Correggio e l’Ottocento in mostra a Parma

Pubblicato il 16 Maggio 2021 in , da redazione grey-panthers
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“L’Ottocento e il mito di Correggio” (Parma, fino al 30 maggio) è innanzitutto un omaggio a due figure per molti versi fondamentali della storia parmense: Maria Luigia d’Asburgo, Duchessa di Parma, e l’incisore Paolo Toschi. Vuole anche essere una soluzione virtuosa di un problema allestitivo di lunghissima data con cui si sono confrontati tutti i direttori dell’ex Galleria Nazionale. La Rocchetta, teatro di questa “mostra permanente”, infatti è uno spazio cruciale dal punto di vista storico ma di difficile musealizzazione. Vi si trovano le pale del Correggio in un allestimento ottocentesco storicizzato e quindi inamovibile. Esse sono alla fine del percorso, però, cronologicamente decontestualizzate dalla produzione coeva e vengono dopo le opere del Settecento, esposte negli antichi saloni dell’Accademia.

Esiste da sempre un problema sul come giustificare tale collocazione che questo allestimento finalmente ha risolto: il Correggio di questi spazi, in effetti, non è un Correggio pienamente rinascimentale, ma reinventato dal XIX secolo, a uso dei copisti dell’Accademia. Tirato giù dagli altari delle chiese in cui si trovava, è un maestro ormai borghese che il visitatore trova allestito ad altezza d’occhio per un dialogo a tu per tu. Per spiegare il senso di questo stravolgimento culturale, è stato perciò creato un percorso ricomprensivo, tipico di un museo contemporaneo cui è al contempo richiesta la narrazione della storia dell’arte e di quella delle collezioni. Con “L’Ottocento e il mito di Correggio”, quindi, il visitatore troverà chiarito il senso della rimozione delle opere dagli edifici sacri da cui provengono e – grazie alla esposizione per la prima volta al pubblico della pittura ottocentesca della Pilotta – il contesto artistico di questa reinvenzione.

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Callegari, Raimondi e Toschi, “Vergine Assunta in gloria con particolare della balaustra e Apostoli” – 1840

Intorno ai quattro capolavori del Correggio – La Madonna con la scodella e la Madonna di San Gerolamo più le due tele provenienti dalla Cappella del Bono – che con il Secondo Trattato di Parigi nel 1815 vennero restituiti a Parma dal Louvre dove erano confluiti per effetto delle requisizioni napoleoniche del 1796, la mostra presenta anche il meglio della produzione ottocentesca del Ducato, nell’epoca in cui questo Correggio “secolarizzato” diventa l’eroe della pittura nazionale parmigiana. Andando alle date, nel 1816 il Palazzo della Pilotta rappresentò un rifugio adatto per accogliere il patrimonio d’arte che doveva essere ricomposto e valorizzato; con il progetto di Pietro De Lama le opere del Correggio trovarono un primo allestimento negli spazi adiacenti al Teatro Farnese, dove era ospitata in passato la biblioteca farnesiana. Tra il 1821 e il 1829, sulla base di un progetto curato da Paolo Toschi, direttore dell’Accademia di Belle Arti e dall’architetto Nicolò Bettoli, furono realizzati i tre saloni conclusi oggi dalla statua del Canova dedicata a Maria Luigia, con un allestimento di derivazione neoclassica. Del marzo 1835, negli spazi della Rocchetta adiacenti ai saloni, è il progetto di un ulteriore allestimento ideato da Nicolò Bettoli e Paolo Toschi che, con l’esposizione nelle salette intime e raccolte della Rocchetta delle opere del Correggio le affidano il ruolo di sancta sanctorum della quadreria luigina, valorizzandole in misura maggiore. Dai Saloni alla Rocchetta, l’allestimento illuminista divenne d’un tratto romantico, documento unico di un passaggio così nodale nella storia della museologia italiana.

I lavori di ampliamento e rifacimento delle stanze terminano circa venti anni dopo, nel 1855, subendo diverse interruzioni; l’esito di tale intervento purtroppo non fu mai visto dai suoi progettisti, che morirono nel 1854. Ad unire il grande maestro rinascimentale e i capolavori ottocenteschi è Paolo Toschi, incisore raffinato, architetto e direttore dell’Accademia delle Belle Arti, fondata nel 1757 dal duca Filippo di Borbone, poi fortemente sostenuta dalla Duchessa. Toschi volle che le due pale e le due tele diventassero strumento di esercizio per gli allievi della sua Accademia. Alcune di esse vennero quindi poste su strutture che le rendessero orientabili per favorirne l’illuminazione, ovvero la visione con ogni luce. Toschi, poi, con il suo ambizioso progetto di riprodurre ad acquerello, e poi di divulgare attraverso incisioni, i Freschi del Correggio, contribuì alla fama del maestro e della città, con la diffusione dell’opera dell’artista in tutta Europa. Lo studio e l’esecuzione degli acquarelli richiese cinque anni di lavoro, dal 1839 al 1843. Suoi sono gli acquerelli che riproducono gli affreschi del Duomo e di San Giovanni che si ammirano in mostra tra le due pale, alcuni inviati alla Grande Esposizione di Londra del 1855 a rappresentare l’arte del Ducato. Molte delle sue opere e dei suoi allievi sono perciò esposte in queste sale in contrappunto con gli originali rinascimentali, restituendo al visitatore il senso di una reinvenzione culturale e artistica di primaria importanza non solo per la museologia, ma anche per la storiografia dell’arte italiana.

Per precisa scelta strategica del Direttore Simone Verde, questa mostra, dopo il periodo espositivo si trasformerà in sezione definitiva della grande pinacoteca della Nuova Pilotta. Alle pareti resteranno le opere con i relativi pannelli espositivi, mentre l’ampio corredo documentario di approfondimento e confronto proposto dalla mostra temporanea resterà documentato dal catalogo dell’esposizione.

“L’Ottocento e il mito di Correggio” – fino al 30 Maggio 2021

Parma, La nuova Pilotta

Per informazioni, orari e pronotazioni: https://complessopilotta.it

 

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Francesco Scaramuzza, “Il Correggio appare a Paolo Toschi,” s.d.