I Castelli della Valle d’Aosta

Pubblicato il 2 Gennaio 2009 in , da Vitalba Paesano

La più piccola regione d’Italia, situata nell’estremo angolo a nord ovest della Penisola, è celebre per le vette alpine che la circondano e che, in alcuni casi, superano i quattromila metri, dal Monte Bianco, “re” dell’Europa, al Cervino, dal Monte Rosa al Gran Paradiso.

La spettacolarità delle Alpi valdostane nulla toglie, però, alla bellezza sognante e ai sereni paesaggi del fondovalle che attraversa la Regione, punteggiato da borghi antichi distesi alle pendici dei monti. Sulle rocce più alte, a guardia degli abitati, sorgono castelli e manieri di diverse epoche, sontuosi e ben conservati. Un piacevole itinerario a fondovalle, in poche centinaia di chilometri, consente di scoprire questi celebri scrigni di storia e cultura. Ad aprire la porta al viaggiatore è il Forte di Bard, che sorveglia l’accesso alla Valle.

 Forte di Bard

Quando, all’ingresso della Val d’Aosta, si abbandona l’autostrada (all’uscita di Pont-Saint-Martin) e si imbocca la la strada statale 26, il Forte di Bard si affaccia severo, a picco sulla stretta gola di passaggio. Ai suoi piedi è raccolto il paesino di Bard, con le case dai muri in sasso e dai tetti in lastre di pietra grigia. La fortezza esiste dall’anno Mille come sede di guarnigioni militari; infatti, la sua posizione strategica garantiva, in passato, il totale controllo sul transito in Valle di eserciti, mercanti e viandanti. L’edificio che oggi si visita si sviluppa su più livelli con poderose mura, contrafforti e un ripido camminamento, e risale al 1830 e al progetto dell’ingegnere militare Francesco Antonio Oliviero. Costui fu incaricato della ricostruzione dopo il passaggio di Napoleone, che volle smantellare il Forte dopo essere stato fermato nel 1800 dalle guarnigioni arroccate all’interno. L’ingegnere Oliviero ideò una struttura imponente, con 283 locali, capace di ospitare una guarnigione di 416 uomini.

Seguì un periodo di declino, ma oggi il Forte è stato interamente recuperato e da pochi anni aperto al pubblico. Si sale al livello più alto con l’utilizzo di tre funicolari, che risparmiano al visitatore la fatica della salita, offrendo anche la possibilità di ammirare ampi panorami sul borgo e sulle montagne circostanti. Arrivati alla sommità, attraverso passerelle sospese e passaggi tra le mura difensive, si entra nella grande piazza d’armi, circondata dagli edifici per le guarnigioni. Da qui si accede al Museo delle Alpi, aperto nel 2006, di sicuro interesse per la moderna concezione interattiva e per il notevole impatto visivo delle sale. Nelle altre aree del Forte, da percorrere e visitare (dotate anche di una piacevole caffetteria), sono allestite interessanti mostre temporanee. Nella piazza di svolgono, durante l’estate, concerti, conferenze, rappresentazioni teatrali.

 

La dimora di Issogne

Lasciato alle spalle il Forte di Bard con le sue memorie di battaglie e assedi, si risale la valle fino all’abitato di Issogne, piccolo borgo disteso su una collina, con al centro uno delle più affascinanti dimore principesche della Regione. Questo castello, più che una rocca fortificata, è un palazzo signorile che dall’esterno, con le sue mura spoglie e disadorne, sa ben celare la grazia e la ricchezza delle opere conservate all’interno. Fu la dimora, tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, di Margherita di Challant e di suo figlio Filiberto, ma fu curato in tutti i particolari decorativi e architettonici dal priore Giorgio di Challant, cugino di Margherita e suo protettore. Già la posizione, su una bassa collina, rende evidente il fatto che l’edificio non avesse scopi difensivi: oggi lo circonda un ampio prato all’inglese, ornato da aiuole fiorite.

Basta varcare la soglia ed entrare nella Corte del Melograno per immergersi in una fiaba medievale: al centro si ammira una fontana sovrastata da un albero di melograno in ferro battuto, originario del XV secolo, dai cui rami sgorgava l’acqua. Sotto al porticato, di fronte alla fontana, sono dipinti affreschi con scene di vita quotidiana del XV secolo, di impressionante realismo, come la bottega del fornaio, il mercato di frutta e verdura, il laboratorio del sarto. Altri affreschi si ammirano nella sala baronale a pianterreno, con raffigurazioni fantasiose di porti, monti e città. Tutto il castello, poi, conserva sulle pareti centinaia si graffiti e incisioni di molti secoli addietro: sono frasi latine, ammonizioni, notizie di storia, giochi di parole, e costituiscono una particolarità unica di questo edificio. La visita dell’interno conduce nelle cucine, interamente arredate, quindi alle camere del piano superiore, anch’esse con mobili originali o coevi. Il castello conserva il fascino di una casa nobiliare, quasi che i suoi abitanti se ne siano andati solo il giorno prima, lasciandolo disabitato ma miracolosamente vivo.

 

Il castello di Fénis

Anche il castello di Fénis, che si incontra risalendo la Valle dopo aver oltrepassato Issogne, non sorge su di un picco roccioso, bensì su una morbida collina: il maniero, benché si presenti con aspetto fortificato e arcigno, non rivestiva funzione difensiva, ma era sede di rappresentanza della famiglia Challant. Un castello, quindi, per ricevere nobili ospiti e cortigiani, e per dimostrare la potenza del casato.

Si lascia l’auto nei parcheggi accanto al fiume e si sale attraverso una piacevole strada pedonale, tra prati e boschi; dopo qualche curva compare il profilo del castello, isolato sul colle, attorniato da un doppio giro di mura merlate e abbellito da diverse torri circolari e quadrate.

Fu costruito nel XIV secolo dal signore del luogo Aimone di Challant. Oltrepassate le mura in pietra, si entra nella torre quadrata aprendo un pesante portone in ferro e legno (quello originale) e ci si ritrova in una corte raccolta, decorata da affreschi in stile gotico cortese e con al centro una scalinata semicircolare. Una balconata in legno unisce le stanze del castello, prive di particolari ornamenti, tranne la sala di rappresentanza, con affreschi sacri e un bellissimo crocifisso ligneo della fine del XIII secolo. È curioso ricordare che la doppia cinta di mura esterne si deve a un’integrazione recente avvenuta durante i restauri all’inizio del Novecento, in seguito a un’interpretazione arbitraria (e forse un po’ fantasiosa) della fisionomia del castello.

 

Il Castello Reale di Sarre

Dopo le fiabe gotiche e le avventure cavalleresche di Issogne e Fénis, la strada statale 26 conduce verso altre sorprese. Dopo aver oltrepassato la città di Aosta, sulla destra, compare su di un colle un palazzo imponente sovrastato da una robusta torre centrale. È il Palazzo reale di Sarre, che fu a metà Ottocento spoglia residenza di caccia di Vittorio Emanuele II di Savoia (primo re d’Italia), poi villa estiva del figlio Umberto I. La sua posizione è spettacolare: domina la vallata e il fiume, con i piccoli borghi ai suoi piedi; alzando lo sguardo, si ammira l’imbocco della Valle di Cogne, che porta al Parco Nazionale del Gran Paradiso.

La struttura, elegante e nobile, è settecentesca: il primo Re d’Italia lo acquistò per poter avere un appoggio durante le sue spedizioni di caccia. Fu Umberto I, tra la fine dell’Otto e gli inizi del Novecento, e soprattutto sua moglie Margherita, amata regina d’Italia, a conferire alla dimora il tono di ‘casa reale’. Gli ambienti più spettacolari sono senza dubbio la galleria e il salone detti ‘delle corna’, ornati da quasi quattromila corna di camosci e stambecchi abbattuti durante la caccia: le corna, utilizzate come tasselli decorativi, disegnano arabeschi e volute su pareti e soffitti, lasciando a bocca aperta i visitatori. Il castello contiene rare testimonianze sulla famiglia Savoia e sulle loro alterne vicende; uno spaccato di grande interesse sui risvolti, spesso infelici, dell’ultima dinastia regnante italiana.

Ora, dopo tanta storia, non guasta una salita verso le alte quote. Il Gran Paradiso, con il suo parco nazionale, è a poco più di un’ora di auto.

 

Info sui castelli

Per ottenere informazioni aggiornate sugli orari di visita, i costi e le modalità, è indispensabile consultare, prima della visita, la sezione dedicata ai castelli nel sito turistico della Regione Valle d’Aosta:

Per informazioni dirette:

Forte di Bard, Bard

Tel. 0125.833811

 

Castello di Issogne, Piazza Castello, Issogne

Tel. 0125.929373

 

Castello di Fénis, Fénis

Tel. 0165.764263

 

Castello Reale di Sarre, Frazione Lalex 3, Sarre

Tel. 0165.257539

 

 Il Parco Nazionale del Gran Paradiso

 

Il Parco del Gran Paradiso, istituito nel 1922, è il più antico Parco Nazionale italiano: ha un’estensione di 70.000 ettari, suddivisi tra la regione Piemonte e la Valle d’Aosta, e comprende il gruppo del Gran Paradiso. In Valle d’Aosta include la Val di Cogne, la Valsavarenche e la Val di Rhêmes. Si estende dagli 800 m del fondovalle ai 4.061 m della vetta del Gran Paradiso, in un territorio di alto pregio naturalistico, disseminato di piccoli borghi alpini, oggi consacrati al turismo, sia estivo che invernale.

La nascita del Parco si deve all’intenzione di proteggere lo stambecco, il più caratteristico abitante di queste aree: il territorio fu nei secoli scorsi proprietà della famiglia Savoia, la dinastia che regnò in Italia fino al 1946. Già nel 1856 il re Vittorio Emanuele II (primo re d’Italia) aveva dichiarato queste montagne Riserva Reale di Caccia, per salvare lo stambecco già allora in pericolo; aveva anche creato un corpo di guardie specializzate e fatto costruire una rete viaria. Nel 1920, il re donava la riserva allo Stato italiano; due anni dopo nasceva il Parco Nazionale del Gran Paradiso.

Tra larici, abeti, pini, quindi più in quota tra pascoli alpini, rocce e ghiacciai, si estende una vastissima rete di sentieri, dalle passeggiate per famiglie ai tracciati alpinistici. È molto facile avvistare gli animali, anche a breve distanza: lo stambecco, simbolo del Parco, si incontra spesso al pascolo; i maschi (lunghe corna ricurve) vivono in piccoli gruppi, mentre le femmine (corna più corte) restano con i piccoli. Anche il camoscio è comune, ma assai più schivo e difficile da osservare; l’aquila reale è visibile mentre sorvola i “territori di caccia”. Recentemente sono ricomparsi il gipeto, grande avvoltoio scomparso nel 1912 e tornato sulle Alpi per un progetto internazionale, e la lince, piccolo predatore.