Al cinema con Dante

Pubblicato il 24 Agosto 2021 in , da Pierfranco Bianchetti

Nel 1935 il divo Spencer Tracy accetta di recitare agli ordini di Harry Lachman il suo film forse più complesso e difficile, Dante’s Inferno ispirato a una pellicola muta del 1924 (in Italia è uscito per pochi mesi con il titolo bizzarro La nave di Satana), che ha solo una relazione indiretta con il mondo dantesco. A metà degli anni Trenta il cinema americano si è servito della Divina commedia per affrontare due generi di grande popolarità: l’erotismo e l’horror. Harry Lachman, pittore, scenografo e regista (nel 1936 firmerà Allegri gemelli con la coppia Stanlio e Ollio), sceglie come protagonisti l’affascinante Claire Trevor e Spencer Tracy nei panni di Jim Carter, un ex-fuochista di navi costretto per sbarcare il lunario a lavorare al luna park dove fa da bersaglio alle palle scagliate dal pubblico. L’ex marinaio deciso a trovare il suo “posto al sole”, ha una intuizione: trasformare un baraccone gestito da un distinto e anziano signore di nome Pop McWade (Harry B. Walthall) e da sua figlia Betty (Claire Trevor) in una nuova struttura caratterizzata da gigantesche scenografie inerenti all’Inferno, con donnine nude, diavoli, grotte spaventose, fiamme finte, decorazioni demoniache e violenti botti capaci di spaventare e divertire gli spettatori. Il successo è immediato e numerosi uomini, donne e ragazzini eccitati, corrono anche più volte a vedere il luogo “maledetto”. Nel frattempo Jim e Betty si sposano con una curiosa cerimonia di fronte ai lavoratori del luna park, tra i quali il suonatore di organetto e la sua scimmietta vestita da damigella d’onore (la sequenza è ispirata al celebre film Freaks 1932 di Tod Browning ambientato nel mondo del circo).

Un giorno però un difetto di costruzione fa crollare il padiglione pieno di gente e il divertimento finisce in tragedia. Trascinato in tribunale, Jim riesce però a cavarsela e si mette all’opera per un nuovo progetto, quello di un grande transatlantico-casinò chiamato ovviamente Paradiso. Anche questa nuova impresa sembra dare i suoi frutti. Borghesi ricci e annoiati, affollano la nave e i dollari arrivano a fiumi, ma il destino è ancora in agguato. Una sera un violento incendio causato dall’imprudenza di un cliente ubriaco distrugge l’imbarcazione. Salvatosi per un pelo, il nostro intraprendente marinaio consolato da sua moglie tenterà di cambiare vita.

DanteLa pellicola, che si avvale delle scenografie del grande Willy Pogany (quello che ha realizzato la Mummia di Karl Freund) e della fotografia di Rudolph Maté, sfugge alle grinfie del famigerato Codice Hays, le guide morali per la realizzazione dei film in vigore a Hollywood, raccontandoci una tipica storia americana, il giovane squattrinato diventato presto milionario, ma annientato dal potere del dollaro. Strepitosa è la sequenza del vecchio McWade, una sorta di Virgilio in chiave moderna, sdraiato in un letto di ospedale che sogna uno spaventoso inferno popolato di corpi nudi, anime disperate avvolte da terribili fuochi, ragazze che spariscono dentro spaventose prigioni, fumi maleodoranti, diavoli incappucciati e crateri senza fine. Un vero incubo per lo spettatore dell’epoca non abituato alla visione dantesca dell’inferno. La nave di Satana (reperibile su Youtube in versione originale) presentata nel gennaio 1984 a Roma al cineclub Officina e poi a Milano, è un film ancora oggi da recuperare, soprattutto per i cinefili più appassionati, che tra le altre cose scopriranno tra le attrici Rita Cansino, nel ruolo di una ballerina dalla sensualità dirompente animatrice delle feste sulla nave, destinata a diventare nel giro di qualche anno la mitica Rita Hayworth.

L’opera somma di Dante ha però affascinato il cinematografo fino dai lontani tempi del muto.  Numerosi sono i film ispirati direttamente o indirettamente al poeta: nel 1907 viene realizzata Francesca da Rimini, una produzione americana per la regia di James Stuart Blackton e nel 1901 in Italia sarà Ugo Falena a firmare una nuova Francesca da Rimini interpretata dalla divina Francesca Bertini. Nel 1911 è la volta del colossal L’inferno di Francesco Bertolini, Giuseppe De Liguoro e Adolfo Padova, prodotto dalla Milano Films, che contiene tutti i trucchi possibili dell’epoca. Da non dimenticare Guelfi e Ghibellini (Monna Wanda dei Soldanieri), 1910 di Mario Caserini; Dante e Beatrice, 1913 per la regia di Dante Caserini; Maciste all’inferno, 1926 di Guido Brignone, con Bartolomeo Pagano nei panni di Maciste; Pia de’ Tolomei, 1941 di Esodo Pratelli. E ancora Il conte Ugolino, 1949 di Riccardo Freda; Paolo e Francesca, 1949 di Raffaello Matarazzo e Pia de’ Tolomei, 1958 di Sergio Grieco. Nel 1962 è Riccardo Freda a portare nuovamente sullo schermo Maciste all’inferno, mentre nel 1980 Bruno Pischiutta è l’autore della versione pop The Comoedia.

Dante
“Totò all’inferno”

Ancora il geniale regista inglese Peter Greenaway ha dedicato a Dante Alighieri una sua rivisitazione d’avanguardia intitolata A tv Dante: the Inferno (Cantos I-VIII), realizzata nel 1989 su commissione della tv britannica Channel 4, mentre il cileno Raul Ruiz nel 1991 è l’autore di un’opera filmica incentrata su altri sei canti di Dante.  Nel frattempo il nostro Pupi Avati sta approntando per il grande schermo Vita di Dante, film che ci racconterà tre diverse età del poeta.

Anche il grande Totò non ha saputo sottrarsi al genio dantesco interpretando nel 1955 Totò all’inferno (sempre reperibile su Youtube) di Camillo Mastrocinque, una pellicola dalle scenografie surreali e dalla battute demenziali. Antonio Marchi (Totò), un disoccupato deciso a farla finita con la vita, annega accidentalmente in un fiume e si ritrova all’inferno, dove è scambiato per Marc’Antonio. Qui incontra Cleopatra suscitando al gelosia del Diavolo. Fuggito dagli Inferi, l’uomo di nuovo sulla terra, deve affrontare una serie di disavventure (si ritrova  in un gruppo di esistenzialisti, sposa una ragazza siamese, si improvvisa rapinatore e tenta di farsi passare per pazzo).  Risvegliatosi all’improvviso Antonio scopre fortunatamente di aver sognato dopo essere svenuto per una caduta. Infine Pier Paolo Pasolini nel suo Uccellacci e uccellini, 1967, sempre interpretato da Totò, rende omaggio a Dante in una sequenza nella quale vediamo un pullman tappezzato di manifesti che annunciano il “Primo convegno dei dantisti dentisti”.

Nonostante le molte pellicole, la trasposizione dell’opera del sommo poeta al cinema è però ancora incompleta.  Lo scriveva il compianto Alberto Farassino nel commentare una bella rassegna dedicata a Dante e il cinema in programma nella città di Ravenna nell’ottobre 1995. “Mancano tutte le Divine Commedie non realizzate (quella che Alfredo Bini pre-produsse a lungo per Franco Zeffirelli, quella progettata da Dino Risi, quella che De Laurentiis tentò per anni di fa fare a Fellini) che in un certo senso rappresentano meglio di ogni film il vero rapporto fra il cinema e Dante: un miraggio, un sogno inafferrabile, e che pure continuamente si è cercato e si cercherà di realizzare”.

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“Il conte Ugolino” – Riccardo Freda