Il lavoro della sinistra

Pubblicato il 12 Settembre 2012 in da redazione grey-panthers

La Repubblica: “Monti-Cgil, scontro sulla crescita”, “Rottura tra Bersani e Vendola per il referendum sull’articolo 18″.

Il Corriere della Sera: “Così il nuovo redditometro. Monti alle parti sociali: più produttività. Doppio dispositivo per valutare il tenore di vita delle famiglie. Dalel palestre alle auto: cento voci”.

L’Unità: “Crescita, la Cgil sfida Monti”.

Il Sole 24 Ore: “Un credito di imposta per le infrastrutture”, “sconti fiscali alle start up, pronti i certificati verdi”. Di spalla: “Monti ai sindacati: un mese per l’intesa sulla produttività”.

Anche La Stampa evidenzia questo passaggio delle parole di Monti: “Sindacati, un mese per l’intesa”, “Monti: competitività più importante dello spread. La Cgil: non dipende solo da noi”. A centro pagina, con foto: “Egitto, assalto all’Ambasciata americana”.

Il Giornale: “Monti si costituisce. Il Prof confessa di aver affossato l’Italia. ‘Il mio governo ha aggravato crisi e recessione’. Intanto la tensione sociale cresce…”

Libero: “Reo confesso. Monti ammette che l’azione del suo governo ha aggravato la recessione dell’Italia, ma spera che in futuro le cose andranno meglio. Impedirgli di fare il bis è una questione vitale”.

Il Fatto quotidiano dà rilievo alle parole di Claudio Martelli e Vincenzo Scotti ieri in Commissione Antimafia: “‘Trattativa, tutto vero’. Infatti processano i Pm. Martelli e Scotti in Antimafia confermano il patto Stato-boss, accusano Scalfaro e smentiscono Amato. Ma nel mirino restano i magistrati di Palermo, attaccati da Anm, Pdl e Violante (Pd)”. A centro pagina il quotidiano si occupa del referendum sulla riforma del lavoro:
“Articolo 18, il referendum spiazza Idv-Sel-Fiom spiazza il Pd”.

Lavoro: Monti e parti sociali

Ieri Monti, aprendo il salone del tessile a Milano, ha detto – a chi accusa il governo di averr contribuito alla recessione -che “solo uno stolto puo’ pensare di incidere su elementi strutturali che pesano da decenni senza provocare almeno nel breve periodo un rallentamento dovuto al calo della domanda”; “il governo ha contribuito ad aggravare la congiuntura economica, già difficile, con i suoi provvedimenti che però serviranno a un risanamento e a una crescita duratura”, “recuperare competitività è una sfida necessaria, forse ancora più importante dello spread”; sul costo del lavoro e sulla produttività, l’”Italia è tra i Paesi che hanno peggiorato la posizione a livello internazionale: mentre la Grecia, la Spagna, l’Irlanda e il Portogallo hanno aumentato la produttività ed è diminuito il costo unitario del lavoro, il nostro Paese ha peggiorato”. Per questo, come spiega Il Sole 24 Ore, secondo Monti il tavolo di consultazione si occuperà “non di moderazione salariale ma di come modernizzare le relazioni sindacali” (parole di Monti). Per il quotidiano di Confindustria significa dare più spazio alla contrattazione decentrata e a salari non uguali per tutti e dappertutto, ma legati alla produttività di ciascuna realtà occupazionale. E il governo, da parte sua, si impegna sul fronte della riduzione del cuneo fiscale. A gestire la partita con le parti sociali per conto dell’Esecutivo sarà il ministro dello Sviluppo Passera. Ma, ancora secondo il quotidiano di Confindustria, sul capitolo produttività il ruolo da protagonisti spetterà proprio alle parti sociali, da cui il governo “si aspetta parole ambiziose e complessive”: il ministro le ha invitate ad attuare l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 che rafforza il ruol della contrattazione aziendale. La reazione della segretaria Cgil Camusso, secondo le parole riferite da L’Unità, in riferimento all’incontro con il presidente del Consiglio: “Ha fatto un ragionamento generico, che sentiamo da un mucchio di tempo. Non ha dato cifre, non ha detto che ripristina la tassazione del premio di produttività, non c’è assolutamente nessun impegno. Anzi, continua a immaginarsi una incentivazione semplicemente al maggior lavoro, in una stagione di cassa integrazione, licenziamenti, riduzione della produzione”.
Il segretario Cisl Bonanni evidenzia invece il fatto che il governo Monti, dopo mesi, ha convocato le parti sociali: “Ha un valore molto importante. Oggi sono stati sconfitti tutti i gufi che sono contro la concertazione”. Come spiega il Corriere della Sera, la Camusso rovescia l’impostazione del premier  e della Cisl, lasciando capire che delegare ad industriali e confederazioni l’azione è sbagliato. Segno che la Cgil ha deciso di andare allo scontro con Monti, accettato inizialmente perché contrastava Berlusconi, e si prepara a sostenere una coalizione di centrosinistra.

Secondo il Corriere della Sera il governo offre un “grande scambio” a imprese e parti sociali: più salario in cambio di maggiore flesisbilità, e detassazione dei premi di produttività. Le risorse sarebbero a disposizione, seppur limitate, come ha precisato il ministro Passera.

Lavoro: il referendum sull’articolo 18

Ieri intanto i leader di Sel Vendola e di Idv Di Pietro hanno presentato in Cassazione due quesiti referendari: puntano a smontare la riforma Fornero dell’articolo 18 e l’articolo 8 del decreto varato dal governo Berlusconi nel 2011 che, come spiega L’Unità, introduce pesanti deroghe ai contratti nazionali di lavoro tramite accordi aziendali. Dice il leader Idv: “Se andremo al governo noi cambieremo la riforma Fornero, Casini dice che la appoggerà, il Pd deve decidere cosa fare”. La Fiom non fa parte del comitato promotore ma ha messo a disposizione la sua organizzazione per la raccolta firme. All’interno della Cgil si segnala l’adesione solo della componente “Lavoro e società” guidata da Nicola Nicolosi. Neppure il Pd, salvo un paio di eccezioni individuali, aderisce il comitato promotore, avendo peraltro votato la riforma Fornero in Parlamento, dopo aver ottenuto dei miglioramenti in Parlamento. Sostengono il referendum Sergio Cofferati e Vincenzo Vita, mentre Rosy Bindi li definisce “un errore grave”, e il responsabile economia del partito Stefano Fassina parla della iniziativa come una “deriva populista”, perché questa riforma “è frutto di una sintesi cui abbiamo contribuito anche noi in maniera determinante”. Si ricorderà che oggetto del referendum è la riforma dell’articolo 18, a partire dal risarcimento economico introdotto al posto della riassunzione per chi viene licenziato senza giusta causa.

Titola La Repubblica: “Referendum, scontro tra Pd e Vendola: ‘così si mette a rischio l’allenza’”. E nella pagina a fianco: “Ira del leader per la foto del Palazzaccio. ‘Se vinciamo, Nichi dovrà cambiare’”. Il quotidiano ricorda che il primo agosto Vendola aveva siglato con Bersani il patto per governare sulla base di una “carta degli intenti” che non prevede l’abrogazione della riforma Fornero. Ha spiegato ieri Bersani: “La nostra non è una posizione antitetica con chi propone il referendum. Sull’articolo 18 abbiamo difeso la posizione di chi non voleva monetizzare la perdita del posto di lavoro. Il problema è piuttosto creare lavoro”. Lo stesso Vendola viene intervistato dal quotidiano: “Mi scusi, ma se un governo di centrosinistra non si pone come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita, il tema drammatico della precarietà dei giovani, la modifica dell’attuale modello previdenziale, che modello del cambiamento è?”. All’intervistatore che gli chiede che senso abbia fare un referendum che – comunque vada – arriverebbe dopo le elezioni, quando ci sarà un nuovo parlamento che deve legiferare, Vendola risponde: “Ovviamente io spero che il nostro referendum sia superato dalle modifiche che saranno introdotte dalla maggioranza di centrosinistra”.

Sulla prima pagina de L’Unità un intervento dell’ex segretario Cgil Guglielmo Epifani, sotto il titolo: “I referendum non ci aiutano”. Epifani evidenzia che crescita, lavoro ed occupazione “devono costituire il centro della stagione che si apre e che ci porterà ai programmi elettorali e poi alle elezioni”. Per questo “mentre si prepara la fase che porta alle elezioni e al possibile e auspicabile cambio del quadro politico”, e in vista del voto sui quesiti un anno dopo, è controproducente introdurre divisioni; Epifani evidenzia che il luogo per cambiare alcune parti della legge sul lavoro è il Parlamento; e ricorda, infine, che la storia dei referendum sul lavoro dovrebbe suggerire prudenza e attenzione, poiché “nel passato abbiamo avuto referendum che si pensava di vincere, e che sono stati persi, perdipiù con il voto operaio”.

Lavoro: Fornero spiega la sua riforma

Su La Repubblica il ministro del Lavoro Elsa Fornero difende “le ragioni di una riforma”. Risponde alle critiche espresse da Alessandro De Nicola sullo stesso quotidiano, qualche giorno fa. Ricorda come taluni contestino della riforma “l’eccesso di rigidità”, mentre altri la criticano perché eccederebbe in “flessibilizzazione”. Commenta il ministro: “La controversia è emblematica di ciò che il governo ha tentato di fare: un buon equilibrio, nella consapevelezza che la flessibilità è un valore per le imprese, se e quando aumenta la produttività, ma diventa un problema rilevante quando diventa precariato per vasti settori della popolazione, come i giovani e le donne”. A De Nicola la Fornero contesta di voler propugnare un mercato del lavoro “esente da regole inderogabili” e sottolinea che in Italia “si verifica un fenomeno peculiare: quello per cui la disciplina generale è inderogabile solo per una parte del lavoro dipendente, essendo data la possibilità alla impresa di eluderla facilmente. I lavoratori in posizione di sostanziale dipendenza in Italia si dividono quindi tra quelli protetti e quelli no”, “occorreva quindi disegnare una protezione inderogabile del lavoro, congrua rispetto alle distorsioni del mercato, che realizzasse un temperamento delle rigidità del nostro diritto del lavoro” per rendere più competitiva la nostra economia, e allo stesso tempo “estendere tale protezione, in particolare ai lavoratori che maggiormente subiscono le conseguenze negative delle distorsioni, superando un inaccettabile dualismo”.

Europa

E’ previsto per oggi il verdetto della Corte Costituzionale tedesca sulla compatibilità del fondo Salva Stati Esm con la legge fondamentale dello Stato.  E il Corriere della Sera sottolinea che c’è anche grande attesa dei mercati, per questa decisione. Le ragioni delle fibrillazioni possibili sono date anche dalla coincidenza, nella giornata di oggi, della Presentazione a Bruxelles, da parte della Commissione europea, delle proposte per la creazione di una Unione Bancaria, che prevede anche l’istituzione anche della Vigilanza paneuropea sulle banche da affidare alla Bce. Su La Repubblica: “Tre scenari per il verdetto tedesco. Verso un sì condizionato” al Fondo Salva Stati. Le otto toghe rosse della Consulta tedesca dovranno prendere oggi una decisione fondamentale per il futuro del continente: 37 mila tedeschi hanno depositato al più alto grado della giustizia teutonica una domanda secca, ovvero: “Il fondo Salva Stati Esm e il Fiscal Compact sono compatibili con la nostra Costituzione?”. Secondo i sondaggi, il 54 per cento dei cittadini tedeschi pensa di no. Le decisione dei giudici consterà di un primo parere provvisorio, in attesa di una decisione definitiva che arriverà dopo l’esame di tutti gli atti, tra qualche mese. Ma il via libera intanto potrebbe consentire al Presidente di firmare la legge sul Fondo Salva Stati. Finora, ricorda La Repubblica, le “toghe rosse” hanno approvato tutti i provvedimenti sull’Europa passati sotto la loro lente. Ma in diverse occasioni hanno ribadito che la crisi dei debiti sovrani ha tirato troppo la corda della “sovranità nazionale” nei confronti della Ue. La Corte potrebbe imporre tetti alle risorse e voto politico obbligato al Bundestag sulle decisioni più importanti del fondo Salva Stati. Il fronte filo Euro teme soprattutto l’ipotesi che il responso della Corte ponga l’obbligo di convocazione di un referendum sul fondo salva Stati e il fiscal compact.
Una intera pagina del Sole 24 Ore è dedicata alla Corte tedesca e a questo “giorno del giudizio”. Si racconta anche che l’istituzione è stata creata nel 1951 e collocata a Karlsruhe, cittadina sul Reno, anche perché fosse lontana dagli organi federali, e soprattutto dal governo, che allora si trovava a Bonn: i tedeschi l’hanno sempre vista come il baluardo contro possibili aberrazioni della maggioranza, come quelle che avevano portato al nazismo. I membri della Corte sono di nomina parlamentare e non è difficile risalire alle loro simpatie politiche, attraverso le indicazioni di nomina. Il 75 per cento dei tedeschi, secondo un sondaggio del mese scorso, ha grande fiducia nella Corte. Ma secondo i critici, i giudici non hanno una particolare competenza in materie che riguardano l’Europa: Nel 2009 la Corte ha approvatoil trattato di Lisbona, ma ha chiesto al Parlamento di rafforzare i suoi controlli su ogni decisione europea che comportasse una cessione di sovranità. Nel 2011 ha dato il via libera al salvataggio della Grecia e alla nascita del Fondo Salva Stati precursore dell’Esm (Efsf) prescrivendo però che ogni passaggio venisse sottoposto a voto parlamentare; quest’anno ha bocciato la creazione da parte del Bundestag di una Commissione attraverso la quale far passare le decisioni sui salvataggi, nell’intento di aggirare un voto plenario e aggirare i tempi.
Il quotidiano ricorda che il Presidente della Corte Andreas VossKuhle di recente ha dichiarato che ulteriori cessioni di sovranità da parte della Germania andrebbero oltre i limiti della Costituzione, e che quindi sarebbe opportuno sottoporli a un referendum popolare. Una posizione non dissimile da quella del ministro delle finanze Schauble: ma Il Sole ricorda che il referendum è uno strumento non previsto dalla Costituzione tedesca, se non per il caso delle variazioni dei confini dei Laender.

Internazionale

Si vota oggi in Olanda e, secondo Il Sole 24 Ore, si va alle elezioni “con la paura dell’austerity”: l’esplosione della bolla immobiliare “mette a rischio una delle quattro triple A dell’Eurozona”. I prezzi delle case sono scesi del 15% in quattro anni e potrebbero toccare il -30% nel 2013. Conservatori e laburisti sarebbero testa a testa, ma pesa l’incognita del quasi 30% di indecisi. L’ipotesi più probabile per il dopo urne è un governo di coalizione europeista. Ovvero una ‘purple coalition’ composta da laburisti (PvdA), liberali di centrosinistra filoeuropei (D66) e liberal-conservatori (VVD). Se ne occupa anche La Repubblica, che ha seguito il duello tra il leader laburista Samson (41 anni, fisico nucleare, con un passato di militanza in Greenpeace) e il liberal-conservatore Mark Rutte (già manager Unilever, che ha governato il Paese negli ultimi due anni, ispirandosi alla efficienza di una azienda). 12 milioni di elettori sono chiamati a votare per uno dei 21 partiti in lizza, con un sistema proporzionale puro. Entrambi i leader sono filoeuropei, entrambi appoggiano il Fiscal compact e sono d’accordo sulla riduzione del deficit sotto il 3 per cento del Pil nel 2013. E’ stato il leader del partito di estrema destra Pvv Wilders a provocare le elezioni anticipate, rifiutandosi di votare il piano di austerity presentato da Rutte. Wilders ha abbandonato la sua crociata contro l’Islam e l’immigrazione per concentrarsi sulla Ue. Propone il ritorno al fiorino olandese oppure la creazione di un Euro del Nord (soprannominato Neuro). Chiede di abolire i fondi Ue per Grecia, Spagna e tutti i Paesi del sud, da lui chiamati garlic countries. Pare che sia comunque in calo nei sondaggi rispetto al 2010, perché gli elettori non gli perdonerebbero di aver fatto cadere il governo. Rutte è uno dei più fedeli alleati della Cancelliera Merkel, mentre il laburista Samson guarda a Parigi e all’ambizione del presidente Hollande di conciliare l’austerity con la tutela del welfare.
Su La Stampa ci si occupa del Presidente socialista francese Hollande e di come intenda tenere fede all’impegno preso durante la campagna elettorale: sì all’adozione anche per i gay. La ministro francese della giustizia Christiane Taubira, in una intervista al quotidiano cattolico La Croix ha anticipato che la legge di modifica del codice civile sarà presentata al Consiglio dei ministri entro ottobre e votata dalle Camere nella prima metà del 2013. La Guardasigilli ha spiegato che le coppie gay avranno stessi doveri e diritti delle coppie etero, compresa l’adozione. Non è invece  previsto di allargare alle coppie lesbiche l’accesso alla procreazione assistita. Taubira ha annunciato l’innovazione invocando il totem della Repubblica: l’uguaglianza. Il pacs e il semplice concubinaggio, secondo la Taubira, infatti, non sono sufficienti a garantire una “esigenza di uguaglianza”. Il nuovo articolo del codice reciterà: “Il matrimonio può essere contratto da due persone di sesso differente o dello stesso sesso”.

L’Unità intervista lo storico inglese Donald Sasson, allievo di Erico Hobsbawn, per parlare di populismi europei. Dice che “la forza dei populismi” cresce quanto più si “annacquano” le differenze, di idee, di visioni, di progetti, tra progressisti e conservatori. I populismi si avvantaggiano del “pensiero unico” per cui le uniche differenze percepibili tra la destra tradizionale e la sinistra tradizionale, sembrano ridursi alla gradazione delle politiche di austerità: più dure per la destra, più ‘soft’ per la sinistra. I partiti populisti, secondo Sasson, hanno alcuni elementi unificanti: la xenofobia; la polemica sulla questione fiscale perché sono contro qualsiasi imposizione, convergendo su questo sulle posizioni della destra; un terzo elemento, che invece li sposta a sinistra, ovvero la difesa del welfare state, con una differenza, ovvero il fatto che i partiti populisti lo fanno in nome dei “veri cittadini”, ovvero dei francesi, degli inglesi, dei greci autentici; il quarto tratto unificante è l’opposizione radicale alla integrazione europea.

Secondo quanto racconta La Stampa, circa 2000 manifestanti salafiti hanno circondato ieri al Cairo l’ambasciata americana, bruciando la bandiera statunitense. Lo slogan: “Se la vostra libertà di espressione non ha limiti, dovrete accettare la nostra libertà di azione”. Si riferirebbe a un film sulla vita di Maometto in lavorazione negli Usa, finanziato in parte da cristiani copti espatriati. Tutte cose da verificare, come le notizie secondo le quali nella pellicola ci sarebbero quelli che i salafiti considerano insulti al profeta. La tv di Stato ha trasmesso una dichiarazione della Chiesa ortodossa egiziana, che condanna il finanziamento, e la stessa ambasciata americana ha affermato di voler condannare fermamente le azioni di coloro che abusano del diritto universale di espressione per ferire i sentimenti religiosi di altri credenti.
Spiega il Corriere che tutto sarebbe nato dopo la diffusione su Youtube di un film diffuso da un gruppo di copti egiziani residenti negli Usa in cui si vedrebbe una presa in giro di Maometto., mostrato mentre faceva sesso, accompagnato da una denuncia dei massacri ai danni dei cristiani in Egitto. A questa iniziativa ha fatto da sponda indiretta il pastore Usa Terry Jones, predicatore da strapazzo della Florida già protagonista di analoghe iniziative, che ha organizzato una sorta di processo virtuale al Profeta. Gli incidenti del Cairo, racconta peraltro il Corriere, non sono rimasti un episodio isolato, poiché nella tarda serata dimostranti armati hanno preso d’assalto il consolato Usa a Bengasi, capoluogo della Cirenaica libica, dove è cresciuta la presenza di formazioni salafite, a volte contigue al Qaedismo.

La Stampa riferisce di una inchiesta del New York Times secondo cui nei mesi precedenti all’11 settembre, in sette occasioni, la Cia avrebbe avvertito la Casa Bianca sul rischio di un attacco di Al Qaeda contro gli Usa. L’Amministrazione Bush avrebbe sottovalutato gli allarmi. Il Pentagono, all’epoca guidato da Rumsfeld, avrebbe invitato Bush a “non farsi ingannare dalla Cia”. In un memo del 29 giugno la Cia scriveva che “elementi operativi collegati a Bin Laden potrebbero pianificare attacchi entro breve tempo, con conseguenze drammatiche”.