole pronunciate dal responsabile economico del Pd Fassina, ieri, come “un sasso nello stagno”, che ha generato “reazioni a catena”. “Se non si riesce a fare la legge elettorale, si anticipi la Finanziaria e si vada a votare a ottobre. In questo contesto politico e con questo Parlamento Monti non ha la forza di fare le riforme”, ha detto Fassina. Così i democratici “full Monti” lo attaccano come “irresponsabile”, mentre una vasta area che va da Sel all’Idv, passando da Rifondazione comunista e Pdci plaude. Quasi subito arriva lo stop del segretario Bersani, attraverso il portavoce, che dice semplicemente: Il Pd conferma che l’obiettivo sono le elezioni nel 2013.
Ma Fassina è pur sempre un esponente della segreteria e, tra i giovani dirigenti, interviene a dargli manforte Matteo Orfini. Quest’ultimo, intervistato da Il Foglio, dice di condividere al 100 per 100 le dichiarazioni di Fassina. Un dirigente Pd vicino a Bersani spiega al Foglio che la tentazione di andare a votare è forte, ma “il fatto vero è che oggi ci ritroviamo tutti a dover fare una scelta su un punto strategico: cosa può fare il Pd per intercettare l’anti-montismo?”. Sulla questione “il partito è diviso in due, come forse è noto”. Bersani “crede che quell’elettorato debba e possa essere intercettato da una formazione esterna apparentata al Pd, magari da una lista civica; altri invece, come i giovani bersaniani, credono che il modo migliore per non perdere di vista quella porzione di Paese, sia quello di coltivare una nuova sorta di vocazione maggioritaria e tenere tutto dentro al Pd: anche a costo di dare al partito le sembianze di una realtà di lotta e di governo”. Il tema delle liste civiche verrà affrontato in direzione venerdì prossimo, così come la questione delle primarie, anche perché ormai non è più il sindaco di Firenze Renzi o la minoranza interna al partito a chiedere di fissarne la data al più presto. Lo stesso Orfini dice al Foglio: “Il Pd non può rinunciare a fare una scelta di innovazione e affidarla a qualcuno a caso, all’esterno del partito”, considerando un errore il fatto che gli elettori non si possano esprimere per confermare o no se Bersani possa essere il candidato premier della coalizione del centrosinistra: “Io, alla fine, credo che la consultazione finirebbe con una vittoria schiacciante dell’attuale segretario”.

Sul Corriere della Sera, un dietro le quinte parla della sfida con Renzi e scrive di un Bersani pronto alle primarie di partito per evitare l’Opa.

Il Giornale dà notizia delle “mosse del centrodestra”: Silvio Berlusconi ha depositato all’ufficio marchi del ministero dello Sviluppo economico il nome “Italia pulita” . Sarebbe la “risposta del partito alla crisi della vecchia politica”.

Libero intervista Valentino Tavolazzi, chiamato dal sindaco di Parma come possibile direttore generale del Comune, tra i fondatori del Movimento 5 stelle, poi “scomunicato” da Grillo. Il problema è che per fare il direttore generale sarebbe necessario avere una laurea in giurisprudenza, e Tavolazzi è ingegnere. Tavolazzi dice che Pizzarotti ancora non ha deciso, spiega di aver parlato al telefono con Grillo, che lo criticò in passato e inibì alla sua lista (a Ferrara) l’uso del simbolo del movimento 5 stelle. Del Movimento 5 stelle dice: “Se si va dicendo che si vuol costruire la democrazia diretta, spingere i cittadini a governare se stessi, vogliendo di mezzo questi partiti corrotti e barcollanti, bisogna impostare in questo modo anche il movimento”.

Internazionale

Federico Rampini, alle pagine R2 de La Repubblica, racconta che oggi la California si avvia a sperimentare per la prima volta “le primarie non di partito”. In vista delle legislative di novembre, che si tengono lo stesso giorno delle presidenziali, la California vuole designare i candidati ai suoi seggi parlamentari senza seguire logiche di partito. Con queste primarie “apartitiche” può accadere che in un collegio si sfidino due repubblicani, due democratici, o un democratico e un indipendente. L’innovazione viene seguita con curiosità in tutto il Paese e la logica è quella di tentare di spezzare la tendenza alla polarizzazione, cioé il prevalere delle ali estreme nelle primarie di partito, che producono assemblee legislative incapaci di dialogare e raggiungere intese bipartisan. Dietro c’è anche la sfiducia verso la politica tradizionale: la California è saldamente democratica e voterà senza dubbio per Obama, tuttavia da qui, dal più grande Stato Usa, sono partiti i movimenti anti-sistema come la rivolta fiscale del 1978 che diede il via all’era Reagan.

La Repubblica parla della vicenda dell’intellettuale siriano, il poeta Adonis, diventato bersaglio di una parte dell’opposizione siriana, che lo ha condannato a morte: 150 intellettuali lo difendono dall’accusa di apostasia ed eresia. La colpa sta nel nome, Adonis, che indica il dio fenicio pagano della rinascita, dal cui sangue ogni primavera rispuntano i fiori. Adonis lo ha scelto per liberarsi di ogni affiliazione settaria, tribale e religiosa, rinunciando a quello originario, Ali, caro all’Islam. Vi èpoi il peccato di eresia proprio per la sua statura di poeta, poiché, come scrive Alex van Buren, nel delirio dei fondamentalisti radicali dell’islam wahabita, in ascesa in Siria assieme ai finanziamenti dell’Arabia Saudita e del Qatar, la poesia è decadente e immorale. Adonis, inizialmente entusiasta della primavera araba, si è fatto più critico: “E’ assurdo che l’opposizione a una dittatura rifiuti ogni critica. Non ci sarà democrazia. Io sono contro i regimi di Ben Ali e Assad e contro l’opposizione islamista”, aveva detto.

Il Foglio si occupa invece della vicenda del pianista turco di fama mondiale Fazil Sai, colpevole di aver ironizzato su twitter sul canto dei muezzin e aver postato poesie di Omar Khayyam. Un tribunale di Istanbul lo ha rinviato a giudizio per offesa ai valori religiosi. Processati negli ultimi anni altri due intellettuali: Nedim Gursel, per via del romanzo “Le figlie di Allah”, il cui solo titolo fa scandalo perché nel monoteismo islamico il concetto di figlio di Dio è blasfemo; e l’anziana archeologa Cig, portata in giudizio per aver sostenuto che l’uso del velo da parte delle donne è tradizione antecedente a Maometto.

Il Corriere della Sera recensisce il saggio che Roberto Zuccolini e Roberto Pietrolucci hanno dedicato alla figura di Shahbaz Bhatti, il ministro pakistano delle Minoranze, assassinato nel marzo dello scorso anno. Uomo di dialogo, frequentava la Comunità di Sant’Egidio, il cui fondatore -e ora ministro- Andrea Riccardi, ricorda: “Shahbaz lottava per liberare i cristiani del Pakistan dalla paura, dall’umiliazione e dalla marginalità senza mai cercare lo scontro”.
Europa torna ad occuparsi delle elezioni prsidenziali in Egitto, interpellando i creatori di due famosi blog: “Sandmonkey” e “The arabist”. Al secondo turno si fronteggeranno il candidato dei Fratelli musulmani Mohamed Morsi e l’ex primo ministro di Mubarak Ahmed Shafiq. Per Sandmonkey “all’improvviso i Fratelli musulmani si sono resi conto di aver perso sei milioni di voti” rispetto alle elezioni di novembre, e “stanno perdendo la loro capacità di influenzare persone facendo uso della religione. Hanno speso un sacco di soldi per assicurarsi il passaggio di Morsi al secondo turno. Ne dovranno spendere altrettanto per farlo vincere, per avere la Costituzione che vogliono e tutto il resto. Ma la rivoluzione ha ucciso tutte le ideologie”. In queste ore, racconta Europa, i Fratelli sono in trattativa con i candidati ‘centristi’ sconfitti al primo turno: la loro idea è quella di un’alleanza di tutte le forze “rivoluzionarie” per contrastare il potere dell’esercito e del suo candidato Shafuq. “Non ci dobbiamo fidare né dell’esercito, né dei Fratelli -dice Sandmonkey- Indipendentemente da chi vincerà al secondo turno, la nostra battaglia sarà sui diritti. Non c’è molta differenza tra una Costituzione scritta dagli islamisti o dai secolari, se i diriti saranno condizionati alle leggi del parlamento e non sarnno assoluti. Se i Fratelli musulmani vogliono la presidenza, noi vogliamo la Costituzione. Dateci un’assemblea costituzionale prima del ballottaggio”.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini