Nella Valle d’Itria, terra di trulli

Dolci saliscendi ricoperti di ulivi, querceti e vigneti, pianori segnati da muretti a secco, improvvise apparizioni di bianchi paesi sui colli e, un po’ ovunque, le inconfondibili sagome dei trulli, con i pinnacoli rivolti al cielo azzurro: così appare la Valle d’Itria al visitatore che la percorre in cerca di borghi antichi, campagne amene e bellezze barocche. Il termine ‘valle’ potrebbe ingannare: è piuttosto un’estesa collina carsica che costituisce il cuore della Murgia dei Trulli, collocata al centro della Puglia, tra le provincia di Bari, Taranto e Brindisi. Il nome “d’Itria” giunge dall’oriente bizantino, in ricordo della Madonna Odegitria, “colei che indica la via”, così come richiami orientali sono le forme dei trulli con i loro pinnacoli decorati da piccole sculture in pietra talvolta sferiche, talvolta a mezzaluna. Scendendo da Bari sulla statale 16, si lascia la costa

a Fasano per percorrere la strada statale 172d, detta dei Trulli, che attraversa, regalando scorci meravigliosi, tutta l’area in cui sono diffuse queste tipiche costruzioni contadine

 

Prima meta: Locorotondo, un borgo incantato

È il primo borgo che si raggiunge con la statale 172d, e che spicca alla vista perché innalzato su un colle (410 m) che domina le campagne ricoperte di ulivi e punteggiate di trulli. Il centro storico è un vero gioiello, perfettamente conservato e mantenuto con cura dagli abitanti: la sua particolarità sono le case con le cummerse, tetti a punta spioventi, inconsueti per queste aree. Li posseggono quasi tutte le abitazioni che compongono, addossate le une alle altre, il borgo storico.

Gli stretti vicoli del paese, di origini medioevali, si dipanano secondo cerchi concentrici attorno all’ottocentesca chiesa madre di San Giorgio, e da questa forma urbana deriva il nome all’abitato (dal latino locus rotundus).

Il modo migliore per afferrare la magia di questo borgo è vagare senza una meta precisa per le vie (il centro storico è interamente pedonale), tra le case bianche decorate da vezzosi balconi in ferro battuto, sostando nelle piazzette dove i bambini giocano a rincorrersi e gli anziani attendono il fresco seduti accanto alla soglia. Al calar del sole, l’incanto si compie: cominciano ad accendersi i lampioni e le luci nelle case, la gente esce a passeggiare, i turisti si siedono ai tavoli dei ristoranti e dei bar lungo le vie. Da non perdere, uno sguardo dal belvedere della Villa comunale sulla Valle punteggiata dai trulli, mentre il sole accende il cielo di rosso.

 

Seconda tappa: Alberobello, la patria dei trulli

Da Locorotondo si riprende la statale 172 in direzione di Alberobello, borgo che è stato inserito dal 1996 dall’Unesco nel Patrimonio dell’Umanità grazie ad alcuni quartieri dell’abitato interamente composti da trulli. Benché il trullo fosse un’abitazione contadina solitamente collocata nelle proprietà agricole, nel caso di Alberobello venne a formare interi rioni, integrandosi anche con le case dell’abitato. I trulli furono costruiti a partire dal XVI secolo da comunità di contadini che non avevano il permesso di edificare abitazioni stabili (per i trulli non si usava malta o altri leganti). Oggi i trulli sono più di un migliaio, concentrati per la maggior parte nel rione Monti, a Sud dell’abitato. Qui sono allineati lungo sette vie parallele e costituiscono una visione d’insieme davvero spettacolare: molti (forse troppi) sono i negozi e le botteghe di artigianato e prodotti locali ospitati nei trulli.

 Per visitare un’area priva di esercizi commerciali, bisogna recarsi nel quartiere Aia Piccola, in cui i quattrocento trulli sono rimasti intatti e immersi nella quiete del borgo. Da non perdere, le visite al Trullo Sovrano, l’unico su due piani, situato in via del Gesù alle spalle della basilica dei Santi Medici, e alla Casa d’Amore, in piazza Ferdinando IV, abitazione borghese dell’Ottocento che inglobò per la prima volta i trulli nella sua struttura.

 

Terza destinazione: la barocca Martina Franca

Da Alberobello si ritorna a Locorotondo,  per poi dirigersi a Sud verso Martina Franca. È questa una cittadina cresciuta tumultuosamente negli ultimi decenni, che però conserva uno dei centri storici più piacevoli e affascinanti dell’intera regione.

 Situata su un colle (430 m) che si affaccia sui panorami della Valle d’Itria, ha un cuore barocco ed elegante, con piazze, cortili, vicoli e chiese che ad ogni svolta regalano scorci nuovi. La fondazione del paese risale al Medioevo, a cui si deve l’impianto urbanistico a forma ellittica; ma la stagione migliore Martina Franca la visse tra Sei e Settecento, quando sotto il dominio dei Caracciolo, la città venne abbellita da edifici barocchi, che ne trasformarono il volto.

Su tutti predomina il Palazzo Ducale, risalente al 1668, che affaccia su piazza Roma: ha un prospetto imponente, diviso orizzontalmente da una balconata in ferro battuto. Oggi ospita il Municipio e, nello splendido cortile, le opere liriche del Festival della Valle d’Itria, che si tiene ogni estate. Dalla piazza si imbocca Corso Vittorio Emanuele, con eleganti negozi, per arrivare alla piazza del Plebiscito su cui affaccia la basilica di San Martino e, a seguire, la piazza dell’Immacolata chiusa da un elegante porticato. Da questo punto ci si inoltra tra vie e vicoli vagando senza una meta precisa, per scoprire la grazia del borgo che lo scrittore Carlo Castellaneta definì con queste parole: “una svagatezza, una dolcezza del vivere che sembra impressa nei suoi lineamenti”.

 

Martina Franca: la cattedrale ritrovata

Risplende per le sue pietre chiare dai riflessi dorati la cattedrale di Martina Franca, dedicata a San Martino, di recente interamente ristrutturata. Venne edificata nella seconda metà del Settecento e costituisce uno degli assi portanti del Barocco martinese. La facciata, a piani sovrapposti, è alta 42 metri ed è ritmata da lesene, arricchita da fregi e decorazioni. Sopra il portale spicca l’altorilievo dedicato a San Martino a cavallo. L’interno, a una sola navata, culmina nella bellezza dell’altare, scolpito nel 1773 e attribuito all’architetto napoletano Giuseppe Sammartino: è un’opera di grande equilibrio, composta con marmi policromi, con cui sono realizzate anche le belle statue della Carità e della Speranza. Il campanile, che si scorge dalla via Masaniello, risale all’edificio sacro preesistente ed è una preziosa testimonianza dell’arte trecentesca, in cui si leggono elementi romanico-pugliesi collegati a particolari arabo-normanni.

 

I trulli

I trulli sono caratteristiche case di contadini o di artigiani, in maggior parte risalenti al XVIII secolo, realizzate con tecniche ardite e singolari. Si ispirano alla forma delle capanne e alle dimore d’oriente e sono a pianta centrale con muri a secco, senza malta, sui quali si innalza una cupola a forma di cono. I muri sono intonacati a latte di calce bianca; il cono, che è concluso da un agile pinnacolo, è rivestito – sempre a secco – da file concentriche e spioventi di lastre lisce di grigia pietra locale, dette chiancarelle. Le stanze interne sono a pianta quadrata, disposte a cerchio attorno alla principale, che funge da sala da pranzo e soggiorno. Si notano all’esterno scalette che raggiungono il tetto, dove alcuni ripiani sopraelevati fungevano da essiccatoi. I simboli che talvolta si ammirano tracciati con la calce bianca sul tetto dei trulli possono avere diversi significati: religiosi, magici, primitivi.

 

Le masserie

Emblemi architettonici della borghesia terriera, le masserie sorgono numerose nella campagna della Valle d’Itria e da secoli sorvegliano il territorio, vero fulcro di organizzazione del lavoro agricolo. Le prime si formarono in epoca medioevale come nuclei di abitazioni rurali in cui si svolgeva l’attività contadina, basata essenzialmente sulla pastorizia. Con il passare dei secoli, dall’allevamento del bestiame si passò alla coltivazione di ulivo e vite, e anche la masseria si trasformò in una struttura a tutela della produzione e della proprietà. Ancora oggi il territorio è costellato da masserie che presentano le forme più diverse, dalle più semplici a quelle eleganti come palazzotti urbani, a volte fortificate da muri di cinta e da garitte, quasi sempre ingentilite da fregi scultorei. Alcune sono ancora il centro organizzativo delle proprietà agricole, altre sono state trasformate in suggestivi luoghi di ospitalità.

Vitalba Paesano: Interessata al web fin dal 1996, quando di Internet si occupavano solo gli ingegneri, sostiene da sempre l'importanza dell'interattività come misura di qualità di vita per il mondo senior. Per questo ha fondato www.grey-panthers.it, testata giornalistica online, ad aggiornamento quotidiano, dove tutto, articoli, rubriche, informazione, è a misura di over50
Related Post