INIZIA L’EVACUAZIONE Mille immigrati rimandati in Tunisia, Napolitano chiede solidarietà nei confronti di chi resta sull’isola

Pubblicato il 30 Marzo 2011 in da redazione grey-panthers

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Mille rimpatri verso la Tunisia. Le navi inviate dal governo cominciano l’evacuazione. Bossi: fuori dalle balle. Napolitano: serve solidarietà. A Lampedusa senza cibo un terzo dei migrannti. Oggi Berlusconi nell’isola”. A centro pagina: “Gheddafi riprende terreno. Il piano degli alleati: raid aerei finché non vede”. L’editoriale, firmato da Francesco Giavazzi: “Le illusioni su Parmalat”.

La Repubblica: “Caos profughi, piano anti-sbarchi. Slitta il Consiglio dei Ministri, pressing sulla Tunisia per rimpatri di massa. Vertice a Londra su Gheddafi. ‘Esilio senza condizioni per il Colonnello’. L’affondo di Bossi: ‘Immigrati, fora di ball’. Oggi Berlusconi a Lampedusa”. A centro pagina: “Processo al premier, in aula Ruby e 136 testi. Tra i convoncati anche Clooney, la Canalis, Cristiano Ronaldo e la Carfagna. Il Cavaliere: mi perseguitano”.

Il Giornale, con caricatura di Bossi: “‘Fuori dalle balle’. La ricetta di Bossi per i clandestini. L’emergenza dimostra che il buonismo è un errore. Il Senatur vara la ‘tolleranza sottozero’. Ma Berlusconi ha un piano: oggi un blitz a Lampedusa”. A centro pagina: “Venti milioni per un processo a Silvio. Le spese delle Procure alle spalle dei contribuenti”:

Libero: “La grana degli immigrati colpa di Prodi e Napolitano”. “I francesi rispediscono in Italia migliaia di tunisini grazie a un accordo firmato dalla sinistra. Sull’isola siciliana è il caos. Bossi: ‘Foeura di ball'”. A centro pagina, con foto di Ruby: “Duecento testimoni per confessare Ruby. Citati anche Clooney e Ronaldo”.

Il Fatto quotidiano: “Profughi senza cibo. Bossi: fuori dalle balle. Il ministro leghista cerca di coprire l’inettitudine del governo con una frase vergognosa. E Lampedusa scoppia”. A centro pagina: “Il braccio destro di Romano in affari con un mafioso. Il neoministro inquisito per mafia si sceglie un degno collaboratore”. “Giovanni Randazzo, capo della segreteria tecnica del dicastero all’Agricoltura, è stato indagato a lungo per corruzione. Di lui ha parlato il pentito Campanella, raccontando dei rapporti tra cosche e politica”.

La Stampa: “L’Onu: Gheddafi in esilio. Gli alleati pronti ad armare i ribelli. Frattini: manca l’Unione africana. Le truppe del colonnello bloccano gli insorti a Sirte. Francia e Inghilterra: raid fino a che non se ne andrà. Il rais: siete come Hitler”. A centro pagina: “Caos Lampedusa, 2000 senza cibo. Napolitano: ‘situazione inaccettabile’. Bossi: ‘Fora da i ball’. Oggi visita di Berlusconi”:

Il Foglio. “La sindrome libica. A Londra, gli alleati stringono i rapporti con i ribelli. Turchia e Francia scippano il ruolo all’Italia. Il piano Maroni per Lampedusa è pronto per il Cdm di domani, ma al Cav serviva un po’ prima”. Di spalla: “Il governo cambia strategia e cerca il blitz sulla giustizia. La maggioranza prova a far votare la Camera su Ruby e processo breve entro domani. E la comunitaria?”.

Il Sole 24 Ore: “Il martedì nero delle banche. Titoli giù in Borsa dopo l’annuncio di Ubi Banca su un aumento di capitale da un miliardo. Attesa per Bpm e Monte dei Paschi”. “S&P declassa Grecia e Portogallo. Lisbona deve ricorrere al fondo salva-stati”. A centro pagina l’emergenza immigrati: “A Lampedusa 6200 presenze, governo diviso”.

Libia

Su La Stampa la corrispondenza dal vertice di Londra sulla Libia racconta che la coalizione continuerà “a sparare finché Gheddafi non se ne sarà andato. In esilio. O meglio ancora davanti alla Corte dell’Aja. Processato come Milosevic. Su questo l’accordo dei trentacinque ministri degli esteri del cosiddetto Gruppo di Contatto guidato da Inghilterra e Francia è unanime. ‘Il tempo del rais è finito, il suo popolo lo ha delegittimato, la Libia merita altro”, ha detto ieri la Clinton, che ha aggiunto che un inviato Onu andrà a Tripoli presto per “chiedere a Gheddafi un vero cessate il fuoco e discutere con lui la sua uscita di scena”.
Il Foglio spiega che i capi delle trenta diplomazie convocate a Londra non hanno idee simili sul futuro. “Nessuno pensa che il colonnello possa restare al potere, ma gli alleati hanno soluzioni diverse per raggiungere l’obiettivo”. Il capo della Farnesina Frattini ha sostenuto l’ipotesi dell’esilio, una strada che impegna il governo già da alcune settimane. Secondo fonti diplomatiche il ministro degli esteri di Tripoli, Musa Kusa, sarebbe volato ieri in Tunisia per vedere alcuni funzionari italiani e discutere la possibile ‘via d’uscita’ per Gheddafi”. Il quotidiano aggiunge che ieri l’ambasciatrice Usa all’Onu non ha escluso che il suo Paese possa armare i ribelli
Il Corriere della Sera spiega in un “retroscena” i “movimenti discreti per ‘aiutare’ il Rais a lasciare la Libia”, e si chiede come possa il Colonnello decidere di lasciare il Paese “se la risoluzione 1970 dell’Onu, la prima delle due precedenti sulla Libia, lo indirizza di fatto alla Corte Penale internazionale per i crimini commessi ordinando di bombardare il suo popolo”, e racconta di una notizia data da Al Jazeera, che ha raccontato che ieri si trovava in Tunisia il ministro degli esteri libico Musa Kusa. “La Farnesina ha smentito subito le voci secondo le quali Kusa si preparava a fuggire in Italia. Ma che cosa spingeva oltre frontiera un ministro che deve avere una certa fatica a girare adesso per il mondo. Defezione individuale? Consegna di messaggi? Ricerca di un salvacondotto per il leader?. ‘Queste cose per avere successo devono essere fatte con discrezione’, diceva a Londra sull’esilio il ministro degli esteri Franco Frattini, uno dei più attivi a dichiararsi favorevole a una partenza del Colonnello, appena le domande dei giornalisti entravano nei dettagli”, conclude il quotidiano.
Al vertice di Londra – scrive il Corriere –  erano presenti anche tre rappresentanti del Consiglio nazionale provvisorio libico: spiegano che la loro Libia sarà “moderna, pluralista, tollerante”. E che Sarkozy a Bengasi ormai è un eroe. Ma puntualizzano: “Ci siamo visti anche con il ministro tedesco, abbiamo capito la loro posizione e riteniamo che Berlino potrà avere un ruolo fondamentale nella ricostruzione”. Ma non vogliono che siano le potenze occidentali o i vicini arabi a decidere del loro futuro: “La liberazione è compito nostro”. Con Gheddafi non ci può essere “alcun tipo di mediazione”, e giusto che venga processato, “da noi o in subordine dalla Corte Internazionale”. Cosa serve? Armi? “Non ne abbiamo parlato, ma se serviranno, bene, saranno benvenute”. Libertà religiosa? “Siamo musulmani al 100 per 100, comunque la Costituzione cancellata da Gheddafi sanciva la libertà di fede e lo spirito sarà quello”. Con il governo di Roma, dicono, “c’è un grosso problema: ‘il vostro premier ha avuto rapporti personali troppo stretti con Gheddafi e la sua famiglia, indubbiamente questo è un ostacolo al ruolo che l’Italia potrà svolgere”. Bernardo Valli, su La Repubblica, da Bengasi, sintetizza così la situazione: “Deboli al fronte, forti nel mondo, i ribelli accolgono i primi ambasciatori”. Sullo stesso quotidiano, un’analisi del generale Fabio Mini, sottolinea invece che “il pattugliamento umanitario” in Libia “è una favola”: “ora le azioni militari si avvicinano sempre più al terreno”. E spiegando la strategia dell’operazione, “Attacchi a terra e forze speciali, la vera guerra degli alleati per liberare la Libia da Gheddafi”, “Non solo no-fly zone: così combatte l’Occidente”.
Per Il Giornale l’Occidente è diviso sulla ipotesi di un esilio per Gheddafi: “Alla conferenza di Londra in primo piano la proposta italiana, ma non tutti i ‘volenterosi’ sono d’accordo. Irritato con Francia e Ue, Berlusconi ipotizza il ritiro: se non ci aiutano con gli immigrati, niente più basi”. Sullo stesso quotidiano compare anche un commento firmato da Alain de Benoist: “perché Sarkò sta giocando (male) la sua crociata libica”. In sintesi: Sarkozy “sta facendo la sua piccola crociata” per risalire nei sondaggi e per far dimenticare il suo comportamento “quantomeno equivoco” sulle rivolte in Tunisia e in egitto. Ma è poco probabile che i francesi siano favorevoli al nuovo conflitto e comunque non posssono certo dimenticare come il presidente accogliesse con tutti gli onori Gheddafi solo nel 2007. Per spiegare il comportamento di Sarkozy “il gremlin dell’Eliseo”, non si può escludere una terza ipotesi: che sia diventato completamente pazzo.
Su Il Sole 24 Ore: “Roma preme: Gheddafi in esilio”, “Francia pronta ad armare gli insorti. Clinton: la risoluzione Onu lo consente”.
Secondo La Stampa, Frattini, a microfoni spenti, avrebbe considerato che il vertice è stato “un fallimento”. Al nostro ministro degli Esteri è sembrato particolarmente preoccupante il forfait dell’Unione Africana, per di più accompagnata all’esistenza di quello che considera “un direttorio ristretto”.

Siria

A Damasco, intanto, dopo giorni di proteste, il governo si è dimesso. E’ atteso per oggi il discorso del presidente Bashar Al Assad in Parlamento, come scrive La Stampa. Ma l’opposizione continua a non fidarsi, anche perché decine di persone sono state arrestate. Il quotidiano ha una inviata, Francesca Paci, che si trova ad Homs, città industriale a 200 chilometri da Damasco, “devota al riformismo, se non altro economico, del Presidente”. Qui hanno sfilato i fedelissimi di Assad, anche perché la gente teme di perdere ciò che ha avuto con le aperture economiche del giovane leader. Lo sviluppo economico di questa città è il fiore all’occhiello di Assad: due milioni di abitanti, ha beneficiato parecchio dell’apertura ai privati concessa fin dal 2000. I dissidenti ci sono, ma si nascondono, perché convinti che gli agenti siano mescolati alla gente. 

Primavera araba

Sulla primavera araba da segnalare su Il Corriere della Sera due analisi. La prima di Robert D. Kaplan, che sottolinea quanto lo scompaginamento del Medio Oriente sia appena all’inizio: nello Yemen, in Giordania, in Bahrein e in Arabia Saudita le rivolte democratiche potrebbero rivelarsi nefaste per gli Usa. Si può criticare la monarchia saudita fino a che si vuole, ma chi e cosa potrà sostituirla? Recare aiuto agli sciiti in Bahrein o agli oppositori del regime nello Yemen rischia di alienare alleati chiave. E così l’America non muove un dito per fermare quelle stragi. Se non si può correre in aiuto in ogni angolo del pianeta, ciò non significa non farlo in qualche punto specifico. Kaplan loda la prudenza di Obama sulla Libia, ma la sua conclusione è che “l’ordine è preferibile al disordine. Ricordiamo cosa è accaduto in Iraq quando è caduto Saddam Hussein”. La seconda è quella di André Glucksmann: “L’intervento internazionale in Libia – scrive – è cruciale, una parte del nostro futuro si rischia qui e adesso. Se è vero che qualsiasi guerra è spietata, “è per evitare il peggio che si autorizza il meno peggio”. E la posta in gioco della risoluzione 1973 dell’Onu è fondamentale perché “delimitata molto precisamente”: l’intervento armato “mira soltanto a proteggere, non a invadere un Paese, a instaurare una democrazia o a costruire una nazione”.
Europa intervista Shashank Joshi, del Royal United Service Institute di Londra. E’ convinto che l’unica via al dopo Gheddafi passi per un accordo con l’elite oggi al potere a Tripoli. Sull’ipotesi di esilio, dice che il problema è che solo un ridotto numero di Paesi sarebbe adatto ad accoglierlo: l’Arabia Saudita, per esempio, non ha intenzione di offrirgli riparo perché Gheddafi era coinvolto in un tentativo di assassinare il re saudita Abdullah. Il problema è che non basta un Paese che lo ospiti, serve anche che esso non abbia ratificato il trattato che istituisce la Corte Penale Internazionale. Anche se il ministro degli esteri spagnolo, favorevole all’esilio, ha ricordato che la Corte non ha ancora completato le indagini contro Gheddafi, che sarebbe quindi libero di espatriare. 

Delle rivolte arabe parla anche la leader dell’opposizione birmana Aung San Su Kyi, intervistata da Raimondo Bultrini per La Repubblica, nella storica sede del suo partito. San Su Kyi denuncia la situazione nel suo Paese, dove teoricamente esiste un Parlamento, ma – come sottolinea – “la parodia della democrazia è peggio della dittatura, perché la gente ha la scusa per non fare niente. Pensano: c’è il Parlamento, c’è la democrazia”.
Sullo stesso quotidiano, alle pagine R2 della cultura, compare invece una intervista allo storico americano Francis Fukuyama, secondo cui la primavera araba è una conferma delle tesi relative alla fine della storia: “Quello che sta succendendo oggi dimostra ciò che sostenevo dopo l’89: tutti aspirano ad una democrazia liberale”. Abbiamo ora la prova che i valori della liberal-democrazia non sono esclusivi, non appartengono a un solo tipo di cultura. Quel che vogliono nei Paesi arabi non è molto diverso dalla democrazia intesa in senso occidentale.

Lampedusa

Sull’immigrazione e Lampedusa, Stefano Folli sul Sole 24 Ore scrive che “il nodo è che la Lega esprime due indirizzi. Uno moderato, di governo, con Maroni che chiede aiuto alle regioni (senza grande successo); e un altro elettoralistico con Bossi che in dialetto milanese auspica una prova di forza contro i migranti. Sullo sfondo qualcuno minaccia ritorsioni contro la Tunisia, non si sa quanto verosimili. A questo punto Berlusconi ha il dovere di recuperare una ‘leadership’ convincente. Oggi a Lampedusa dovrà farsi capire e sanare varie contraddizioni”. Scrive Libero che Berlusconi arriverà oggi alle 13 a Lampedusa, incontrerà il commissario straordinario, il sindaco, gli albergatori, gli operatori umanitari, le mamme lampedusane, e parteciperà alla seduta straordinaria del consiglio comunale. Nelle pagine successive lo stesso quotidiano spiega che la Francia “ci manda i clandestini” che, in arrivo dalla Tunisia, sono diretti oltralpe. E che lo fa “grazie a un accordo di reciprocità firmato nel 1997: governava il Professore (Prodi, ndr) e al Viminale c’era l’attuale presidente”. 
Secondo “la nota” politica del Corriere della Sera è proprio questa la preoccupazione della Lega, che per questo vorrebbe “impedire che pattuglie di tunisini fuggano e vadano al confine con la Francia: anche perché resterebbero bloccati in Italia”. Il governo sarebbe per questo tentato dalla “prova di forza”: “La polizia che carica su sei navi i tunisini sbarcati nelle ultime settimane e si prepara a riportarli nel Maghreb. Sarebbe quel ‘rimpatrio forzato’ del quale parlava ieri La Padania, il giornale di Bossi. In questo caso, il premier e il suo ministro (Maroni) offrirebbero due facce complementari della guerra ad una emergenza inaspettata, e tale da far paura a una Lega che su questi temi ha costruito una parte cospicua delle sue fortune elettorali”.

Giustizia

Secondo Il Sole 24 Ore ieri, in una riunione di tecnici Pdl, presente il ministro della giustizia Alfano, si è convenuto di prender tempo per trovare una formulazione diversa alla norma legata al cosiddetto emendamento Pini per allargare la responsabilità civile dei magistrati ai casi di “manifesta violazione del diritto”. Il Csm si accinge a bocciare quella norma. L’impasse sulla norma Pini restituisce invece la scena al “processo breve”, con annessa “prescrizione breve”. Ieri ai deputati della maggioranza è arrivato un sms con la raccomandazione ad essere presenti in Aula perché si comincerà a votare il testo. Il relatore Paniz non escluderebbe qualche modifica, in parte recependo proposte dell’opposizione, come quella sulla “tenuità del fatto” che consentirebbe al giudice di archiviare il procedimento. O quella secondo cui la segnalazione dello sforamento dei termini del processo andrebbe fatta al Csm anziché al Pg della Cassazione. In teoria il processo breve potrebbe essere licenziato già in settimana, al massimo la prossima. Giovedì arriverà infatti in Aula il conflitto di attribuzione tra poteri contro i magistrati di Milano nel processo Ruby.
Ieri la Giunta per il regolamento (senza votare) ha ecluso che la parola spetti all’Aula. Ma oggi si pronuncerà l’Ufficio di presidenza della Camera, e per Il Sole 24 Ore è pressoché scontato che Fini manderà in Aula il conflitto. Sulla stessa pagina utile confronto tra i principali ordinamenti europei sulla questione della responsabilità civile dei magistrati: nei Paesi Ue prevale la responsabilità indiretta, ovvero il cittadino non può rivalersi direttamente sul magistrato che ha sbagliato. E’ invece possibile in Spagna, purché sia prima stato accertato il dolo o la colpa grave. Che naturalmente deve essere accertato passando per il “filtro” di un Tribunale che verifica se tali presupposti esistano. Nei Paesi di common law c’è invece immunità totale, per tutelare l’indipendenza della magistratura. In Francia la responsabilità civile dello Stato scatta per “funzionamento difettoso del servizio giudiziario”, dovuto a “mancanza grave”, “diniego di giustizia” o “mancanza personale” dei magistrati (faute personnelle).
Anche su La Stampa: “Il Pdl pensa di fare retromarcia sulla responsabilità civile”. Sarebbe una “fuga in avanti” che rischia di innescare processi e reazioni poco desiderate.

(Fonte: Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)