Bambini in carriera

Pubblicato il 15 Marzo 2010 in , , da Clementina Coppini

Il bello di essere diventati nonni è quando i nipoti si fanno un po’ più grandicelli, e la generazione intermedia, quella dei loro genitori, che sono purtroppo i nostri figli, si eclissa. Quando finalmente il bambino diventa interessante e interattivo e sarebbe bello ed educativo trascorrere del tempo con lui, allora bisogna lottare con le attività imbastite dai genitori per ravvivare la vita di queste povere creature.

Avete presente le giornate di un bambino delle elementari? Otto ore di scuola al giorno, poi due giorni alla settimana basket o calcio (uno sport agonistico fisso è indispensabile), un giorno il corso di inglese (non vorrai affrontare il mondo senza sapere l’inglese di Oxford?), un pomeriggio chitarra o piano (e già sono buoni quei genitori che non li mettono a suonare in maniera massiva l’organo o l’arpa birmana), un giorno iniziative culturali (teatro, cinema, mostre), poi eventualmente ci sono le arti marziali e il nuoto.

E il vuoto? Quando, di grazia, arriva il momento per un bambino di fissare il vuoto? Di svagarsi? Di stare con i nonni? Semplice: quando è ammalato, e ritorna lagnoso come quando era piccolo, e quando arrivano le vacanze estive, periodo in cui l’infante è sommamente isterico perché devastato da un anno di grande stress e in cui peraltro anche il buon nonno vorrebbe andare al mare a rilassarsi. In entrambi i casi ci sono una montagna di compiti da fare, e così i nonni si ritrovano catapultati nell’antipatica funzione di infermieri-maestri.

Alternativamente i bambini vengono scaricati ai nonni quando i genitori devono andare via per il week end o si assentano per qualche giorno per portare avanti l’impresa titanica di “ritrovare se stessi”. I trenta/quarantenni affrontano tutti questa ricerca, prima o poi. Peraltro trattasi nella maggior parte dei casi di fatica sprecata, perché noi che i nostri figli li conosciamo bene sappiamo che non è che ci sia poi chissà che cosa da trovare.

Così quando il nipote arriva dal nonno è sempre stanco e nervoso, poco incline ad ascoltare e a condividere. Non si ferma mai, poverino, e così non riesce a far sedimentare i molti stimoli a cui è sottoposto. Sta crescendo una generazione di bambini prestazionali, con qualità e capacità non comuni, a cui non viene insegnato che le migliori idee, le più geniali intuizioni e le vere folgoranti creazioni avvengono molto spesso nei momenti in cui si è tranquilli, in pace con se stessi e magari in silenzio. Newton scoprì la gravità mentre prendeva l’ombra sotto un melo, Einstein la relatività mentre faceva un giro in bici.

Qualcuno dovrebbe spiegarlo, a questi bambini, che, se io mi perdo in mille cose diverse, tutte che mi vengono dipinte come essenziali e irrinunciabili, quando mai potrò capire cosa davvero voglio, cosa davvero mi piacerebbe fare? Se mi lasci il tempo di cercarmi da piccolo, non dovrò fare tanta strada per trovarmi da grande.

Chi se non un nonno può trasmettere quell’idea di calma e di ristoro, di merenda e di scampagnata, e darti quei momenti in cui recuperi davvero le forze? Un amico è così, e noi dovremmo cercare di diventare amici di questi bambini in carriera. Possiamo insegnare loro non già il significato, bensì il vissuto della devozione, che è stare insieme non allo scopo di ottenere qualcosa, ascoltare perché si ha il desiderio di saperne di più e non solo per imparare cose utili, dedicarsi all’altro con il sorriso e senza riserve. Lo diceva anche Cicerone:“Il legame che esiste tra parenti, creato dalla natura, è tuttavia fragile. L’amicizia al contrario è molto più solida: se un parente può sempre eclissarsi, non è il caso di un amico. Senza devozione la stessa parola amicizia perderebbe ogni significato, non così la parola parentela.”

Per me la devozione è mia nonna Ida. Mi ricordo i lunghi pomeriggi con lei. Avevo dieci anni. Lei stirava e io leggevo ad alta voce il mio libro di lettura. Poi stiravo io e lei leggeva ad alta voce Confidenze. Mi divertivo tanto. Con tutta la letteratura classica che ho studiato dopo e tutti gli spettacoli teatrali che ho visto e tutte le camicie che ho stirato, non mi ricordo attività più formativa di quella.

Contributo di Clementina Coppini

One thought on “Bambini in carriera

  1. ho quasi le lacrime agli occhi, condivido a pieno ogni pensiero !!! Io,nonna di un nipotino (quasi tre anni) mi auguro di invertire questa tendenza.
    Complimenti Clementina.

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