Le 10 azioni che i lavoratori della rete chiedono alla futura classe politica

Pubblicato il 23 Febbraio 2013 in , da redazione grey-panthers

A Ribera, nella provincia agrigentina, tre giovani rilevano dai nonni un aranceto e creano una piattaforma incentrata sulla filiera corta per la vendita delle arance.

Chiara, dalle colline toscane, con due suoi amici divenuti soci commercializza vino e distillati.

In Emilia cento donne imprenditrici dopo il sisma hanno deciso di non arrendersi. Sono titolari di piccole botteghe e insieme hanno trasferito la vendita online e in mercati itineranti. A Torino Marzia ed Erica producono e commercializzano online il gofri, tipico pane delle montagne piemontesi. C’è poi Pier Paolo, che a Bologna si inventa un servizio di corriere in bici prenotabile online. E a Bolzano Ester grazie al crowdfunding ha aperto la sua bottega di artigianato artistico in vetro. La banca non elargiva alcun prestito, e così Ester ha chiesto (e ottenuto) dalla rete fiducia (e denaro).

“Visionari, innovatori, connessi, spesso invisibili per la classe politica e per una parte ancora troppo numerosa della società civile. Ecco il ritratto dei wwworkers, la community dei nuovi lavoratori dellla rete. Il nome sta a significare “world wide workers”, e in questo acronimo c’è la sintesi tra la rete e il lavoro.”

Ho iniziato a raccontare le storie d questi lavoratori digitalizzati prima online, poi su Radio24 nello spazio Nòvalab condotto da Luca Tremolada e poi ancora nel libro “Wwworkers” edito da Gruppo24Ore. All’inizio erano soltanto coloro che – come me – avevano lasciato il posto fisso e si erano messi in proprio grazie alle nuove tecnologie.

Oggi, invece, la community aggrega chi abbraccia la rete per promuoversi, per vendere prodotti o servizi, per proporre un proprio brand, per conversare in rete e aggregare net-consumatori che  si annidano e si confrontano in community e micro-community molto specializzate e ad alto contenuto valoriale.

Eccoli, allora i wwworkers: imprenditori e professionisti che operano con le nuove tecnologie, artigiani e commercianti che approdano online per vendere anche all’estero.

Così Internet diventa interset di esperienze imprenditoriali. Avvocati, artigiani, trainer, wedding planner: dalle analisi dei primi profili pubblicati emerge come siano rappresentate le professioni più disparate, anche tradizionali. Unite da alcuni tratti comuni: i wwworkers non sono emuli in salsa italiana dei modelli americani della new economy. A soci e compagni di cordate preferiscono spesso amici e familiari come alleati. E al classico garage a stelle e strisce optano per l’italianissimo tinello di casa, versione del loro business casalingo.

“Global microbrand” li ha definiti Hugh McLeod, un pubblicitario inglese che coniò questo termine dopo aver messo in piedi una vetrina virtuale per una storica bottega sartoriale londinese.

Wwworkers come specchio della società e delle sue contraddizioni. In un Paese imbalsamato da logiche di casta, i wwworkers – connessi alla rete e alla capacità di innovare – sono anche la dimostrazione di come si può scommettere sulla cosa più preziosa di cui si è in possesso. Se stessi.

Secondo il rapporto del Digital Advisory Group elaborato da McKinsey sono già 700.000 in Italia, ma vengono trattati spesso come misteriosi innovatori. Sono quelli che aiutano il made in Italy a farsi conoscere nel mondo, ma talvolta sono costretti ad espatriare. Sono quelli che creano oltre il 2% del PIL, ma sembrano ai più ancora invisibili.

Da qualche settimana con gli Hangout trasmessi in diretta a rete unificata abbiamo provato ad interrogare la classe politica e a raccogliere le 10 azioni da consegnare a coloro che ci governeranno Ed eccolo allora il manifesto programmatico dei wwworkers, presentato affinchè la politica del domani prenda atto che esiste già un’Italia che vive e lavora in rete

Azione 1. Erodere il digital divide
Sostenere la spinta per la copertura nazionale di servizi con banda larga e ultralarga, anche in realtà geografiche lontane dai contesti metropolitani, attraverso investimenti pubblici e incentivi a quelli privati.

Azione 2. Pensare al wi-fi come la toilette
Promuovere l’obbligo per gli esercizi pubblici di rendere la connessione wi-fi disponibile e pubblica, come avviene oggi per i servizi igienici.

Azione 3. Alfabetizzare al digitale
Promuovere un piano per l’alfabetizzazione digitale, coinvolgendo il terzo settore, le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali e gli enti locali, per far sì che tutti i cittadini colgano le opportunità della rete. Promuovere corsi “blended” (in aula e online) e l’apertura di sportelli informativi per fornire servizi concreti su come lavorare in rete.

Azione 4. Digitalizzare il made in Italy
Le tecnologie digitali rappresentano un’occasione per le Piccole e Medie Imprese per rafforzare la collaborazione e raggiungere i mercati, ma spesso queste aziende non hanno le risorse – economiche e di conoscenza – per cogliere le opportunità. Servono incentivi alla creazione di reti digitali tra le imprese, volte alla collaborazione e all’internazionalizzazione, anche attraverso la messa in comune di banche dati e scambi tra realtà differenti.

Azione 5. Liberare l’e-commerce
Oggi l’e-commerce è soggetto alla normativa per il commercio, pensata intorno ai canali tradizionali. Ciò crea confusione e rallentamenti. È necessario semplificare radicalmente la normativa sull’e-commerce e prevedere specifici incentivi per le imprese che avviano questa attività.

Azione 6. Ascoltare il mondo della rete, stakeholders e influencer
Il settore legato all’economia digitale è trasversale ai differenti settori produttivi e spesso escluso dai meccanismi di concertazione. Aprire la discussione pubblica a queste realtà permetterebbe di programmare politiche più attente alle innovazioni.

Azione 7. Ciò che è prodotto con soldi pubblici, deve essere pubblico e in rete
Il sapere prodotto nelle università, la cultura sostenuta da fondi pubblici, i dati elaborati dalla Pubblica Amministrazione devono essere accessibili a tutti e utilizzabili per promuovere attività economiche. Occorre che si scelga l’open data per trasparenza, semplificazione e miglioramento dei servizi al cittadino.

Azione 8. Il telelavoro come diritto
Introdurre la modalità di lavoro in remoto per tutte le attività per cui è tecnicamente possibile, almeno per una parte del monte ore. In questo modo si favorirebbe il “work-life balance”, la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, si spingerebbe l’innovazione delle imprese e si abbatterebbero i costi ambientali e strutturali legati agli spostamenti casa-lavoro.

Azione 9. Ripensare il welfare nell’ecosistema digitale
Istituire il diritto ad una pensione di base per tutti i lavoratori a seguito della cessazione dell’attività lavorativa. Istituire una indennità di maternità universale, superando la logica delle tutele esclusivamente legate al lavoro subordinato. Proporre un salario minimo garantito per le attività parasubordinate per cui non valgono i minimi definiti dalla contrattazione collettiva. Promuovere la diminuzione del carico fiscale contributivo per i lavoratori autonomi.

Azione 10. Dare spazio alle nuove imprese
Fornire in locazione agevolata immobili inutilizzati della Pubblica Amministrazione, in modo da creare spazi di co-working per start up innovative e legate al mondo digitale.

Bologna, 19 febbraio 2013

di GIAMPAOLO COLLETTI