“Whiskey Tango Foxtrot”, di Glenn Ficarra e John Requa

Pubblicato il 15 Maggio 2016 in , , da Auro Bernardi

Whiskey Tango Foxtrot

Regia Glenn Ficarra e John Requa  sceneggiatura Robert Carlock cast Tina Fey (Kimberly Kim Barker) Margot Robbie (Tanya Vanderpoel) Martin Freeman (Ian McKelpie) Alfred Molina (Alì Massoud Sadiq) Billy Bob Thornton (Gen. Hollanek) Josh Charles (Chris) genere guerra durata 112′

anglo_2000x1025_tinafey2L’America, si sa, è la patria del giornalismo d’assalto, degli inviati di guerra nelle aree calde del mondo al seguito delle truppe stelle-e-strisce. Di questi tempi simili reporter si muovono principalmente tra Afghanistan e Iraq e, puntuale, questo film ne celebra le gesta. Kim Baker è una giornalista che in gergo si chiama (con licenza) “culo di pietra”, metafora per indicare chi lavora al desk (scrivania) ossia dentro una redazione. Mezza età, un fidanzato storico che le cura le piante di casa e l’improvvisa constatazione che quel monotono tran tran non sia il massimo della vita. Da qui all’accettare di essere spedita a Kabul il passo è breve. E così, neofita desiderosa di imparare presto e bene, si butta nella mischia. Non senza sbagliare grosso, ma anche mettendo a segno notevoli scoop che le valgono progressi di carriera e, non meno importanti, stima e considerazione di colleghi e veterani. Nel mondo a parte che si chiama Afghanistan, Kim trova anche un nuovo amore, ma capisce che, a volte, il carrierismo non guarda in faccia neppure ai morti ammazzati. Una bella lezione di vita, insomma, prima che una crescita professionale. Da gestire al meglio dopo il ritorno a casa.

wtffeyabbottIl film (ritmo, ironia e dramma mescolati a dovere) cattura fin dalle prime immagini. Con una storia del tutto prevedibile eppure frizzante, con una buona dose di humour. Segno che sulla guerra si può anche sorridere. Per altro verso, Ficarra e Requa non sono Robert Altman e il loro film non è M.a.s.h. (1970). In ogni caso al pubblico italiano il loro lavoro può essere utile per capire come mai il nostro paese sia al 77° posto nella graduatoria mondiale della libertà di stampa (dopo Nicaragua e Moldavia). Non solo per i giornalisti sotto scorta minacciati dalle mafie, ma forse anche per i pregiudicati per diffamazione a mezzo stampa che vanno ogni sera in tv a pontificare nei talk show.