La Rassegna Stampa: Obama, una questione di stile

Pubblicato il 4 Novembre 2010 in , , da Vitalba Paesano

Le aperture

Il Corriere della Sera: “D’Alema convoca Berlusconi. ‘La sua sicurezza problema del Comitato sui servizi segreti’. Il Pdl: no a strumentalizzazioni. Forum delle famiglie: ‘imbarazzo’ per il premier”. A centro pagina: “La pentita accusa anche il San Raffaele”. Si tratta della inchiesta siciliana sulle escort, i festini nelle ville di Berlusconi in Sardegna e ad Arcore, e delle accuse che stavolta riguardano la fondazione San Raffaele di don Verzè, che avrebbe ricevuto finanziamenti attraverso la Commissione diritti umani del Senato. Sempre a centro pagina le elezioni Usa: “Obama dopo la sconfitta: colpa mia. Il presidente offre il dialogo ai repubblicani”.

La Repubblica: “Caso Ruby, il Copasir convoca Berlusconi: ‘Problemi di sicurezza’. Il forum delle famiglie: ‘Non venga, ci imbarazza’”. Il titolo più grande è per le elezioni Usa: “Obama sconfitto: colpa mia. Terremoto politico in American: trionfo del Tea Party, i democratici conservano il Senato. ‘Lavorerò con i repubblicani, ma non cambio linea’”. A centro pagina la “bufera” sulle “scelte bipartisan” al festival di Sanremo, dopo l’annuncio che dal palco del Teatro Ariston, verranno cantate Bella Ciao e Giovinezza. “Revisionismi canori” è il titolo del commento di Michele Serra.

Libero: “Silvio-Lega-Udc: si può fare”. Il quotidiano la definisce “ricetta per durare”, e spiega: “Per evitare il voto il presidente ha solo una strada: approvare subito il federalismo, convincere il senatur ad allearsi con Casini e promettere a Pier che sarà il suo erede”. A centro pagina, con foto di Nadia Macrì: “La escort che vuole in manette la corte di Arcore”.

Il Giornale: “I moralisti del bordello Italia. Promuovono la prostituzione, propagandano la pedofilia, predicano bene e razzolano malissimo. Ma se al premier scappa una battuta lo fanno a pezzi. Oppure, come certi cattolici, gli chiedono di aiutarli ma di non farsi vedere”. A centro pagina un ritratto di Nadia Macrì, “la escort che accusa il cav”: “Nadia? Una gran contaballe. Parla l’uomo che le faceva gestire il bar. ‘Del tutto inaffidabile'”. In prima pagina, oltre ai titoli sulle elezioni Usa, anche uno sulla politica interna: “Berlusconi è già pronto a fondare un nuovo partito”.

La Stampa: “Obama: è solo colpa mia. Il voto di Midterm premia i repubblicani. La Fed mette a disposizione 900 miliardi di dollari per rilanciare l’economia. Il presidente: è stata una bruciante sconfitta, sono pronto a trattare”. A centro pagina: “Sarà il secolo del martirio cristiano. I timori del mondo cattolico: c’è tanta rabbia in Medio Oriente”. Di spalla: “D’Alema convoca il premier su Ruby ‘Troppe visite, a rischio la sicurezza’”. E poi: “Altri due del Pdl a Fini. Forum famiglie: no a Berlusconi”.

Il Riformista: “La trappola 007”, “D’Alema chiede l’audizione di Berlusconi al Copasir”. Per il quotidiano il caso Ruby approda in Parlamento e il finiano Briguglio preannuncia: Gli faremo domande anche sui festini”. E poi “altri due parlamentari fuggono con Fini. Intanto il premier ‘imbarazza’ la conferenza sulla famiglia”. In alto una foto del sindaco di Firenze Matteo Renzi sotto il titolo “comprereste da quest’uomo un’auto rottamata?”. Sulle elezioni Usa: “The Washington Lost”.

Il Sole 24 Ore: “Obama: ‘Mortificato’. Casa Bianca: puntate sul business e lavoro. La Fed compra bond per 600 miliardi”. Il titolo più grande: “La sfida delle aziende globali. Per il rapporto Ice aumenta la presenza all’estero, ma è troppo bassa la capacità di attirare investimenti. Banca Mondiale: Italia in coda nella classifica ‘fare impresa’”. A centro pagina, con una grande foto, la notizia che Susanna Camusso è la prima donna segretario generale della Cgil.

Il Foglio: “Obama si difende: le idee restano buone, il problema sono i risultati. Il giorno dopo midterm. I democratici perdono la Camera ma tengono al Senato. Due senatori al Tea Party. Il presidente offre collaborazione”. Di spalla la politica interna: “Ecco l’operazione che il Cav ha in mente per legare Tremonti al Pdl. La vicepresidenza del partito è libera. Il ministro deve però garantire io denari per sbloccare le riforme. Gli effetti sul ‘sistema Letta’”.

L’Unità ha in prima pagina una grande foto per la neosegretaria Cgil Susanna Camusso, sotto il titolo “Oh, Susanna!”. Il quotidiano parla di “svolta storica” e sintetizza così le sue dichiarazioni: il governo? Prima lascia, meglio è. In taglio basso “Obama si prende le colpe: ‘Ora faremo di più'”. E poi: “D’Alema convoca il premier. Forum famiglie, da noi non venga”.

Usa

Il presidente Obama, racconta La Stampa, ha parlato ieri per un’ora dalla East Room della Casa Bianca. E fuori, sulla facciata della Camera di commercio, gli striscioni appesi recitavano: “J-O-B-S”, “posti di lavoro”. E’ il messaggio che racchiude la protesta di oltre 36 milioni di cittadini che hanno votato contro i democratici in segno di protesta per le scelte economiche dell’Amministrazione. Obama dice: “Mi assumo la responsabilità di queste umilianti perdite,perché in questi due anni non abbiamo fatto abbastanza progressi. Gli elettori che mi avevano votato si aspettavano risultati che non si sono concretizzati”, “ho provato dolore per la sconfitta di tanti eccellenti deputati e senatori, a volte chi ricopre il mio incarico ha difficoltà a mantenersi in contatto con la gente, è già successo a Reagan e Clinton, dopo due anni di Presidenza,  essere puniti per come andava l’economia”. Fa riferimento alla disoccupazione: “Se oggi fosse al cinque o sei per cento la situazione sarebbe ben differente. Tende la mano ai leader repubblicani: serve responsabilità in entrambi i partiti. Nessuno ha il monopolio della saggezza, dobbiamo sederci in una stanza assieme e lavorare per risollevare l’America, per poter fare dei progressi entro il 2012”. Incalzato sulle concessioni che è disposto a fare, parla della sanità, la riforma a lui più cara, che il deputato Rep Boehner vuole smantellare: “Se i repubblicani suggeriscono delle modifiche positive, sarò felice di considerarle, a cominciare dalle norme percepite dalle piccole aziende come un ostacolo alla conduzione delle attività. Sui tagli fiscali di Bush, in scadenza a fine anno, ribadisce che intende rinnovarli per la classe media e aggiunge che “bisogna aiutare le imprese a investire” lasciando intendere di esser pronto a fare altrettanto per le aziende pronte ad assumere. Sulla spesa pubblica, ammette che “la gente è preoccupata dal deficit” e invita a “compiere assieme delle scelte su dove tagliare”. Il quotidiano interpella Michael Barone, del centro studi conservatore American Enterprise Institute, che dice: “Quello che è chiaro è che non può permettersi di ignorare i repubblicani, perché controllando la Camera controllano anche le Commissioni che gestiscono la spesa del governo: possono chiudergli il rubinetto e lasciarlo a secco”.
L’Unità intervista Benjamin Barber, già consigliere di Bill Clinton, secondo cui “quello che poteva fare, l’ha fatto nei primi due anni, e non è poco. Se la situazione economica migliorerà, come è probabile, nel 2012 sarà rieletto”. Per Barber si tratta di una reazione alla recessione che Obama ha ereditato da Bush e contro la quale non è riuscito a fare abbastanza: basta guardare ai dati della disoccupazione reale, che oscilla tra il 17 e il 20 per cento, e davanti ad una crisi economica così forte il Presidente ha potuto solo impedirne l’aggravamento. Parlando dei Tea Party, dice che hanno calvalcato rabbia e risentimento ma, in alcuni casi, “hanno spaventato i moderati, che avrebbero potuto votare repubblicano se si fossero presentati candidati più credibili”. E a tal proposito cita il Delaware e il Nevada. Per Barber i candidati Tea Party possono affermarsi nelle primarie, dove vota meno gente, o prevalere in qualche distretto alle parlamentari, ma una loro affermazione in massa è impossibile, sono una bolla destinata a sgonfiarsi.
La Repubblica intervista John Bolton, ex consigliere di Bush ed esponente di spicco dei neocon, secondo cui “come prima conseguenza, questa grande vittoria influenzerà l’agenda di Obama, che non potrà andare avanti secondo le linee sin qui seguite”. Sui Tea Party e il rapporto con i Repubblicani, su quanto si dovrà tener conto della loro ascesa, Bolton dice: “Il solo fatto che il tea Party abbia avvicinato alla politica e portato alle urne molta gente che prima non ci seguiva cambia sicuramente i rapporti di forza all’interno del GOP (Grand Old Party).  

Elezioni Usa 2

Sul ruolo del probabile neospeaker dei Repubblicani John Boehner, una analisi del Corriere della Sera, secondo cui è ipotizzabile un “indietro tutta” dei Repubblicani su tasse e riforma sanitaria. Amministrare un trionfo straordinario, ma anche fragile, questo il dilemma dei repubblicani. Boehner sa che tra due anni dovranno sottomettersi di nuovo al giudizio degli elettori: dovrà negoziare con la Casa Bianca, ma senza concedere troppo; dovrà imporre la propria agenda ma senza paralizzare il Parlamento ed utilizzare le energie fresche dei Tea Party evitando di farsi trascinare “dall’entusiasmo di matricole che già parlano da rivoluzionari” quando dicono “siamo qui per abbattere il regime di Obama”. Boehner, ricorda Il Corriere, è un “reaganiano” ma anche un “pragmatico”, ex imprenditore prestato alla politica.
Per Il Sole 24 Ore il futuro leader della Camera Boehner è “all’attacco per abrogare la riforma sanitaria”. Cita le parole del leader repubblicano:”C’è stato un cambiamento di rotta in queste elezioni. Mi chiedo se il Presidente rispetterà il volere del popolo. Se lo farà saremo pronti a lavorare con lui. Ma il messaggio è chiaro. Si chiede una riduzione del ruolo del governo, un recupero del rapporto di fiducia con la gente, un aiuto per le piccole e medie imprese”. Sullo stesso quotidiano Claudio Gatti da New York ricorda che “sono stati sconfitti i candidati paperoni”. “Se c’è una categoria di candidati rep che ha perso, è proprio quella degli straricchi: Linda McMahon (regina del wrestling nel Connecticut al Senato) Meg Withman (ex ad di Ebay, battuta in California) CArly Fiorina (ex ad di Hewlett Packard, avversaria della senatrice uscente Barbara Boxer, California), Buffalo Carl Paladino, immobiliarista sconfitto nello Stato di New York, John Raese (magnate dell’acciaio e dell’asfalto, in corsa per un posto al Senato nella West Virginia).
Robert Reich, già ministro del lavoro di Clinton, a La Repubblica dice che l’economia e la disoccupazione hanno avuto un peso centrale nella vittoria repubblicana. Ma non vanno dimenticati errori come il bailout, il salvataggio di Wall Street dal fallimento, cui molti americani sono contrari: “Obama avrebbe dovuto imporre condizioni rigide alle banche, chiedere loro di limitare bonus e stipendi, di concedere prestiti alle piccole imprese, di consentire ai proprietari di case di riorganizzare i mutui e bloccare le lobby dei banchieri”.
Il Foglio: “Un film di Clint Eastwood, Gran Torino, dice due o tre cose interessanti sullo spirito dell’America. Primo: non c’è auto bella e solida come una Ford prodotta nel Midwest. Secondo: nessun governo sa difendere una famiglia meglio di un vecchio fucile. Terzo: persino i bifolchi del Michigan possono avere grandi ideali. Il successo dei Tea Party al voto di lunedì riporta le libertà dell’individuo – il principio di autodeterminazione nei rapporti tra Stato e cittadini – a al centro della vita americana. Non è un dato elettorale, ma culturale” Sul tema si esercitano Edward Lutwak, Antonio Donno, Marco Bassani, Nicola Rossi, Carlo Stagnaro.
Per Nicola Porro (Il Giornale) dai “libertari Usa” arriva “una lezione per l’Italia”: “Le elezioni sono state decise dai Tea Party, un movimento antitasse con forti connotazioni protezionistiche. E’ “la vittoria dei parvenu” snobbati. Per Porro ciò che importa è che lo spirito americano, nel momento della difficoltà economica, chiede meno Stato e non già più intervento. I Tea Party sono “un gigantesco schiaffo” all’establishment americano, non si ritrovano nel politicamente corretto dei liberal, e non sopportano le lobby e le grandi corporation dei Repubblicani. Un riferimento al Berlusconi del 1994.
La Stampa intervista l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato e riassume così il suo pensiero: “Obama ritorni a parlare al cuore degli americani”, “Solo la narrazione dei Tea Party è arrivata alla gente, ma è puro populismo”. Amato sottolinea che in questi anni di presidenza Obama c’è stato un fortissimo inasprimento idoelogico, sulla scia di quello dei tempi di Bush: “ma quando Bush aveva i conservatori più ideologizzati a gli evangelici a proprio favore, li includeva in una maggioranza rendendoli meno evidenti. Nel momento in cui invece le posizioni più estreme sono emerse come grida di un’opposizione, hanno finito per dare il tono generale all’opposizione”, anchge perché i media li ha amplificati. I Tea Party ci sono anche in Italia, con Beppe Grillo? “I Tea party sono un fenomeno schiettamente americano. Grillo un po’ somiglia, ma per ragioni che mi sfuggono viene collocato a sinistra”. Colpe di Obama: ha parlato “come fosse il presidentre della Brooking Institution”, “un modo narrativo freddo, da analista, in una parola non da uomo politico”. E così, ad esempio, “Gli interventi per l’industria dell’auto non sono arrivati all’opinione pubblica come aiuti per i lavoratori, per gli operai, ma come sostegno a Big Money”.

Politica

In che direzione si muove l’iniziativa del Comitato sui servizi segreti presieduto da D’Alema, che ha chiesto l’audizione del premier? Secondo il Corriere si indagherà sul controllo degli accessi nelle residenze presidenziali, sull’avvicendamento degli uomini che si occupano della tutela del premier, dei rapporti internazionali. Tra i membri del comitato si dà per scontato che Berlusconi non risponderà alla convocazione. L’invito a Berlusconi serve ad aprire l’istruttoria, e a fornire anche una “copertura” ai servizi segreti per ribadire che la credibilità dell’intelligence non può essere messa in discussione, soprattutto sul piano internazionale: prendendo spunto dalla smentita egiziana della notizia secondo cui Ruby era la nipote di Mubarak, si parlerà dei criteri di accesso a Palazzo Grazioli, a Villa Certosa e ad Arcore, tenendo conto che le prime due sono “sedi alternative di governo in situazioni di emergenza”. La questione si pose già nel 2009, quando il fotografo Zappadu immortalò ragazze ospiti della residenza in Sardegna e il premier ceco Topolanek nudo a bordo piscina. Si ripose, ai tempi della D’Addario, che registrò la voce del premier a palazzo Grazioli. Il senatore Pdl Quagliariello, intervistato, dice che la valutazione se farsi ascoltare e quando rimane al premier. Dice che la solidarietà che D’Alema ha dato ai carabinieri della scorta del premier è “inopportuna e offensiva”. E che ciò che si dice all’interno del comitato non dovrebbe uscire per vie ufficiali. Un criterio di prudenza impone al premier di aspettare, fino a che il Copasir non rientrerà nei suoi binari tradizionali, dice Quagliariello.
Sulla inchiesta di Milano sul caso Ruby, da registrare le parole del procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, che dice: “Noi perseguiamo reati, delle vicende private non ci interessiamo”, come riferito dal Corriere. E il procuratore ribadisce che il premier non è indagato.
Le pagine R2 Diario de La Repubblica sono dedicate al tema “abuso di potere”, ovvero “quando è l’istituzione a violare tutte le regole”. Gli ultimi casi che hanno coinvolto il premier – si legge sul quotidiano – sono uno degli aspetti della anomalia italiana, perché il superamento dei limiti da parte di chi governa mina la democrazia. Si cimentano sul tema Nadia Urbinati, Bill Emmot (ex direttore Economist, che sottolinea come in Gran Bretagna o nelle altre democrazie occidentali ci sarebbero state le dimissioni) e Aldo Schiavone.
In grande videnza su La Repubblica, un’intervista al cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, che viene interpellato esplicitamente sulle vicende di Berlusconi di questi giorni: “Il problema più grave -dice Tettamanzi- lo vivono i genitori che devono spiegare cosa sta succedendo ai propri figli, alle figlie che hanno la stessa età di quelle che si vedono in foto sui quotidiani in questi giorni”, “si parla tanto di valori, si brandisce questa parola come un programma e uno scudo. Ma poi ci si comporta ispirandosi a principi molto diversi”.
Sul Corriere si riferisce dell’incontro “teso” tra il segretario Pd Bersani e il sindaco di Firenze Renzi, che riunisce “i rottamatori” in una convention del fine settimana. Bersani non andrà a Firenze, per evitare fischi, secondo il Corriere. La Repubblica riassume così la posizione di Bersani: cita Boccaccio e il suo “paioti io fanciullo da dover essere uccellato?”. Ovvero, “non mi rottami, caro Renzi”. E’ stata una visita di cortesia, quella del sindaco di Firenze alla sede del Pd, che non ha mutato le distanze. Renzi: “Fa una gran fesseria a non venire a Firenze. A me comunque può tornare utile. La discussione sarà più libera”.
Alla riunione dei “rottamatori” dedica ampio spazio Il Riformista, come preannunciato anche in prima pagina (“Renzi pensa a ‘rottamare’. Provare a fare il sindaco?”, scrive, ad esempio, Roberto Morassut).
Il Riformista scrive che sull’inchiesta Why Not la Procura di Salerno ha smentito De Magistris, negando che vi sia stata una “guerra tra Procure”: per i magistrati salerninati il rifiuto dei colleghi catanzaresi a trasmettere gli atti del fascicolo non era finalizzato a difendere i giudici ‘complottisti’, ma sono a tutelare la posizione di altri personaggi mai indagati.
La Stampa offre ai lettori un colloqui con la neosegretaria Cgil Susanna Camusso: “Ora un’intesa con Cisl e Uil”, dice, spiegando di avere “una bozza da sottoporre a Bonanni e Angeletti sulla base degli accordi del ’93”.

E poi

Su La Stampa attenzione per la sopravvivenza dei cristiani in Medio Oriente. Mario Marazziti, portavoce della comunità di Sant’Egidio, dice: “c’è il pericolo che un mondo di convivenza sparisca”. “Il Medio Oriente si impoverisce anche se migliaia di cristiani immigrati (filippini, indiani) possono diventare la salvezza per le antiche chiese cristiane”.
Su Il Foglio, una lunga analisi sotto il titolo “Dopo duemila anni, Al Qaeda caccia i cristiani dal Medio Oriente?”. E sul tema si interpella il vescovo di Baghdad, monsignor Warduni, che dice: “Questo è il nostro Paese, qui siamo nati e qui vogliamo essere seppelliti”, “dobbiamo essere pronti anche alla croce”. E poi: “I terroristi qualche volta se lo dimenticano, ma noi siamo qui prima di loro, come fiori nel giardino dell’Iraq”.
Alla vigilia della visita del Papa in Spagna – racconta La Repubblica – nascono polemiche su come chiamare il monumento simbolo della città di Cordova: moschea o cattedrale? Il vescovo della città ha chiesto di definirla cattedrale, e chiede di eliminare dalle guide e segnali per i turisti i riferimenti all’Islam.