Il governo si divide sulle pensioni

Pubblicato il 25 Ottobre 2011 in da redazione grey-panthers
inverno

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Il governo si divide sulle pensioni. Trattativa del premier con la Lega, oggi nuovo incontro: accordo difficile. Il Cavaliere a Merkel e Sarkozy: non accetto lezioni”. “Maroni: non si può fare la riforma con una pistola puntata alla tempia”. L’editoriale è firmato da Massimo Franco: “Comanda la paura”. A centro pagina, con foto, il voto in Tunisia: “Tunisi sceglie il partito islamico”. Accanto, si torna alla politica economica del governo, con la bozza del decreto sviluppo: “Dai condoni alle norme sull’eredità dei figli”.

La Repubblica: “Governo appeso a un filo. Trattative febbrili, il Consiglio dei ministri rinvia tutto: solo una lettera di intenti a Bruxelles. E per Palazzo Chigi circolano i nomi di Letta e Schifani”. “No di Bossi alla riforma. Berlusconi: non accettiamo lezioni dalla Ue”. A centro pagina un retroscena informa che “il Cavaliere cede: stavolta potrei lasciare”. Accanto: “Dodici condoni nel decreto sviluppo. Tra le misure allo studio anche una norma sulle successioni. L’opposizione accusa: è una legge ad personam”.

Il Sole 24 Ore: “Pensioni, duello Berlusconi-Bossi. Stallo in Consiglio, forse un testo di impegni alla Ue. Governo in pericolo. Marcegaglia: ora grandi scelte”. “Il premier spinge per aumentare l’età ma la Lega si oppone. Si tratta sullo scalone”.

Libero: “La guerra delle pensioni. Durissimo confronto tra Berlusconi e Bossi sull’aumento dell’età per lasciare il lavoro. Rinviato il Consiglio dei ministri decisivo: o si trova un accordo oppure salta il governo”. A centro pagina un articolo con caricatura è dedicato a Sarkoz, “l’ubriacone dell’Eliseo”: “Dieci motivi per ridere di Sarkò”.

Il Foglio ha un grande titolo rosso sotto la testata, in cui si invita ad un sit-in sotto l’Ambasciata di Francia a Roma: “Una risata a piazza Farnese, risposta dell’Italia sana al sarcasmo del ‘disastroso’ Sarkozy”. In una analisi si spiega che “Sarkò ha parecchie ragioni per ridere un po’ meno, il Cav spiega a Parigi che intanto entra in recessione. I timori dell’Eliseo: ‘Berlino ride di noi'”. Sulla situazione del governo: “Il Cav toglie il sorriso a Merkel e Sarkò, ma sulle pensioni si rischia”.

L’Europa e l’Italia

Sulla prima pagina del Sole 24 Ore due analisi si soffermano sulla situazione di Francia e Germania. Carlo Bastasin ricorda che la Merkel è in qualche modo commissariata, poiché dopo la sentenza della Corte Costituzionale tedesca è obbligata ad ottenere dal Parlamento un  mandato per negoziare a Bruxelles le misure sulla crisi dell’area Euro: ma il Bundestag, e in particolare gli alleati della Merkel, chiedono di votare preliminarmente un testo tedesco che rispecchi l’accordo finale di un vertice che deve tenersi ancora.
Quanto alla Francia, Adriana Cerretelli, pur riconoscendo alla coppia Sarkozy Merkel di aver fatto bene a pretendere dal nostro Presidente del Consiglio una lettera scritta sugli impegni, si ricorda che il suo debito è salito di quasi venti punti, che Parigi non è un esempio di virtù e neanche un irresistibile modello di competitività economica: “Se poi prendiamo le banche, le nostre non le abbiamo inondato di aiuti pubblici, non ne avevamo bisogno, come le vostre”.

Il Foglio sottolinea che Sarkozy non ha molte ragioni per ridere. Non solo perché, a sei mesi dalle presidenziali, i tre quarti dei francesi hanno declassato il rating della sua gestione della crisi, ma anche perché, mentre l’Eliseo fa circolare l’ipotesi di attivare il fondo salva Euro per l’Italia, smentito dalla Commissione, Parigi tecnicamente è già tornata in recessione. Giovedì Standard & Poor’s ha avvertito che il rating francese passerà da AAA ad AA+ in caso di nuova recessione.

Il quotidiano dedica peraltro due intere pagine ad analisi e proposte dei pensatori economici “antideclinisti” scoperti con molto ritardo dagli uomini del Cav. Ne scrivono, tra gli altri, il direttore generale di Confindustria Galli, Paolo Panerai, il direttore dell’Ior Gotti Tedeschi.

Intanto, fa sapere il Corriere della Sera, il Vaticano ha presentato ieri un documento del Pontificio consiglio giustizia e pace, in cui si invita a ristabilire “il primato della politica, responsabile del bene comune, su economia e finanza”, ma anche a riflettere “sulla tassazione delle rendite finanziarie”.

La Repubblica torna sul “sorrisetto” dei due leader sull’affidabilità italiana: già nel pomeriggio le diplomazie dei due Paesi avevano tenuto a precisare che Francia e Germania considerano l’Italia “un Paese economicamente molto forte, un importante membro Ue” e che “le allusioni italiane sul sorriso scambiato in conferenza stampa tra Merkel e Sarkozy sono basate su un equivoco”, nel senso che “i due si sarebbero solo scambiati un sorriso sull’incertezza generata da chi dovesse rispondere prima alla domanda”. Ma per il quotidiano questa lettura, in Italia, non ha convinto nessuno.

Secondo Massimo Franco, che firma l’editoriale del Corriere della Sera, “logica vorrebbe che si aprisse una crisi di governo: sarebbe la ‘discontinuità’ che le opposizioni chiedono come condizione per appoggiare i provvedimenti invocati da Bruxelles”. Il “corollario sarebbe un voto anticipato affrontato dalla Lega come se fosse una variante della secessione. Ma per quanto tentato da una rottura che potrebbe sfruttare in campagna elettorale, il Carroccio sembra diviso tra voglia di voltare pagina e paura dello strappo”.
Secondo Libero “Il Carroccio minaccia, ma c’è il Lodo Maroni”. “Bossi e i suoi fanno le barricate sulle pensioni”, ma “la paura di un governo tecnico che cambi la legge elettorale potrebbe convincerli a mediare. La soluzione? Il vecchio scalone previdenziale proposto da Bobo nel 2004”. Lo scalone prevedeva, a partire dal 2010, una età minima per la pensione di anzianità di 61 anni (62 per gli autonomi), aumentabile di un anno nel 2014.

Esteri

Il Corriere della Sera intervista il Presidente ad interim del Consiglio nazionale transitorio libico, Mustafa Abdel Jalil, già ministro della giustizia di Gheddafi. Spiega: “Non c’è alcun dubbio, la legge della nuova Libia renderà legale la possibilità per qualsiasi cittadino di avere sino a 4 mogli come permette il Corano. Ci adopereremo perché la sharia divenga fonte primaria della nuova Costituzione, siamo uno stato musulmano e non vedo cosa vi sia di strano. Per rassicurare le paure dell’occidente, voglio aggiungere che i libici sono musulmani moderati”. Poi precisa: “il mio riferimento alla sharia non significa che noi aboliremo tutte le leggi, semplicemente cambieremo quelle che contraddicono l’Islam. Per me la poligamia è stato solo un esempio, come del resto l’accenno ai futuri regolamenti contro il principio del tasso di interesse sul denaro prestato dagli istituti di credito. Questo è un principio che viene dall’islam, e dunque non è negoziabile. La via islamica è dividere perdita e profitto”. E’ d’accordo su una inchiesta sulla morte di Gheddafi? Jalil dice che “su richiesta della comunità internazionale” si stanno adoperando per una inchiesta “accurata” per stabilire se sia spirato “per uno scambio a fuoco tra le nostre truppe e le sue oppure per altri motivi”.
Alla dichiarazioni di Jalil è dedicata una analisi di Renzo Guolo, pubblicata da La Repubblica: “Se la religione diventa l’unica fonte del diritto”. Guolo sottolinea che di per sé le affermazioni di Jalil non fanno che registrare la realtà: in buona parte degli ordinamenti giuridici del mondo islamico il riferimento alla sharia è palese: persino in Egitto, dove Sadat pagò, negli anni 70, questo prezzo agli islamisti sdoganati in funzione anti Nasseriana”: in sostanza la debolezza delle elite laiche dal punto di vista di una legittimazione politica faceva sì che non potessero prescindere dal riferimento all’Islam, secondo Guolo. Il problema, secondo lo studioso, non è tanto la presenza nella gerarchia delle fonti della sharia, quanto “se essa è o meno fonte esclusiva della legge”, e ciò dipende dai rapporti di forza e dalla natura del sistema politico. Se prevalgono gli islamisti e si fanno regime, la sharia come fonte esclusiva sarà inevitabile. Se invece il sistema sarà pluralista, il grado di applicazione sarà meno rigido. E come accade in molte realtà, le diverse parti del corpus sharaitico potranno essere applicati in alcuni campi e non in altri.
Restando a La Repubblica, segnaliamo un articolo che riprende lo scoop del Paris Match, secondo cui, in una lettera spedita da Gheddafi nell’agosto scorso (il 5, esattamente) il dittatore libico cercò di mandare un appello al nostro Presidente del Consiglio: gli chiedeva di intercedere perché la Nato cessasse l’intervento in Libia. Gheddafi scriveva: “Non ti biasimo per ciò di cui non sei responsabile, perché so bene che non eri favorevole a questa azione nefasta”. Una curiosità: la lettera fu affidata al capo dell’Agenzia che organizzava l’incontro del rais con le ‘gheddafine’.

“L’onda islamica conquista Tunisi” titola Il Corriere della Sera, dando conto del successo “oltre le aspettative” per il partito islamico moderato Ennadha e della contestuale sconfitta dei partiti laici. Ennadha dovrebbe raggiungere il 35 per cento, con possibile estensione fino al 37-38 per cento. Il secondo partito, il CPR, Congresso per la Repubblica, di orientamento socialdemocratico, sotto la leaderhsip di Moncef Marzouki, non raccoglierebbe neanche la metà dei voti, fermandosi al 15 per cento. Al 12 per cento, sempre per restare alla famiglia del centrosinistra, Ettakatol, membro della internazionale socialista. Il partito islamista “ipoteca il governo”, vuole governare, ma non da solo.

Per La Repubblica: “La Tunisia sceglie l’islam moderato. Ennadha: ‘Ma ci serve un alleato'”. Potrebbe arrivare al 40 per cento e contare quindi su una sessantina di seggi, sui 217 eletti della nuova assemblea costituente, che dovrà anche eleggere un presidente e un governo ad interim, fino al nuovo voto, previsto per fine 2012-inizio 2013. Significativo il dato sull’affluenza: è andato alle urne oltre il 90 per cento degli iscritti, cioé 4,1 milioni di elettori, sui poco meno di 8 milioni di aventi diritto. Secondo i primi dati – quelli definitivi si avranno forse oggi – vi sarebbe stata una affermazione del partito Ennadha anche tra i tunisini della diaspora, presso cui avrebbe superato il 50 per cento.
Sul Sole 24 Ore Alberto Negri sottolinea come le parole d’ordine di Ennadha per non spaventare l’opinione pubblica siano “islamici sì, ma moderati”. Il leader Gannouchi ribadisce il riferimento al modello dell’AKP di Erdogan, i capi del partito ribadiscono: “Garantiamo agli uomini d’affari stranieri che i loro interessi saranno preservati”. Scrive Negri che Ennadha ha già interessi consistenti da difendere: Gannouchi, leader in esilio per molti anni, da una periferia borghese di Londra ha costituito una rete internazionale diventando il numero 2 di Yusuf Qardawi, il predicatore musulmano più influente con i suoi sermoni su Al Jazeera, che otto mesi fa lanciò una fatwa per uccidere Gheddafi. Ed è stato questo legame con Qardawi a far affluire i finanziamenti del Qatar e delle monarchie del Golfo, che ora pretendono garanzie politiche per investire nel Paese dei gelsomini. Le ragioni della vittoria di Ennadha vengono illustrate dal cofondatore, Mourou: “Ennadha è stata la maggior vittima politica di Ben Ali”, “gli altri partiti hanno polarizzato la campagna insistendo sul laicismo”, ma “i tunisini sono dei moderati, ma attaccati profondamente alla loro identità musulmana”. Mourou, sceicco e cofondatore del movimento, è il più celebre penalista tunisino.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini