Il lato zen del tennis

Pubblicato il 20 Giugno 2011 in , , da redazione grey-panthers

Il maestro di tennis del mio Teodoro ha passato da un po’ i 60 anni. Perché scegliere un anziano per insegnare uno sport a un bambino? Perché non preferire un giovane atletico in calzoncini corti? Innanzitutto perché in un giovane non si troverebbe una così profonda dedizione all’opera di trasmissione del proprio sapere e comunque chi si fa questa domanda è perché non conosce Ugo. La parola maestro calza su di lui come un guanto, e ci aggiungerei anche zen, perché ciò che si impara da Ugo non è la tecnica per praticare uno sport, ma molto di più: da lui si apprende una disciplina, un modo per interpretare la realtà che va oltre il mero utilizzo della racchetta.

Ugo non alza mai la voce, non crede nella competizione fine a se stessa, bensì nell’esercizio, nell’umile applicazione, ma soprattutto nel controllo. Dice sempre a Teodoro che imparare a controllare i movimenti è l’unico modo per mandare la pallina dall’altra parte della rete. Un grande concetto, questo, di ampio respiro nonché applicabile a tutto. Il ragazzo prima di iniziare il suo corso era molto agitato e in conflitto. Questa tennis-terapia lo ha aiutato a trovare una nuova serenità. Teodoro quando torna distrutto dopo l’allenamento è rilassato, e questo risultato è tutto merito dell’insegnante, che ha saputo instillare la passione e l’equilibrio insieme. Certo questo in parte dipende dalla caratteristica del tennis di essere uno sport faticoso e ipnotico, ma soprattutto si deve alle qualità del maestro e alla saggezza dell’età. Ben vengano i non giovani maestri, che non si vergognano di associare precetti universali alla pura tecnica e che non sono avari del proprio tempo.

Ogni volta Ugo ci tiene a precisare che la lezione dura 50 minuti, non un secondo in più, e poi immancabilmente resta un’ora e mezzo. Lui mette le cose in chiaro, poi fa come ritiene opportuno. Prima di incontrare Ugo non conoscevo il lato zen del tennis, sport che ho praticato da ragazza, che mi piaceva e che poi ho abbandonato. Penso che se avessi avuto un maestro come lui avrei continuato. Forse potrei ricominciare, forse non sono troppo vecchia, anzi pensandoci bene non lo sono affatto. Certo non salto da una parte e dall’altra del campo come lui, ma qualche palleggio non credo mi sia precluso. Non si può resistere al richiamo del lato zen del tennis.

Di Clementina Coppini