A ventisei anni Jane Fonda conosce il regista Roger Vadim a Parigi: nel 1965 si sposano e hanno una figlia. Jane, pur vivendo in Francia, torna più volte a lavorare in America accettando ruoli importanti, spesso diretta dal marito. Ma la loro storia d’amore non sarà per sempre…
“Maxim ha mantenuto la tradizione delle cene danzanti. Stavo cenando con Annette, che conoscevo da poco, e parecchi amici, quando notai Christina Marquand seduto a un tavolo con una giovane donna, al lato opposto della pista da ballo. Ė la figlia di Henry Fonda, mi disse uno dei miei amici. Jane aveva diciotto anni. La trovai graziosa, ma non l’avrei mai notata se non fosse stata in compagnia di Christian. Egli si alzò e le chiese un ballo. Lei portava un abito sobrio, quasi senza scollatura, stretto sulla vita e lungo fino ai polpacci. La sua acconciatura, anch’essa molto sobria, mi ricordava le ragazze di buona famiglia che si vedono nei film americani. Il contrasto con le sofisticate piccoli parigine facevano bene alla vista”.
Così racconta Roger Vadim nel suo libro “Bardot Deneuve Fonda – Tre donne tre incontri tre amori”- Rizzoli editore (1986), il suo incontro con Jane Fonda, la sua terza moglie. Tre anni dopo l’attrice americana insofferente e in qualche misura soffocata dal mondo hollywoodiano nel quale era cresciuta, decide di partire per la Francia alla ricerca di nuove esperienze cinematografiche, accettando di fare un film di René Clément intitolato “Crisantemi per un delitto”, al fianco di Alain Delon.
In apertura: Jane Fonda e Roger Vadim, mentre giocano con il loro cane nella loro villa sull’Appia Antica, fuori Roma, il 24 aprile 1967 (AP Photo/GB)
Jane Fonda, la diva dalle molte vite
“Sono nata il 21 dicembre 1937, il giorno più corto dell’anno, a New York” dice Jane Fonda, figlia del leggendario Henry e di Frances Seymour Brokaw, una donna appartenente agli ambienti mondani della metropoli. Personalità brillante ed estroversa, l’attrice ha attraversato gli ultimi settant’anni del cinema americano lasciando una sua originale impronta che lei stessa racconterà nell’autobiografia “Jane Fonda la mia vita finora” (Mondadori).
Cresciuta in una famiglia agiata, giovanissima si guadagna da vivere come modella e studia pittura, pianoforte e recitazione con Lee Strasberg, cercando di non sfruttare il suo cognome prestigioso. A ventisei anni conosce il regista Roger Vadim a Parigi che sposerà e da cui avrà una figlia. Jane, pur vivendo in Francia, torna più volte a lavorare in America accettando parti importanti in film quali “Cat Ballou” (1965), “La caccia” (1966), “E venne la notte” e “A piedi nudi nel parco” (1967), quest’ultimo tratto da una commedia di Neil Simon al fianco dell’amico Robert Redford.
La sua carriera cinematografica va a gonfie vele. Nel ’70 è sul set di “Non si uccidono così anche i cavalli?” diretto da Sidney Pollack, film ambientato durante la Grande Depressione del 1932, e nel ’71 è agli ordini di Alan Pakula nei panni di una prostituta di classe in “Una squillo per l’Ispettore Klute”, ruolo per il quale vince l’Oscar quale migliore attrice protagonista. Sono gli anni caldi della ‘sporca guerra del Vietnam’, molto contestata da buona parte dell’opinione pubblica americana. Fonda per protesta nel ’72 vola ad Hanoi, dove si fa fotografare seduta su di una batteria antiaerea (per questo sarà soprannominata Hanoi Jane). Un vero e proprio scandalo!
Nello stesso anno è nuovamente in Francia per “Crepa padrone, tutto va bene”, una riflessione sulla lotta di classe nella società contemporanea firmato da Jean-Luc Godard. Nel ’73 divorzia da Roger Vadim dopo essere ritornata definitivamente negli Usa, dove è protagonista di “Giulia” (1977) diretto da Fred Zinnemann, dal romanzo autobiografico di Lillian Hellman, “Tornando a casa” del ’78 di Hal Ashby, dedicato al dramma dei reduci dal Vietnam e “Il cavaliere elettrico” (1979) di Sidney Pollack, ancora con Robert Redford, un western moderno a sfondo ecologico contro il consumismo, l’affarismo e la stampa servile. Negli anni Ottanta Fonda cambia pelle e si dedica con passione alla ginnastica aerobica lanciando libri e video cassette in giro per il mondo al fine di diffondere la salute del corpo. Il suo Jane Fonda’s Workout, un programma di allenamento fisico, è molto popolare soprattutto tra le donne americane.
La diva attraversa, però, come confessa nel suo libro, anche periodi bui, condizionati da bulimia e disordini alimentari. Riconciliatasi con suo padre Henry ormai gravemente malato – con il quale aveva rotto i rapporti per diverso tempo -, nel ’81 recita con lui e Katharine Hepburn in “Sul lago dorato” di Mark Rydell. Nel ’90, dopo il divorzio anche da Tom Hayden, sposa il fondatore della CNN Ted Turner, un legame che durerà fino al 2001. Instancabile, alternando cinema, televisione e teatro, non cessa di dedicarsi ad attività sociali aprendo un campeggio per ragazzi bisognosi e impegnandosi nella campagna a favore della diffusione dell’uso dei profilattici tra i giovani.
Nel settembre 2017 insieme a Robert Redford è premiata alla Mostra del Cinema di Venezia con il Leone d’oro alla carriera. Il quarto film girato insieme all’amico Bob, intitolato “Le nostre anime di notte”, è una pellicola che commuove il pubblico veneziano. Jane Fonda, la diva dalle molte vite, nel 2018 torna alla commedia con il film “Tutto può succedere” diretto da Bill Holderman, al fianco delle amiche Diane Keaton, Candice Bergen e Mary Steenburgen.
Roger Vadim, il playboy che amava il cinema e le dive
Nato a Parigi il 26 gennaio 1928, da madre francese e padre di origine ucraina, inizia la sua carriera artistica a soli 16 anni come attore di teatro, ma nel 1947 è assunto come assistente alla regia di Marc Allégret oltre a essere attivo anche come sceneggiatore, produttore e giornalista. Ben presto il vulcanico Vadim scopre l’affascinante Brigitte Bardot che farà sognare un’intera generazione di maschi turbati dalla sua avvenenza. Nel dicembre 1952 i due si sposano e nelle sue memorie BB racconterà come “Mi sbarazzai di quella ingombrante verginità per tappe successive…”. Nel ’56 suo marito la dirige in un film che ha fatto epoca, “Et Dieu créa la femme” (in italiano “Piace a troppi”, uscito però nelle sale italiane con diversi tagli imposti dalla censura). Dopo averla lanciata nel firmamento cinematografico come una vera e proprio bomba sexy, Vadim divorzia dalla giovane moglie quattro anni dopo.
Il regista francese è però abile nel impostare la sua carriera. “La fortuna e la capacità di autopromozione di Vadim – scrive Alberto Farassino su La Repubblica 12 febbraio 2000 in occasione della sua scomparsa – piacciono ai giovani critici-cineasti francesi, anzi sembrano un tratto integrante della sua modernità, assieme al suo stile secco, alle sue inquadrature lucide da rotocalco. Ma lui interpreta il suo essere moderno soprattutto come eclettismo e volubilità: per il suo secondo film, ‘Un colpo da due miliardi’, rinuncia alla sua vedette, salvo pentirsene subito e riprenderla in ‘Gli amanti del chiaro di luna’, che tuttavia è un dramma in costume assai lontano dalla Nouvelle Vague, che comincia a prendere le distanze da lui e presto lo accusa di alto tradimento. Forse Vadim non è quel talento istintivo del cinema moderno che era sembrato. Certo è uno che si stanca presto: lascia BB a proseguire la sua carriera di jet-sex-symbol e sposa una giovane non meno attraente che si chiama Annette Stroyberg e che fa debuttare davanti alla macchina da presa col suo cognome nel 1960 in ‘Relazioni pericolose’. I suoi film futuri saranno spesso ambientati in castelli vagamente settecenteschi e vagamente sadiani, fra libertini, damigelle, biancheria intima ricamata: il mondo dell’erotismo kitsch e manieristico, molto diverso da quello naturale e solare rappresentato da Bardot, che non si dimentica di lui quando deve interpretare se stessa in ‘A briglia sciolta’ e chiede di essere diretta dal suo ex marito, cosa che avverrà anche nel successivo ‘Il riposo del guerriero’”.
Il frenetico regista gira poi “Il vizio e la virtù”, con cui lancia la sua nuova fiamma, la bellissima Catherine Deneuve che gli darà un figlio. Il suo percorso artistico però comincia a questo punto a risultare fin troppo scoperto. Gira “Il castello in Svezia”, tratto da un libro di Françoise Sagan e “Il piacere e l’amore”, una sorta di rifacimento del classico “La ronde di Ophüls”, con protagonista Jane Fonda appena arrivata dall’America che diventerà poi la sua quarta moglie nel ’65 e che gli darà una figlia (Vanessa nata il 28 settembre 1968). Roger dirigerà Jane in altri tre film.
Nel ’75 nuovo matrimonio per Roger con l’attrice Catherine Schneider, e un nuovo figlio e un nuovo divorzio due anni dopo mentre la sua carriera dietro la macchina da presa sembra annasparsi. Nel 1972 firma “Una donna come me”, ripescando come protagonista l’ex moglie Brigitte Bardot. Nel ’74 si trasferisce a Hollywood per girare “Una vita bruciata”, con cui vorrebbe lanciare la sua nuova fiamma Sirpa Lane (operazione non riuscita). Due anni dopo è la volta di “Una femmine infedele” con Sylvia Kristel ma per Roger Vadim è ormai arrivato il capolinea. “E alla fine torna un po’ pateticamente – scrive ancora Farassino – e nostalgicamente a filmare quello che conosceva: nel 1983 con ‘Surprise party’, ambientato alla fine degli anni ‘50 fra liceali in vacanza e nel 1987 con un pseudo-remake di ‘E Dio creò la donna’, che è un modo per far parlare ancora una volta di sé. E per chiudere esemplarmente il girotondo di una carriera e di una vita”.
Roberg Vadim muore a 72 anni a Parigi l’11 febbraio 2000 assistito dall’ultima moglie, Marie-Christine Barrault, attrice e figlia del grande attore Jean-Louis Barrault e di Madeleine Renaud. Il giorno del suo funerale tutta la ‘tribù’ di Vadim si riunisce per dargli l’ultimo saluto. “Tenendoci sottobraccio – scrive Jane Fonda nella sua autobiografia –seguimmo con solennità il suo feretro nelle strette viuzze color ocra della vecchia Saint-Tropez, Brigitte Bardot, Anne Stroyberg, Catherine Schneider, Marie-Christine Barrault e io. Di tutte le mogli e compagne di Vadim, mancavano solo Catherine Deneuve e Ann Biderman. Nostra figlia, la trentunenne Vanessa Vadim, con il figlioletto Malcolm in braccio e il fratellastro Vania (figlio di Vadim e Catherine Schneider) erano proprio davanti a noi. Le strade erano fiancheggiate da file e file di ammiratori, vecchi amici e spettatori che erano venuti a rendergli omaggio… All’uscita dalla chiesa, fummo sorpresi da tre violinisti russi in costume, che si misero a suonare una sentimentale musica slava disponendosi ordinatamente dietro la bara. Era stata un’idea di Brigitte, che aveva organizzato la cosa senza dire niente a nessuno. Mi parve bellissimo che quel giorno, in quella forma, si desse riconoscimento all’anima russa di Vadim. Andando verso il cimitero spezzammo dei ramoscelli di mimosa e, sfilando davanti alla bara per dargli l’ultimo saluto, ve li deponemmo”.
Vadim e Fonda, una coppia intellettuale nella vita e sul set
L’incontro tra il regista francese e la giovane promessa del cinema Usa mette a confronto due mondi molto diversi. Lui la introduce nel mondo culturale e politico parigino: “Essendo cresciuta con il sistema bipartitico americano, rimasi sbalordita – scrive Jane Fonda – quando scoprii quanti fossero i partiti politici francesi, alcuni grandi e forti, altri piccoli, alcuni nati come risposta a una particolare crisi e poi scomparsi e mutati in qualche nuovo partito. Il PCF era uno dei sette partiti politici legalmente rappresentati nel parlamento francese. Ricordo di aver letto da qualche parte che, all’epoca in cui abitavo in Francia, negli anni Cinquanta e Sessanta quasi il quaranta per cento dei francesi votava comunista. I comunisti facevano semplicemente parte della complessa scena francese e non sembravano particolarmente minacciosi. Allora non ero politicamente attiva né ero interessata in modo specifico alla teoria o all’ideologia (e continuo a non esserlo), e nessuno suggerì che dovessi esserlo; nessuno faceva proselitismo”. Fonda, che ogni giorno scopre cose nuove nel nuovo mondo europeo così diverso da quello americano, chiede a Roger di poter conoscere la Russia che in quel momento, ai tempi di Krusciov, era al centro del processo di destalinizzazione.
“La prima sorpresa per Jane – ricorda il regista francese nel suo libro “Bardot Deneuve Fonda.Tre donne tre incontri tre amori” – che alla dogana dell’aeroporto di Mosca le formalità venivano sbrigate dieci volte più in fretta che, a New York o a Los Angeles… Jane si era aspettata di vedere un popolo oppresso, terrorizzato dalla polizia segreta e ansiosi di liberarsi del regime comunista. Questo era vero per una piccola parte della popolazione ma non per il russo medio. Ciò che alla fine la sorprese di più fu la serenità con cui le massaie russe, chiamate baba, facevano la coda per tre ore per comprare poche cose, e le felici serate che passammo con delle famiglie in appartamenti piuttosto sovraffollati. Fu anche indubbiamente colpita dalla vasta cultura degli studenti in cui ci imbattemmo. Quelli che incontravamo parlavano correntemente il francese o l’inglese e conoscevano la storia degli Stati Uniti e la letteratura americana meglio di quanto le conoscesse Jane”.
Anche la vita sentimentale della coppia è piena di sorprese. “Vadim aborriva la gelosia – racconta Jane Fonda – che considerava meschina, borghese, indegna di lui e della persona con cui stava. Quando il nostro matrimonio (celebrato il 14 agosto 1965 a Las Vegas con pochissimi invitati, Christian Marquand e Tina Aumont, Peter Fonda, Dennis Hopper e Oriana Fallaci) cominciò a vacillare, mi augurai spesso che si battesse con più determinazione per salvarlo; che dimostrasse maggior interesse, perfino gelosia. Invece diventò quasi passivo, come se sapesse che la fine era destinata da tempo, un atteggiamento che io interpretai come disinteresse”.
Una notte Vadim si presenta a casa sua con una bellissima donna dai capelli rossi portandola senza problemi nel letto matrimoniale con Jane. É l’inizio di un periodo erotico-sentimentale turbolento. “A volte eravamo in tre – confessa la diva americana –a volte di più. A volta ero addirittura io che adescavo. Ero talmente esperta nel nascondere i miei sentimenti e nel dividermi in compartimenti che arrivai a convincermi che mi piaceva”.
I film francesi della coppia Vadim-Fonda
Jane Fonda è determinata a entrare pienamente nel modo di vivere e di pensare della sua nuova patria. Visita musei, prende lezioni di francese e su consiglio di Vadim legge testi fondamentali per conoscere a fondo la cultura europea. Nel 1964 Vadim la inserisce nel cast del suo film “Il piacere e l’amore” e la spinge soprattutto a cercare una cosa che le manca davanti alla macchina da presa, la spontaneità.
Nel 1967 è la volta di “Barbarella”, pellicola tratta da un fumetto del 1962 creato da Jean-Claude Forest, inizialmente pensato per Brigitte Bardot, ma poi interpretato da Jane Fonda che diviene sul grande schermo una eroica sexy intergalattica del XV secolo. La lavorazione è però travagliata dal comportamento del regista, che spesso eccede con l’alcol e il film ha un ritmo molto lento secondo gli standard dell’epoca. “Tuttavia gli effetti speciali – ricorda la diva americana – un po’ alla buona e l’umorismo strampalato gli danno senz’altro un fascino unico. La critica cinematografica del ‘New Yorker’ Pauline Kael scrisse a proposito della mia interpretazione: ‘La sua innocenza da brava ragazza americana fa di lei un’eroina meravigliosamente adatta a una commedia pornografica. È deliziosamente e scherzosamente conscia della volgarità di ciò che sta facendo, e quel suo innocente senso di indecenza, di essere una signora macchiata nell’onore, le impedisce di essere niente più che l’ennesima attrice nuda”.
Ma i panni della sex symbol del cinema cominciano ad andare stretti a Fonda, che è in sintonia anche con quella parte di Hollywood che sta rapidamente cambiando. L’attrice sente dentro di sé la voglia di interpretare nuovi personaggi, nuovi ruoli più vicini alle lotte politiche e sindacali, all’affermazione dei diritti civili di una buona parte della popolazione statunitense (a cominciare dagli afroamericani), in un momento nel quale l’America è travolta dalla guerra in Vietnam nella quale muoiono molte giovani vite innocenti. Nel 1968 Jane, nel film di 3 episodi “Tre passi nel delirio”, liberamente ispirato ai racconti di Edgar Allan Poe, è diretta da Federico Fellini, Louis Malle e dal marito Roger Vadim. Nell’episodio “Metzengerstein” Jane Fonda interpreta la Contessa Frederica de Metzengerstein che provoca un incendio nel quale muore il cugino che l’ha respinta. Ma il destino saprà ripagarla del suo pessimo comportamento.
Ben presto la coppia si rende conto che la loro unione è ormai giunta la capolinea. Con Vanessa che ha solo un anno di vita, Jane torna in America per girare un film che diventerà epico: “Non si uccidono così anche i cavalli?” diretto da Sydney Pollack. La recensione dell’implacabile Pauline Kael è positiva: “In anni recenti Jane Fonda è stata una seducente e spiritosa bellezza senza veli e adesso le si presenta l’occasione di dare vita a un personaggio archetipico… Fonda lo fa senza risparmiarsi, come le attrici del cinema fanno di rado una volta che sono diventate delle star… Jane Fonda ha ottime probabilità di impersonare le tensioni americane e di dominare il nostro cinema degli anni Settanta”.
Il ritorno a casa di Jane è anche una svolta della sua vita. “Non mi ci volle molto a capire che l’America dove ero tornata era un Paese nuovo, diverso dal luogo che avevo lasciato, così come lo ero io della persona che ci aveva abitato un tempo. Così finisce la storia tra l’irrequieto artista cosmopolita e la new woman di un’America in continua evoluzione, una storia d’amore stravagante…