Un’Europa unita, progetto condiviso tra filosofi e letterati

Pubblicato il 9 Marzo 2019 in , , da Laura Bolgeri
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L’idea di un’Europa unita è stata a lungo nella storia solo il progetto di alcuni filosofi e letterati, spesso considerati visionari. Come ad esempio il grande scrittore Victor Hugo, poeta romantico e politico impegnato, che, ispirandosi a ideali pacifisti e umanitari, immaginava il profilarsi della nascita degli “Stati Uniti d’Europa”. Nel suo lungo discorso al Congresso internazionale di pace tenuto a Parigi nel 1849 a cui parteciparono deputati, funzionari, e uomini d’affari non solo francesi, ma anche inglesi e americani, Victor Hugo fu certamente uno dei primi ad usare il termine “Stati Uniti d’Europa”. In quell’occasione proclamò: “Verrà il giorno in cui Francia, Italia, Inghilterra, Germania o non importa quale altra Nazione del nostro continente, senza perdere le loro qualità peculiari e la loro gloriosa individualità, si fonderanno strettamente in una unità superiore e costituiranno una alleanza fraterna europea…”  L’edificio del futuro si chiamerà un giorno Stati Uniti d’Europa…. giorno verrà in cui si vedranno due gruppi immensi, gli Stati Uniti d’America e gli Stati Uniti d’Europa, uno di fronte all’altro, tendersi la mano attraverso i mari”. Fu un discorso profetico in tempi lontani.

Un colpo di stato in Francia nel 1851 in realtà portò al potere Napoleone III, che iniziò a prendere provvedimenti anti-liberali, quali l’abrogazione della legge elettorale. E fu l’inizio del distacco politico di Victor Hugo, strenuo difensore di un regime liberale, e del suo allontanamento dalla politica e dalla Francia.

Lo scrittore si ritirò in esilio a Saint Peter Port, nell’isola di Guernesey, nel Canale della Manica, dove trascorse diversi anni. E, come simbolo del sogno e della profezia di un’Europa unita, piantò in seguito un albero nel giardino della sua amata casa di Altavilla. Oggi la villa è trasformata in un museo e l’albero, una quercia, cresce ancora nel giardino.

In Italia il filosofo Carlo Cattaneo fu uno dei primi a proporre un progetto chiaramente federale per l’Europa e a diffondere, negli anni 1850-1854, un’idea considerata rivoluzionaria, il costituirsi degli Stati Uniti d’ Europa. Nelle sue Memorie stampate a Lugano, Cattaneo democratico e repubblicano scriveva”. L’oceano è agitato e vorticoso e le correnti hanno due possibili fini: gli autocrati o gli Stati uniti d’ Europa“. E concludeva: “Avremo pace vera, quando avremo li Stati Uniti d’Europa”.

Ma nonostante i sogni dei filosofi e degli scrittori, a lungo non si sono evitate le guerre in tutta Europa. Disastrosa la prima “Grande Guerra” che scoppiò nel luglio 1914 e durò fine al novembre 1918, coinvolgendo l’Italia con un bilancio di numerose vittime e, ancora più terribile, la Seconda Guerra Mondiale scoppiata il 1° settembre 1939 e terminata a maggio1945, con la resa della Germania, e il 2 settembre con la resa del Giappone, dopo i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.

Contro la guerra si erano espressi in Italia alcuni partigiani esiliati a Ventotene, nel mare Tirreno, fra cui l’antifascista Altiero Spinelli che nel 1944 aveva firmato e diffuso il “Manifesto Federalista Europeo, per un’Europa libera e unita”. Il manifesto prevedeva e auspicava, letteralmente, che ”l’Europa sarebbe guarita e rientrata nel grande corso della storia solo attraverso l’unione”. Anche Luigi Einaudi, autore di una serie di saggi e di articoli sulla pace, sulla crisi dello Stato nazionale, sull’unificazione dell’Europa, è stato per molti anni uno dei fautori del pensiero federalista del Novecento, ed ha precorso e influenzato gli autori del Manifesto di Ventotene.

Un discorso famoso, che ha contribuito a fare la storia dell’Unione Europea è quello del Primo Ministro britannico Winston Churchill. Fu all’università di Zurigo, nel settembre 1946, davanti a una numerosa platea, non solo di studenti e professori, ma anche di industriali e banchieri.

Winston Churchill formulò con chiarezza le conclusioni che aveva tratto dalla lezione della storia e dai terribili conflitti nazionalistici. Solo la ricostruzione della famiglia dei popoli europei e la creazione degli Stati Uniti d’Europa potevano garantire la pace. E precisava: “Solo in questo modo centinaia di milioni di lavoratori saranno in grado di riconquistare le semplici gioie e le speranze che rendono la vita degna di essere vissuta“.

Nonostante le riflessioni dei politici più illuminati, il cammino per arrivare a una reale Unione Europea è stato lungo. Per citare quanto è avvenuto nel tempo, troviamo in rete l’elenco delle varie tappe del percorso. Si può far risalire il processo di integrazione europea ai trattati di Roma del 1957 che istituirono la Comunità economica europea, la CEE che coinvolse 6 paesi europei.

Ma la denominazione attuale risale al trattato di Maastricht entrato in vigore nel novembre 1993. E l’istituzione ufficiale dell’Unione Europea può considerarsi nata con l’introduzione della moneta unica, l’euro, nel 2002. L’euro è attualmente adottato da 19 stati dell’Unione che formano la cosiddetta eurozona, con una politica monetaria comune regolata dalla Banca Centrale Europea.

Tutto questo è avvenuto dopo un lungo percorso delle comunità europee e la stipulazione di numerosi trattati, che hanno contribuito al lungo processo di integrazione europea. Una unione e integrazione che garantisce la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali all’interno del suo territorio attraverso un mercato europeo comune.

E la cittadinanza dell’Unione europea promuove la pace, il valore e il benessere dei suoi popoli. E fra l’altro mira al progresso scientifico e tecnologico e alla crescita economica dei suoi membri.

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Oggi, data la complessità dei problemi mondiali e la crisi in cui appaiono diversi paesi, se vogliamo allargare il campo della visione è meglio prendere in considerazioni gli aspetti globali e antropologici dell’Unione Europea. E magari consultare quanto hanno scritto alcuni prestigiosi esponenti della cultura contemporanea. Come ad esempio il pensatore trans-disciplinare, filosofo, sociologo, storico Edgar Morin, che tra i tantissimi libri pubblicati nella sua lunga storia di pensatore, ha scritto recentemente sull’argomento “La nostra Europa”, in cui si esaminano i vari aspetti della crisi, i pericoli dei nazionalismi e localismi, la mancanza di una politica verso i paesi del Mediterraneo, la crisi dello sviluppo e della scienza economica, la nostra relazione con l’ambiente e la natura.

Il libro, di facile consultazione, è pubblicato da Cortina e porta la firma anche di Mauro Ceruti, uno dei protagonisti italiani del pensiero della globalizzazione e della complessità. La crisi economica mondiale rischia non solo di aggravare la crisi europea, ma di disgregare l’Europa stessa, se le singole comunità si ripiegano su se stesse e si astraggono dal resto dell’umanità. E a un pensiero e a una politica di salvezza ci invitano Edgar Morin e Mauro Ceruti in questo libro dedicato a “La nostra Europa”, mostrando che le ragioni della speranza si trovano spesso nelle ragioni della disperazione. Con una certa saggia ironia riferiscono una citazione di uno dei più grandi poeti europei, Friedrich Holderlin che affermava: “là dove cresce il pericolo cresce anche ciò che salva”.

Per Edgar Morin (che ha oggi 97 anni e ha visto e studiato a lungo le problematiche europee sotto vari aspetti e dal punto di vista globale) la grandezza dell’Europa è stata quella di essere una civiltà capace di rigenerarsi in continuazione, attraverso il dialogo continuo tra culture differenti. E questo è potuto accadere grazie alla contaminazione di culture diverse, che hanno prodotto questo singolare crogiolo di novità. Il tutto è tenuto assieme da quella che si può considerare “l’Europa spirituale”, che è la matrice filosofica, il pensiero critico.

Edgar Morin lo definisce “un pensiero che si interroga costantemente e che problematizza la natura, l’uomo, la ragione, la fede stessa.” Le risposte si sono moltiplicate e si sono opposte, ma fortunatamente le grandi questioni non sono mai state risolte. E il dialogo continua e deve continuare.  La responsabilità del pensiero e della cultura è molto grande in questo percorso, e riguarda non solo i paesi europei. Morin da tempo sostiene, nelle sue tante pubblicazioni, che è difficile comprendere il mondo di oggi perché i problemi da affrontare sono complessi. Per il filosofo tutto è in evoluzione, in continuo cambiamento. E spesso imprevedibile.

Nel libro intitolato “Sette lezioni sul pensiero globale” (Cortina Editore -2016) il filosofo francese invita il lettore a “pensare globale”, cioè a considerare l’umanità nella sua natura complessa, perché ciascun essere umano è nello stesso tempo un individuo, un essere sociale (un “animale politico” direbbe Aristotele) e una parte della specie umana.

L’essenza del significato contenuto nel libro di Edgar Morin, e nel conseguente messaggio, è la profonda convinzione che la nostra umanità, trascinata nella corsa sfrenata della globalizzazione, ha davanti a sé la prospettiva di un futuro che va compreso e governato, non con dei nazionalismi, ma con un pensiero globale e complesso. 

L’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, il prestigioso ISPI  ha in programmazione diverse analisi e previsioni sul mondo della politica internazionale e sulle relazioni tra gli Stati Uniti d’America, la Cina, l’Europa, e ha presentato la prima parte della relazione con un titolo molto forte: ”La fine di un mondo, la deriva dell’ordine liberale”.  Pur rilevando che per molto tempo l’Europa è stata un modello democratico di successo, oggi, nel panorama globale, si avverte una crisi dell’Occidente.  La crisi economica dovrebbe favorire quella solidarietà tra i Paesi europei, più che mai necessaria, per consolidare e mettere alla prova il ruolo positivo dell’unità europea. E si sostiene la necessità, di fronte a tante incertezze economiche e politiche, di mettersi a un tavolo e lavorare assieme per un’Europa Unita. Sono temi complessi, di grande vastità, difficili da esaminare in queste poche note. Nel sito dell’ISPI si può trovare l’elenco e le date degli eventi programmati con gli esperti del settore politico ed economico.

Allora, per ritornare a un’analisi storico-filosofica, è interessante prendere in considerazione la pièce scritta e interpretata dallo scrittore e filosofo francese Bernard Hanri Lévy che sta realizzando una tournée in varie città italiane ed europee con il monologo intitolato “Looking for Europe “. Il 5 marzo lo ha presentato  a Milano al Teatro Franco Parenti e il 24 aprile sarà a Roma alla Sala Umberto. Il monologo è il suo contributo contro nazionalismi e sovranismi e ha avuto una grande partecipazione di pubblico e molti consensi. E’ una sorta di ode a un’Europa sognata, che rappresenta la libertà di pensiero, con un passato ricco di storia e di cultura, da Dante a Goethe a Picasso. Un continente, quello europeo, cosmopolita e aperto alla bellezza del mondo, alla sua conoscenza, alla diversità.

La “performance” di Hanri Lévy, a qualche settimana dalle elezioni europee, invita alla resistenza e alla speranza e dichiara il suo amore all’Italia e la sua ammirazione per Tiziano, Leopardi, Pasolini e per molti altri artisti. Fra gli italiani ama soprattutto i milanesi che conoscono “la grande arte di essere felici”. Tanto che, ha dichiarato in un’intervista, vorrebbe quasi prendere la cittadinanza milanese, come auspicava Stendhal, il grande romanziere francese nel suo lungo soggiorno in Italia nei primi decenni dell’Ottocento.