Fate presto

Le aperture

“Fate presto”, titola Il Sole 24 Ore, con un titolo inconsueto, a tutta pagina. L’editoriale di Roberto Napoletano spiega che il titolo è “rubato” a un “quotidiano glorioso” come Il Mattino, che titolò così tre giorni dopo il terremoto del 1980.

Il Corriere della Sera: “Governo, verso l’incarico a Monti. L’ex commissario Ue nominato senatore a vita. Il nuovo governo sarebbe sostenuto dal partito del premier con Pd e Terzo Polo. Mossa di Napolitano: apertura di Berlusconi, ma nel Pdl c’è forte tensione”. Il retroscena del quotidiano milanese è firmato dal quirinalista Marzio Breda: “Così il Colle rassicura Bruxelles”. A centro pagina: “I tassi dei Bto oltre il 7 per cento. Obama: fiducia nell’Italia”.

Il Giornale: “Blitz dei poteri forti. Berlusconi assediato: Mario Monti verso Palazzo Chigi per l’ipotesi di un governo tecnico. Ecco le misure anti-crisi: in pensione a 67 anni e burocrazia zero”

La Repubblica: “Dramma in Borsa, in campo Monti. Sabato la legge di stabilità, poi le dimissioni di Berlusconi. Forse già domenica l’incarico. Pdl lacerato. Bossi: la Lega all’opposizione sta bene”. “Napolitano lo nomina senatore a vita: è in pole position per il nuovo governo”. E poi: “Btp, giornata da incubo, lo spread vola a quota 575”.

Libero: “Qui viene giù tutto. Sull’orlo del baratro. L’annuncio delle dimissioni di Berlusconi non ferma la speculazione. Dopo una giornata infernale sui mercati sfuma la richiesta di elezioni subito. Per il centrodestra è una beffa perfetta”.

Monti, le reazioni

Reazioni in casa Pdl. Secondo La Repubblica il governo di emergenza avrebbe spaccato già il partito, e sarebbe il ministro Altero Matteoli a guidare gli ex An e a premere per le urne. Un altro articolo parla della “grande fuga dal Cavaliere”, che farebbe temere al segretario Pdl Alfano una scissione. I ministri Frattini e Fitto sarebbero favorevoli all’ipotesi Monti, mentre Matteoli e La Russa ribadirebbero la contrarietà ad un esecutivo tecnico.
Per La Stampa gli ex An e la Lega “fanno resistenza” sull’idea di un Monti premier, e dentro il Pdl ci si organizza per evitare una emorragia di voti verso il Carroccio. Lo stesso Berlusconi ieri avrebbe tentato di convincere la Lega a rendersi disponibile ad un esecutivo tecnico di breve durata per approvare le misure europee. Il premier vorrebbe – secondo il quotidiano – un esecutivo tutto tecnico, non considera possibile che i ministri del Pdl siedano accanto a quelli del Pd: sarebbe la morte del bipolarismo e il ritorno al consociativismo, avrebbe detto.

Secondo La Repubblica Berlusconi avrebbe insistito per tenere ai loro posti Gianni Letta (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) e Nitto Palma alla Giustizia. La linea del Pd sarebbe quella di un mix di tecnici e politici, tanto che si parla di un Enrico Letta ad un incarico ministeriale o come vicepremier. Il Pd potrebbe chiedere il dicastero del Lavoro e appoggerebbe la nomina di Giuliano Amato all’Interno. Per il quotidiano si tratta delle premesse per la nascita di un vero governo di Grande Coalizione. All’economia Fabrizio Saccomanni o Lorenzo Bini Smaghi. Le preoccupazioni in casa Pd sono legate anche ai rapporti con Italia dei Valori e Sinistra e libertà. E’ bene saperlo, scrive il quotidiano: il governo Monti farà saltare il nuovo Ulivo.
Di Pietro e Vendola, secondo il quotidiano, insistono sul voto. DI Pietro dice: “Le soluzioni a 360 gradi non funzionano, noi siamo per il sistema bipolare. Andare al governo per ingoiare rospi? E perché mai?”, riferendosi a Monti, poiché ribadisce che “non si compra a scatola chiusa”. Ovvero, come scrive La Repubblica, “la foto di Vasto sbiadisce”.

La Stampa intervista Walter Veltroni: “Monti sarebbe perfetto”. E se Pdl e Lega non ci stanno? Veltroni: “Certo, una operazione così non si può fare senza coinvolgere il centrodestra. Altrimente sarebbe un vero e proprio ribaltone. Ma se loro non ci stanno si assumeranno le loro responsabilità davanti al Paese”, andare alle elezioni significherebbe “stare per tre mesi senza un governo, una follia”. E se non si riesce a formare questo governo di salute pubblica, alle elezioni con quali alleanze vi presentereste? “La mia opinione è che dovremmo andare insieme a tutti coloro che avranno detto sì al governo di unità nazionale”. Ovvero, da Vendola a Fini, passando per Casini: “Sì, è quello che ha detto Bersani sabato a San Giovanni”.

Sulla stessa pagina de La Stampa anche il leader Udc Casini insiste: “Ci vuole anche il sì di Berlusconi, se deve essere un armistizio devono siglarlo tutti”.

Il Giornale titola: “Il Pd vede il governissimo, Di Pietro si sfila”. Il racconto della riunione serale del Pd, della disponibilità a sostenere il tentativo di dare una guida autorevole ad un governo per la crisi, la cui durata sia “molto limitata” per andare alle urne nella primavera-estate del 2012. I democratici insistono affinché ci sia una “larga condivisione in Parlamento”, ossia che ci sia tutto il Pdl. Idv dice “niente inciuci”, il Pd spera di ottenere almeno una sorta di desistenza o di appoggio esterno.

E La Lega? Secondo Il Giornale, all’insegna di “tutti al potere tranne noi”, la Lega appare contenta di tornare all’opposizione. Bossi ci scherza sopra: “Ci rifacciamo la verginità”. Secondo il quotidiano ieri Bossi parlava già da leader dell’opposizione, annunciando il no al maxiemendamento alla legge di stabilità se toccherà pensioni e articolo 18. Insomma, una prova generale verso la via dello stare fuori da tutto, fuori dai “pastrocchi di Palazzo”, come li ha chiamati il ministro Calderoli.
Il Carroccio non vuole un allargamento a partiti che non erano nella coalizione (“Quindi nessun governo con l’Udc”, dice il capogruppo Reguzzoni), ed è contrario a tecnici alla Monti, che la Lega considera uomini dei “poteri bancari” a lei ostili. In extremis la Lega potrebbe dare un appoggio esterno. Il modello cui penserebbe la Lega, ipotizzando di poter correre da sola alle elezioni, da forza di opposizione, è quello della Csu, il partito bavarese che governa una delle regioni più ricche della Germania: “Ce ne torniamo al nord”, dice un big vicino a Maroni.


Monti, i commenti

Ferruccio de Bortoli, sul Corriere della Sera, scrive che “il pensiero di Monti è noto ai lettori del Corriere. Il prestigio internazionale è indiscusso. La sua bussola è l’Europa. Non è un freddo tecnocrate, è un italiano appassionato, disposto a svolgere un ruolo di civil servant senza mire personali. E’ portatore di idee, non di interessi”. “Una svolta clamorosa indispensabile e indifferibile dopo quello che è accaduto ieri sui mercati”.

Massimo Giannini firma l’editoriale de La Repubblica (“La svolta del Quirinale”) e scrive: “Sorprendente nella sostanza, ma ineccepibile nella forma” la decisione di Napolitano, che da tempo aveva in animo di “promuovere a Palazzo Madama uno degli italiani più stimati al mondo”. Monti oggi “acquisisce una funzione istituzionale”, e “non è più solo un ‘tecnico’”, ma ora è a tutti gli effetti un politico”.
“Non è detto che questo basti a placare la ‘fame’ degli speculatori. Ma è una condizione necessaria, anche se non ancora sufficiente, a dirdare speranza e credibilità a questo Paese”, scrive Giannini.

Alessandro Sallusti su Il Giornale scrive che l’ipotesi di un governo Monti si avvicina, e che Berlusconi “non alzerà barricate” contro questa ipotesi. “In punta di forma ti non è più un tecnico”, visto che è stato nominato senatore a vita. Ma “la sostanza” non cambia. “Nè un centrodestra allargato né un centrosinistra rafforzato dai traditori vogliono prendersi da soli la paternità sulle misure feroci che andranno adottate nelle prossime settimane per risanare i conti”.

Maurizio Belpietro scrive che “la beffa per Berlusconi e per il centrodestra sarebbe perfetta. Un tecnico alla guida del governo per fare quelle riforme cui la sinistra si è sempre opposta, contestando ogni cambiamento delle norme sulle pensioni e sul mercato del lavoro, rifiutando di ridurre gli organici e le spese degli statali. Alla fine il Cavaliere e i suoi potranno farle, ma fuori dalla porta, mentre gli altri siedono a Palazzo Chigi. Il Pd coprirà il tutto, tenendo buona la Cgil, e giustificando ogni cosa con un bel salasso del ceto medio: una bella patrimoniale da paura che controbilancerà la stangata sui lavoratori dipendenti. Forse ci sarà anche il prelievo notturno dei conti correnti, in puro stile amato, ma viste le premesse, tranne le vittime del prelievo, nessuno protesterà”.

Iran

All’indomani della pubblicazione del rapporto dell’Agenzia Onu sul nucleare sull’atomica iraniana, i quotidiani oggi registrano lo scontro sull’inasprimento delle sanzioni: Mosca si è detta contraria perché equivarrebbero ad una mossa “per il cambio del regime”. Sabato prossimo il presidente Usa Obama incontrerà il suo omologo russo Medvedev ed è probabile che si discuterà anche di questo. Il premier israeliano Netanyahu ha esortato a “fermare la corsa di Teheran verso l’atomica”, ma questa volta ha evitato qualsiasi riferimento verso un possibile blitz.

L’inserto R2 de La Repubblica è dedicato proprio alla “bomba degli ayatollah”. Se ne occupano Bijan Zarmandili, Lucio Caracciolo e Alex Van Buren. Zarmandili evidenzia la distanza tra il regime che va allo scontro e annuncia di voler andare avanti con il piano nucleare, e la popolazione iraniana, sempre più spaventata di un aggravarsi delle proprie condizioni di vita a seguito delle nuove, più dure sanzioni. Il governo di Ahamedinejad ha sperperato miliardi di dollari provenienti dalle vendite di petrolio in spese occulte oppure per scopi militari, e l’80 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, guadagnando meno di 500 euro al mese. A scriverlo è – racconta Zarmandili – un accademico iraniano, Rahimi Brugerdi, il cui libro non ha superato il vaglio della censura ed è quindi sintetizzato in un articolo circolato in rete.
Lucio Caracciolo insiste: “Ora con Teheran un vero negoziato”, “meglio riconoscere agli ayatollah il loro ruolo nell’area”. L’idea che l’arsenale nucleare iraniano sia una minaccia esistenziale per Israele ed un pericolo per il mondo intero appare a Caracciolo un giudizio semplicistico. Nessun Paese dotato di bombe atomiche – Israele incluso – le ha finora mai impiegate, salvo gli Usa nel 1945. Persino Israele, e persino coloro che sono favorevoli ad un attacco preventivo, è consapevole che l’Iran non ha una vocazione suicida. Alex Van Buren intervista lo studioso Vali Nasr e sintetizza così i contenuti del colloquio: “L’attacco è un rischio, Israele rimarrebbe isolata”. Dice Nasr che “il diavolo è nei dettagli, e proprio fra le righe del rapporto Aiea bisognerà cercare la verità sul programma nucleare iraniano. Se emergerà che Teheran è più vicina alla bomba atomica, un attacco militare alle sue centrali servirà a poco, tranne che ad infiammare il Medio Oriente”. Parlando delle ombre nel resoconto dell’Agenzia, dice: “Resta da chiarire se le notizie si riferiscano ad un periodo precedente l’attacco cibernetico che ha contagiato con il virus Stuxnet i computer delle centrali”.
Le sanzioni porteranno Teheran al negoziato? Forse, secondo Nasr. Che ricorda però come tanto gli Usa che l’Iran si preparino ad elezioni importanti. E poi l’Iran, guardando al destino di Gheddafi, ne ha ricavato qualche insegnamento: Gheddafi si è sottomesso alle richieste dell’Occidente, ha consegnato il proprio arsenale nucleare, ma non è servito a risparmiarlo: “Se Gheddafi avesse avuto l’atomica, l’intervento Nato non sarebbe avvenuto”.

E poi

Alle pagine dei commenti e delle Idee de La Repubblica segnaliamo una analisi del filosofo Jurgen Habermas dedicata al progetto europeo, al futuro dell’Unione tra crisi e populismo.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini

redazione grey-panthers:
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