Al cinema “Euforia” di Valeria Golino

Pubblicato il 25 Ottobre 2018 in , , da redazione grey-panthers
Euforia

sceneggiatura Francesca Marciano, Valia Santella, Valeria Golino, Walter Siti (collab.) cast Riccardo Scamarcio (Matteo Barbieri) Valerio Mastandrea (Ettore Barbieri) Isabella Ferrari (Michela) Valentina Cervi (Tatiana) Andrea Germani (Luca Barbieri) Jasmine Trinca (Elena) Marzia Ubaldi (signora Barbieri) Iaia Forte (commessa) genere drammatico prod Italia, 2018 durata 115 min.

 

Due fratelli che più diversi non si può. Ettore, il maggiore, mezza età, segno zodiacale Ariete, introverso fino alla cupezza, è un professore di liceo. Vive al paesello, ha un figlio da una donna da cui è separato e una nuova compagna molto più giovane. Matteo, il minore, comunque stagionatino, segno zodiacale Scorpione, è un brillante imprenditore con casa da urlo nel centro storico di Roma, clienti negli Emirati, in Giappone e, soprattutto, in Vaticano ed è omosessuale dalle relazioni compulsive. Un caso del destino, sotto forma di infausto referto medico, li rimette insieme forse per l’ultima volta nella casa di Matteo. Confronto-scontro inevitabile con corollario di altrettanto inevitabile catarsi finale. Siamo dalle parti di Mia madre (2015) di Nanni Moretti, al punto che il titolo più azzeccato, al posto dell’inesplicabile Euforia, sarebbe stato Mio fratello. Affinità rimarcata dalla comune (ai due film) zampetta di Valia Santella in fase di sceneggiatura. Così come patenti e trasparenti sono i risvolti sitiani (nel senso di Walter) Euforianelle parti non secondarie né brevi che trattano l’omosessualità di Matteo con corollario di lombrosiani personaggi anfibi (nel senso letterale: dalle due nature). Lampante anche il nucleo della vicenda: il tentativo, peraltro frustrato, da parte del minore, più ricco e in salute Matteo di proteggere il fratellone più da lui stesso e dai complicati intrichi familiari che dalla malattia. Nucleo riassunto magistralmente e con rara finezza psicologica da Ettore con la storica frase: «Ancora te devi fa’ perdona’ d’esse frocio?». Nonostante tutto e a parte alcuni episodi decisamente incomprensibili come la “trasferta” a Medjugorje, la Golino si destreggia bene tra banalità e guizzi d’ingegno con una materia non facile da plasmare e arrivando al traguardo in maniera dignitosa. Per quanto riguarda il cast, Scamarcio forse non si è ancora del tutto levato di dosso i panni Giampi-Tarantineschi del sorrentiniano Loro, sicché deborda e gigioneggia in modo un tantino eccessivo, complice il personaggio poco credibile e molto stereotipato del managerone tutto soldi-sesso&coca. Mastro-Andrea è credibile nel ruolo di un umile e tormentato intellettuale come un prete che parla di lingerie. Forse si crede Mastro-Ianni, ma le finezze psicologiche non sono pane per le sue zanne. Più adatte ai ruoli da duro di borgata. Il resto del cast all-star (de noantri) non sfigura e si concede persino il lusso di una Iaia Forte nella quasi comparsata di una commessa di profumeria. Abbondiamo!

 

E allora perché vederlo?

Perché non si riflette mai abbastanza sui risvolti psicologici di una malattia incurabile.