Dadaismo e surrealismo in mostra ad Alba

Pubblicato il 28 Ottobre 2018 in , da redazione grey-panthers
Dadaismo e surrealismo

La mostra “Dal nulla al sogno. Dada e Surrealismo dalla Collezione del Museo Boijmans Van Beuningen”, immaginata da Marco Vallora secondo una logica espositiva che riflette le suggestioni surrealiste, nel modo di presentare le opere e di concepire un’arte non più soltanto museale e assopita, si svolgerà alla Fondazione Ferrero di Alba, dal 27 ottobre 2018 al 25 febbraio 2019.
In una decina di sezioni s’inseguono, in una sorta di corridoio-fantasma dell’immaginario fantastico d’avanguardia, opere di grandissimo livello ed impatto. I lavori dialogano tra loro, in sintonia o contrappunto, e seguono una progressione prevalentemente tematica con attenzione alla diacronia degli eventi. Rispecchiando alcune problematiche e alcuni temi che concorrono a distinguere la poetica nichilista del Dadaismo da quella più propositiva del Surrealismo: il caso, il brutto estetico, il sogno, l’inconscio, il rapporto con l’antico, il legame tra arte e ideologia.

 

Dadaismo e surrealismoPer chi ama l’arte e predilige le sorprese raffinate, il museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam è una perla di museo collezionistico che affianca disegni di Dürer, stampe di Goya, raccolte di vetri preziosi e oggetti di design a rare opere italiane, gotiche, rinascimentali, settecentesche: da Beato Angelico a Jacopo del Sellaio, da Butinone a Francia, da Veronese e Tiziano, a Guardi e Piranesi. Ma anche maestri fiamminghi del valore di Van Eyck o Rembrandt, Bosch e Brueghel, Rubens e Van Dyck, la scuola dell’Aja, con Van Gogh e Toorop, e poi francesi, da Fragonard e Boucher a Monet, Degas, Cézanne, e ancora Picasso, Mondrian e Rothko, senza contare i contemporanei, da Nauman a Cattelan.
Assai importante la collezione di artisti dell’area delle avanguardie storiche, non soltanto cubisti e costruttivisti olandesi, ma soprattutto dadaisti e surrealisti, molti provenienti dalla selettiva collezione di Edward James (1907-1984), stravagante mecenate-collezionista, poeta e viaggiatore, che si divise tra la passione di Magritte e Dalí, diventando di quest’ultimo eccentrico mercante. Ad Alba vedremo La reproduction interdite (1937), suo celebre ritratto sdoppiato allo specchio, firmato da René Magritte, che si augurava potesse diventare suo mercante cosmopolita.
Sono molti, dunque, i capolavori che, avendo avuto finora una circolazione limitatissima, varcano oggi le frontiere e si danno appuntamento alla Fondazione Ferrero. A differenza delle precedenti rassegne della Fondazione Ferrero, questa mostra non si avvale soltanto di opere scenografiche come il trittico di grandi dimensioni (Paesaggio con fanciulla che salta la corda, 1936), o la bocca-divano di Mae West (conosciuta anche in repliche di design, ma qui presente in un singolare originale vintage d’epoca) di Salvador Dalí, o ancora le inquietanti ma suggestive tele misteriose di Magritte, ma anche di documenti rarissimi, provenienti dai caveaux insondati della biblioteca del Museo. Per accompagnare il percorso della mostra, con discrezione, eppure con una forza dirompente, utile a spiegare alcuni esiti estetici dei vari movimenti e dei sotto-gruppi, sottilmente in conflitto tra loro. Breton, come è noto, è stato l’inflessibile Pontefice autoritario del movimento surrealista, che a varie epoche, ha scomunicato i suoi pupilli e colleghi, da De Chirico a Cocteau, da Bataille ad Aragon, da Dalí a Queneau. Molti dei documenti provengono dalla sua stessa biblioteca, andata clamorosamente all’asta qualche anno fa. Talvolta ancora con le buste di invio, dediche o sottolineature d’autore. Fotografie, dunque, calendari, cartoline, volumi illustrati, riviste storiche con copertine di grande impatto grafico, firmate da artisti come Duchamp, Masson, Picasso, Ernst, ad esempio per l’originalissima rivista “Minotaure”.

Dadaismo e surrealismo

Dopo un tunnel introduttivo che accoglie e protegge i visitatori all’entrata (e che deve simulare una sorta di viaggio dentro il corpo umano e i meandri dell’inconscio, ma essere anche, non soltanto per i bambini, un treno-fantasma, in uno di quei luna park così cari agli artisti d’avanguardia, con luci, pubblicità, affiches, graffiti e fotografie di ricercati dalla giustizia, opera di Duchamp), ecco le opere dadaiste, che aprono la mostra. Sono quelle di Man Ray, fotografo alla moda e di moda, che spesso collabora a due mani con Duchamp. Collages astratti di Schwitters e sculture di Arp, oppure teleri bislacchi e provocatori del dandy spagnolo pariginizzato Picabia. Tele dai titoli spiazzanti come Vieni con me laggiù, Egoismo o Radio concerts. Che non sono belle in sé o ruffiane, come altre opere classiche e persino delle avanguardie, ma son giochi sfrontati con l’immaginario, esercizi di non-pittura e di anti-arte, e quindi in questo senso non vanno spiegate, ma vanno inquadrate in un contesto di rifiuto, sovversione e anarchia. Perché non si può dimenticare che Dadaismo e Surrealismo, pur diversi nei loro assunti, hanno matrici e influenze comuni, che vanno dalle idee politiche di Sade e Marx, a poeti come Rimbaud, Mallarmé, Poe, e il folle antagonista di Proust, Raymond Roussel, dandy, omosessuale, drogato anche di medicine, che muore, forse suicida, a Palermo, come evocato da un bel racconto-indagine di Leonardo Sciascia. Convinto di poter diventare famoso almeno quanto Verne, scrivendo folli pièces teatrali in rime arzigogolatissime, e romanzi-rebus, dalle chiavi cifrate, amatissimo da Perec e dal Nouveau Roman, da Duchamp e Giulio Paolini.
In mostra disegni preparatori e una tela spettacolare di Dalí, ispirata al libro di Roussel Nuove impressioni d’Africa. Altra opera assai significativa è invece il ritratto immaginario di Lautréamont di Man Ray. Immaginario, perché l’autore ottocentesco degli Chants de Maldoror, illustrati sia da Dalí che da Magritte, è un personaggio misterioso, che non si sa se sia nato a Montevideo, con il nome nobiliare di Isidore Ducasse, se sia realmente esistito, se non si tratti di un autore più celebre, sotto mentite spoglie. Infatti, sotto un mollettone da stiro (impacchettato come se fosse già un’opera di Christo), telone da inaugurazione di monumento, che non permette di capire quale personaggio sia omaggiato al di sotto, Man Ray ha occultato in realtà una macchina da cucire Singer.

Mentre di Marcel Duchamp, grazie ai prestiti del Boijmans, c’è la possibilità assai rara di poter esporre insieme tre diverse Boîtes (La boîte verte, La boîte-en-valise, À l’infinitif) in cui a partire dagli anni Trenta Duchamp, che ha smesso di fare l’artista, ed è apparentemente diventato soltanto scacchista, rinchiude scandalosamente tutta la propria opera omnia, con l’intenzione polemica e sarcastica di distruggere l’idea dell’artista genio, sostituendo alla sede pomposa del Museo una semplice valigetta, pronta a seguire il suo nomadismo costituzionale e la sua caustica ironia corrosiva.
Nella sezione della mostra che si riferisce al Sogno c’è una sorta di ripartenza, dopo l’azzeramento e il rifiuto radicale dell’arte da parte dei dadaisti. Per questo la parola Sogno (che soprattutto con Dalí diventa anche incubo, privato e storico, dal momento che l’artista spagnolo, a differenza di Picasso e degli altri personaggi legati al partito e all’ideologia comunista, è assai compromesso con la dittatura franchista) significa libertà, levità aerea, ma anche introspezione e penetrazione nell’inconscio. Tutto questo si riflette nei quadri subacquei di Tanguy, nelle invenzioni visionarie di Brauner, nelle bambole sadomasochiste di Bellmer, nelle fotografie di Claude Cahun, nelle scatole delle ombre d’un poeta-artigiano liricissimo, come Joseph Cornell.

“Dal nulla al sogno. Dada e Surrealismo dalla Collezione del Museo Boijmans Van Beuningen” – dal 27 ottobre al 25 febbraio 2019

Fondazione Ferrero, Alba (Cn)

Orari:  dalle 15 alle 19 – sabato e festivi: dalle 10 alle 19. Chiuso il martedì

Ingresso gratuito

Informazioni: tel. 0173/295094

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