Gli approfondimenti dell’ISPI: Cina e Italia, sfide e opportunità di una partnership discussa

Pubblicato il 21 Marzo 2019 in , da redazione grey-panthers

La visita del Presidente cinese Xi Jinping in Europa si svolgerà dal 21 al 26 marzo: comincerà in Italia, farà tappa nel Principato di Monaco e terminerà in Francia.

Sei giorni che si prospettano densi di opportunità per l’evoluzione della Belt and Road Initiative (BRI) cinese in Europa. Nonostante le reticenze di diversi governi europei, l’Italia ha in programma di entrare ufficialmente a far parte della rosa dei partner BRI attraverso la firma di un Memorandum of Understanding (MoU) fra i due Paesi. Il testo di tale documento è già circolato, in bozza non ufficiale, sulla stampa italiana. In un contesto di crescente preoccupazione per la penetrazione cinese in settori strategici dell’economia europea, e nei conseguenti tentativi da parte dell’UE di porre in essere strumenti di screening per valutare le implicazioni degli investimenti cinesi per la sicurezza nazionale dei Paesi membri, la scelta di Roma segnerebbe per la prima volta l’ingresso di un Paese del G7 e fondatore dell’UE nel quadro del progetto di espansione infrastrutturale, economica e politica cinese. Qual è lo stato delle relazioni Italia-Cina al 2019? In quali settori si snodano e da quali accordi sono sostenute? Come può la BRI ridisegnare lo stato delle relazioni politiche ed economiche di Roma?

 

La visita di Xi: il contesto europeo e internazionale

La visita del Presidente Xi Jinping si svolge in un momento in cui l’UE cerca di bilanciare l’influenza di Pechino e il crescente bisogno di investimenti esteri dei suoi Stati membri. In vista dell’EU-China Summit a Bruxelles del prossimo 9 aprile, la leadership cinese ha sottolineato la volontà di incrementare la collaborazione tra Cina, Stati Uniti ed Europa nell’ambito BRI nel tentativo di arginare le crescenti critiche derivanti dalla valenza strategica del progetto: uno strumento, per molti, che ha il potenziale di accrescere l’influenza cinese nei Paesi ospitanti.

Nonostante la visita di Xi Jinping sia programmata per terminare in Francia, l’atteggiamento di Parigi si prospetta tendenzialmente più cauto rispetto a quello italiano. Il Presidente Emmanuel Macron si è più volte espresso a favore di un coordinamento multilaterale tra i membri dell’UE e la Cina, rivendicando il suo sostegno allo “spirito di uguaglianza, reciprocità”, dove lo spirito di uguaglianza sottintenda però “il rispetto della sovranità nazionale”. Il governo francese ha manifestato comunque un marcato interesse per accrescere gli investimenti, le importazioni e le joint venture cinesi, nonché per migliorare l’accesso delle merci francesi sul mercato cinese.

Inaspettato è l’annuncio della visita del Presidente Xi Jinping al Principato di Monaco, il cui carattere portuale, racchiuso tra i porti di Marsiglia e diGenova, è di particolare interesse per un incremento dei flussi commerciali cinesi nel Mediterraneo. Xi Jinping sarà infatti il primo Presidente cinese a visitare il Principato di Monaco e a incontrare il principe Alberto II, un incontro storico tra i due Paesi che sottolinea ancor di più il potenziale di una futura cooperazione bilaterale.

Il “grande assente” nel viaggio che Xi Jinping intraprenderà verso Ovest riguarda invece il tanto atteso vertice tra il Presidente cinese e il Presidente statunitense Donald Trump, inizialmente previsto per la fine di marzo ma ora già al secondo rinvio: un’occasione che secondo molti avrebbe potuto porre fine alla guerra commerciale tra le due potenze in corso dal luglio scorso. L’imposizione di dazi commerciali appare come un segnale evidente del fatto che il rapporto tra Cina e Stati Uniti sia ormai entrato in un’era di aperta concorrenza strategica per acquisire la leadership mondiale in settori chiave come l’hi-tech, un’ambizione che per Pechino è in linea con il programma “Made in China 2025”.

L’Europa, nello scontro tra USA e Cina, potrebbe limitarsi a un ruolo di osservatore o di interlocutore esterno. Oppure, potrebbe schierarsi con gli Stati Uniti, suo tradizionale partner economico e tecnologico, in opposizione a Pechino, considerata come una concorrente da Washington. Malgrado l’amministrazione Trump abbia dimostrato un certo grado di ostilità anche nei confronti dell’Europa – soprattutto in relazione all’accesso ai mercati europei e al livello di condivisione degli oneri relativi alla sicurezza in ambito NATO – dare nuovo slancio alle relazioni transatlantiche rimane una priorità per Bruxelles. Per questo motivo è improbabile che l’UE metta da parte la storica alleanza con gli Stati Uniti in favore della Cina. Così è stato per esempio lo scorso luglio, quando il Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha interrotto bruscamente il dialogo su un accordo commerciale tra Bruxelles e Pechino per scongiurare l’estensione dei dazi statunitensi sui prodotti europei. In questo quadro, Bruxelles si trova oggi nella posizione ideale per assumere un ruolo da mediatore tra Stati Uniti e Cina: grazie alla storica alleanza con Washington e i legami economici con Pechino, l’UE è in una posizione ottimale per mostrare a entrambi i partner che, a lungo termine, le prospettive di uno scontro frontale sono negative per entrambi.

L’UE sta però attraversando un momento particolarmente critico per la sua coesione interna, anche a causa delle incognite rappresentate dalle modalità di attuazione della Brexit, al momento ancora ignote. In questo contesto, i MoU già firmati tra la Cina e tredici Paesi membri dell’UE (tra cui Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia; il Lussemburgo è invece in trattativa) e la prospettiva che l’Italia, primo tra gli Stati fondatori dell’UE, adotti questo strumento di collaborazione, è una circostanza che potrebbe alimentare, a breve termine, il rischio di un’ulteriore divisione interna all’Unione. Alla luce del ruolo che l’Italia ricopre all’interno dell’UE, tuttavia, a lungo termine la cooperazione tra Italia e Cina potrebbe porre Roma nella posizione di agire come canale per l’instaurazione di una relazione europea collettiva e unica con Pechino.

Relazioni Italia-Cina: a che punto siamo?

Le relazioni tra Cina e Italia hanno registrato una tendenza particolarmente positiva negli ultimi cinque anni. Ciò che ha garantito il rafforzamento della cooperazione bilaterale tra i due Paesi sono stati soprattutto gli incontri tra esponenti del governo italiano e cinese, nonché gli accordi informali e i gruppi di lavoro che ne hanno permesso l’operazionalizzazione.

La visita del Presidente Xi Jinping si pone quindi in coda a una serie di incontri bilaterali che hanno contribuito a definire l’attuale framework di cooperazione tra i due Paesi. Lo scorso autunno, il Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio e il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria si sono recati a Pechino per una visita di stato congiunta, mentre i Premier Li Keqiang e Giuseppe Conte si sono incontrati bilateralmente a Bruxelles a margine dell’Asia-Europe Meeting (ASEM) dell’ottobre 2018. Wang Yi, Ministro degli Esteri cinese, si è infine recato in visita in Italia a fine gennaio 2019 per sovrintendere alla sessione plenaria della nona riunione del Comitato Governativo Italia-Cina, strumento cardine del Partenariato Strategico tra i due Paesi.

La Cina è un partner commerciale fondamentale per l’Italia, sia in termini di esportazioni che di importazioni. Il 3% del totale esportato dall’Italia nel 2018, pari a circa 13,7 miliardi di euro, è infatti destinato al mercato cinese. Come destinazione dell’export italiano, la Cina si colloca dopo l’UE (55,5%), gli Stati Uniti (9,1%) e la Svizzera (4,6%). Nel contesto delle importazioni italiane da altri Paesi, la Cina è seconda solo all’UE con il 7,1% del totale importato dall’Italia, pari a 30,78 miliardi di euro nel 2018. Questi dati sono rappresentativi di un saldo commerciale tra i due Paesi che ha iniziato a deteriorarsi dal 2001 in poi: nel 2018 l’Italia ha chiuso infatti negativamente a -17,6 miliardi. Questa cifra comprende un export in calo del 2,4% rispetto al 2017, e un import in aumento dell’8,2% rispetto al 2017. Nell’ambito europeo, l’Italia è il terzo importatore dalla Cina dopo Germania e Regno Unito, e quarto esportatore, dopo Germania, Regno Unito e Francia.

Tra il 2000 e il 2018, l’Italia è stata tra i primi Paesi destinatari delle acquisizioni cinesi, insieme a Gran Bretagna e Germania. Mentre in Italia sono stati destinati 15,3 miliardi di euro, in Gran Bretagna e in Germania sono arrivati rispettivamente 22,2 miliardi e 46,9 miliardi. Per la Gran Bretagna, la Cina rappresenta il secondo Paese importatore e la seconda destinazione dell’export, mentre per la Germania la Cina si colloca al primo posto. Brexit ha il potenziale per modificare questo trend a favore dei Paesi dell’UE, alla luce del fatto che la Gran Bretagna non potrà più ricoprire il ruolo di punto di accesso per gli investimenti sui mercati dell’UE.

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Non solo infrastrutture: dal turismo all’istruzione

Il partenariato strategico tra Italia e Cina non si limita ai settori economico, commerciale e finanziario, ma si estende alle collaborazioni culturali, scientifico-tecnologiche, ambientali e turistiche. Questi settori, capitanati da turismo e istruzione, sono un caposaldo del Piano d’Azione per il rafforzamento della cooperazione economica, commerciale, culturale e scientifico-tecnologica tra Italia e Cina 2017-2020 firmato dal Premier cinese Li Keqiang e dall’allora Presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni nel maggio 2015. Il 2018 è stato l’anno del turismo tra UE e Cina: quest’iniziativa, lanciata a Venezia a inizio 2018, era volta a promuovere il turismo sostenibile, stimolare gli investimenti, migliorare la connettività e la sicurezza aerea e smorzare i requisiti per l’ottenimento dei visti d’ingresso tra la Cina e i Paesi membri dell’UE.

Nel 2018 l’Italia è stata il terzo Paese in Europa visitato da turisti cinesi. La Cina ha rappresentato infatti l’undicesimo Paese d’origine di turisti in Italia con una media annua di cinque milioni di visitatori. La spesa totale annua dei turisti cinesi in Italia si aggira intorno ai 480 milioni di euro, mentre quella media giornaliera è di 900 euro e comprende, in larga misura, beni o servizi di lusso. Nonostante la spesa dei global shopper cinesi nel mondo sia diminuita del 4% dal 2017, la Cina ha contribuito per il 29% della spesa totale duty-freein tutta Europa.

Per quanto concerne il settore dell’istruzione, nell’anno accademico 2017-2018 gli studenti cinesi hanno rappresentato il 9% del numero totale di studenti stranieri in Italia, grazie, in particolare, ai programmi di scambio Marco Polo e Turandot. Le facoltà che hanno ricevuto il maggior numero di studenti cinesi sono state ingegneria industriale, architettura e ingegneria delle costruzioni, design, mediazione linguistica, economia e gestione aziendale. Gli studenti cinesi hanno preferito istituzioni accademiche nel nord-ovest dell’Italia, in particolare Lombardia e Piemonte. Mentre la Cina detiene il terzo posto tra le nazionalità degli studenti stranieri nelle università italiane dopo l’Albania e la Romania, rimane il primo Paese asiatico di provenienza degli studenti in Italia, seguito da Iran e India.

 

Fonte: ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

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