Libertà di riunione e di associazione: il nuovo articolo anti rave party

Pubblicato il 19 Novembre 2022 in , , da Daniela Sanna

La passata pandemia ha indotto i Governi a emanare, con l’intento di garantire la tutela del superiore diritto alla salute, una considerevole quantità di atti normativi tendenti a limitare l’esercizio di alcune libertà fondamentali quale ad esempio la libertà di riunione e di associazione. D’altro canto le 153 vittime di Seul durante la festa di Halloween e il Decreto Piantedosi anti raduni impongono, però, di comprendere fino a che punto la libertà di riunione e di associazione, riconosciuti come diritti fondamentali dalla nostra costituzione, possano estendersi.

La libertà di riunione, insieme a quella di associazione, rientra tra quelle libertà che presumono, per il loro esercizio, il concorso di una pluralità di soggetti, accomunati da un unico fine. Essa, sancendo il diritto di ognuno a stare insieme con altri, assume una importante dimensione politica, là dove riconosce la possibilità di manifestare, comunicare collettivamente pensieri e, soprattutto, dissentire nei confronti di chi detiene il potere. Con libertà di riunione “s’intende la compresenza volontaria di più persone nello stesso luogo”, temporaneamente e volontariamente, in seguito ad un  accordo o su invito dei promotori, al fine di soddisfare uno specifico interesse comune. Non sono tutelati perciò gli assembramenti, confluenze casuali di persone senza uno scopo prestabilito in un luogo pubblico. Lo sono invece i cortei e le processioni , considerati riunioni in movimento. La libertà di riunione è una libertà individuale a esercizio collettivo garantita dalla nostra carta costituzionale all’art. 17 ai soli cittadini, che testualmente recita “i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi”.

L’art. 18 Cost., invece, riconosce la libertà di associazione, affermando che “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale”. Quindi il fatto stesso che ci siano due articoli che regolamentino due diritti ci porta a considerare che sono diritti di libertà distinti anche se entrambi costituiti dalla plurisoggettività e dal perseguimento di uno scopo comune. La differenza tra i due diritti si baserebbe soprattutto sul carattere della stabilità -temporaneità: carattere temporaneo per la riunione, carattere di stabilità per l’associazione per la presenza del patto sociale con il quale l’associazione si costituisce. Analizzando il diritto alla libertà di riunione si evince dal dettato costituzionale che requisiti essenziali sono quella della pacificità e l’assenza di armi. Il richiamato articolo costituzionale richiede infatti che tutte le riunioni debbano svolgersi in forma pacifica e senza armi.

La riunione, pertanto, non deve provocare danni a cose e persone, e non deve quindi mettere in pericolo o addirittura ledere la sicurezza e l’incolumità pubblica. Si è stabilito che una riunione non sia considerata pacifica quando vi sia il fondato pericolo che il suo svolgimento possa provocare danni a persone o cose. Tale definizione dimostra come per riunione non pacifica si faccia riferimento non solo a quella in cui venga commesso un delitto ma anche – come dispone l’art. 20 TULPS – a quella in cui venga messo “in pericolo l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza”. Relativamente al concetto di armi per esse si intende l’art. 4 L. 110/1975, secondo cui sono da considerarsi armi anche “bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche… nonché qualsiasi altro strumento(…) chiaramente utilizzabile(…) per l’offesa alla persona”.

Oltre ai limiti oggettivi sopra citati, l’ordinamento sancisce anche dei divieti e/o limiti di riunione a determinate categorie di soggetti. L’ordinamento non ammette ad esempio che il diritto di riunione venga esercitato da persone sottoposte a restrizioni legate alla capacità giuridica o a c.d. “soggezioni speciali”. Eventuali riunioni in luogo pubblico dei detenuti in stato di semilibertà o sottoposti a sorveglianza speciale devono essere autorizzate in quanto il fine delle misure preventive e di sorveglianza speciale prevale sul diritto di riunione. L’esercizio del diritto di riunione è sottoposto però anche a limitazioni. Innanzitutto le riunioni a seconda del luogo in cui si svolgono possono essere:

  • Private: quando si svolgono in luoghi privati
  • Pubbliche: quando si svolgono in luoghi pubblici ai quali chiunque può liberamente accedere
  • Aperte al pubblico: quando si svolgono in luoghi privati, ma l’accesso è consentito in conformità a particolari prescrizioni.

L’art. 17 prescrive che Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica” Quindi, in sostanza, l’art. 17 riconosce una piena libertà di riunione nei luoghi privati e in quelli aperti al pubblico. Tale pienezza non è prevista, invece, per le riunioni nei luoghi pubblici, in occasione delle quali è richiesta la comunicazione in forma scritto di un preavviso alle autorità di pubblica sicurezza almeno tre giorni prima dell’evento. Il preavviso dato al questore deve contenere: il giorno, l’ora, il luogo e l’oggetto della riunione; le generalità delle persone designate a prendere la parola; le generalità e le firme dei promotori. Per comprovate esigenze di sicurezza o di incolumità pubblica, l’autorità giudiziaria può emettere un divieto di riunione solamente per quanto concerne i luoghi pubblici, ma il provvedimento deve essere adeguatamente motivato, con l’indicazione delle possibili ragioni in grado di turbare la sicurezza e l’incolumità pubblica.

In merito al diritto di associazione l’art. 18 Cost. riconosce ai cittadini il diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. L’associazione quindi non deve perseguire fini illeciti, e cioè non deve essere volta ad attuare comportamenti che siano previsti dalla legge penale come reati: in caso contrario si potrà concretizzare il reato di associazione per delinquere (art. 416 c.p.) oppure di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), qualora ne ricorrano i presupposti. Il 2° comma dell’art. 18 Cost., inoltre, vieta le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Lo scopo della norma è quello che di evitare che si creino associazioni che possano sovvertire l’ordinamento costituito, l’ordinamento statuale.

Alla luce di quanto detto fino ad ora si può allora comprendere la querelle che ne è scaturita alla introduzione del nuovo reato in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali introdotto del 31 ottobre 2022 in seguito all’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, del decreto legge n. 162. L’art. 434 bis del codice penale così recita: “L’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica. Per organizzatori e promotori è prevista la pena della reclusione da tre a sei anni e della multa da 1.000 a 10.000 euro, nonché l’applicazione di misure di prevenzione; per i partecipanti – e, quindi, per il solo fatto di partecipare a tale raduno – la pena è diminuita”. La norma va incontro alla necessità e urgenza di introdurre disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del fenomeno dei raduni dai quali possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica incolumità o la salute pubblica. E’ evidente che ammassare persone in luoghi chiusi ove indisturbata circola droga, si accendono fuochi, possa creare indubbiamente situazioni di pericolo per l’incolumità pubblica dei partecipanti però il timore sollevato è che detto articolo di legge possa essere estensivamente applicato ad esempio alle occupazioni studentesche delle scuole o a manifestazioni anti-governative (ad esempio le passate manifestazioni contro il green pass).

Essendo un decreto legge si auspica però che in fase di conversione ci siano chiarimenti e delimitazione della fattispecie di reato.