La Rassegna Stampa: in Egitto come a Bruxelles la protesta civile nasce sul web

Pubblicato il 24 Gennaio 2011 in , , da Vitalba Paesano

Le aperture

La Repubblica apre con le parole di Emma Marcegaglia, ieri ospite del salotto di Fabio Fazio: “Da mesi il governo è bloccato”. “Accusa della Marcegaglia”. E poi: “Fini: ‘Il premier si dimetta’. Replica Pdl: lasci lui”. L’occhiello: “La leader di Confindustria: senza riforme meglio cambiare. Sul caso Ruby Fede si assolve: cene senza sesso. Oggi la relazione della Cei”.  A centro pagina: “Dossier sulle trattative di pace” tra Israele e Anp, in cui si annunciano “carte segrete” che prevedono “enormi concessioni ai palestinesi”.

Il Corriere della Sera: “Governo insufficiente da sei mesi”. “Critiche di Confindustria. ‘Tremonti premier? Se eletto, perché no?'”. “Marcegaglia e il caso Ruby: c’è un’altra Italia che va a letto presto. Oggi il richiamo Cei”. A centro pagina le primarie a Napoli e Bologna: “Pd, rivincita su Vendola a Bologna e a Napoli. In Campania prevale l’uomo di Bassolino”. A fondo pagina la notizia di cronaca di una bambina di 10 mesi in coma in ospedale: “Picchiata, in coma a 10 mesi. La madre e il padre si accusano a vicenda”.

L’Unità: “Primarie, boom di voti. A Bologna successo del Pd Merola: quasi dieci punti in più di Frascaroli. Napoli, vince Cozzolino su Ranieri. Ma è polemica”. In prima anche un richiamo alle parole di Emma Marcegaglia, e uno alle firme a sostegno dell’appello delle donne promosso da quotidiano: “La rivolta delle donne. 40 mila firme su Unita.it”. Il titolo più grande è “Operazione melassa: La strategia mediatica del Cavaliere: rimuovere il Rubygate in tv dai programmi del mattino. Da Agorà a Pomeriggio 5 le parole d’ordine indicate ai suoi: negare, urlare, edulcorare la realtà”.

Il Foglio, nel suo numero del lunedì, offre una antologia di pareri sulla questione della competenza dell’inchiesta: Ma chi sarà a giudicare il Cav? Le competenze sul caso Ruby, le minacce della Lega, la conta a Montecitorio. Inizia una settimana decisiva”.

Il Giornale: “Ballarò inventa una finta escort e i cattolici scaricano Santoro. Tarocchi Rai”. E poi: “Fini torna a chiedere le dimissioni di Berlusconi. Il Pdl: dimettiti tu”. A centro pagina, con foto: “Annunziata guardona radical chic”. Ieri la giornalista ha intervistato Emilio Fede nel suo programma domenicale. Di spalla: “Ora la Marcegaglia fa la maestrina. Ma è per nascondere il suo fallimento”, articolo firmato da Francesco Forte. L’editoriale è firmato da Andrea Tornielli: “Ride bene chi ride ultimo”, il titolo.

La Stampa: “Casini: governo Pdl senza Berlusconi. Intervista con il leader Udc: ‘Il terzo polo potrebbe entrare se i dirigenti convinceranno il Cavaliere a lasciare Palazzo Chigi”. “Marcegaglia: da sei mesi esecutivo fermo. Fini: il premier si dimetta”. A centro pagina, con foto: “Belgio, la marcia della vergogna contro i politici”. “Da 225 giorni il Paese è senza un governo. Ieri decine di migliaia in piazza per chiedere stabilità”.

Politica

Intervistato da La Stampa, il leader dell’Udc Casini conferma che se il governo porta avanti qualcosa di utile avrà l’appoggio del terzo polo. Sul caso Ruby: “Berlusconi non può credere di convincere l’opinione pubblica che Ruby sia una santa”, “a casa sua ciascuno fa quello che vuole, ma non possiamo permetterci un premier sotto ricatto, né è accettabile che si affanni a telefonare a funzionari di polizia per una minore”. Per Casini Berlusconi “quantomeno dovrebbe spiegare” e poi e dovrebbe “scusarsi per il danno di immagine” al Paese. Poi aggiunge che dentro il Pdl “ci sono personalità autorevoli che potrebbero guidare un governo ‘senza’ ma non ‘contro’ Berlusconi, che potrebbe conservare il ruolo di leader del centrodestra e dedicarsi a chiarire la sua posizione personale”.
Enrico Letta, vicesegretario del Pd, dice che “la Lega deve scegliere tra il federalismo e Berlusconi” e precisa che “se si andrà al voto, il Pd è disposto a riprendere il percorso del federalismo nella prossima legislatura”: “A partire dalle nostre tesi, non contro la Lega ma anche con la Lega”.
In due città ieri si è votato per le primarie del centrosinistra:a Bologna e Napoli. La sfida in Campania era tra Umberto Ranieri, “favorito”, oltre che gradito alla segreteria Pd, e Andrea Cozzolino, “bassoliniano”, ex assessore all’Agricoltura. Il Corriere della Sera sottolinea che vi sono state contestazioni alla sua vittoria: l’ha peraltro annunciata mentre lo spoglio era ancora in corso, poiché quindici minuti dopo la mezzanotte, con meno di 100 dei 115 seggi scrutinati, Cozzolino già ringraziava su Facebook i suoi elettori, fornendo cifre che poi si sarebbero rivelate sbagliate di pochissimo. Denunciano irregolarità anche il candidato di Sinistra ecologia e libertà Libero Mancuso e Nicola Oddati, che punta l’attenzione sul voto in seggi a Scampia, Barra e nel quartiere di San Carlo all’Arena. Due consiglieri regionali che lo hanno appoggiato parlano addirittura di un voto organizzato da personaggi estranei al partito, in cambio di banconote. Mancuso dice che a San Giovanni, Secondigliano, Poggioreale, Piscinola, Barra, Scampia si sono viste in azione associazioni, comitati  e cittadini che notoriamente fanno riferimento al centrodestra. Lo stesso Cozzolino parla di irregolarità in alcuni seggi dei quartieri spagnoli, delle quali ha informato il comitato di garanzia e – in alcuni casi – le forze dell’ordine.
Su L’Unità una analisi di Pietro Spataro dedicata alle primarie: quasi settantamila persone sono andate al voto. Persone che “esercitano un ‘potere democratico’. Vincono i candidati Pd, per Vendola una battuta d’arresto”, scrive Spataro.

Palestina

Scrive La Repubblica che 1600 documenti riservati, redatti da funzionari palestinesi, americani e britannici, sono stati divulgati ieri dal network di Al Jazeera e dal quotidiano inglese The Guardian. Sono relativi al periodo 2008-2010, cioé alle trattative avviate dopo la conferenza di Annapolis tra israeliani e palestinesi, voluta da Bush. Ne emergerebbero concessioni riservate offerte dai palestinesi dell’Anp su Gerusalemme est e sulla questione del diritto al ritorno dei profughi palestinesi; la richiesta dei leader israeliani di “trasferire” una parte dei cittadini arabi nel nuovo Stato palestinese; il livello “intimo” di cooperazione tra le forze di sicurezza israeliane e l’autorità palestinese; il ruolo centrale dei servizi segreti britannici nella redazione di un piano segreto per schiacciare Hamas nei territori palestinesi; la notizia che l’Anp e il Presidente furono avvertiti dagli israeliani che si preparava una vasta offensiva contro la striscia di Gaza, tra la fine del 2008 e il gennaio 2009. Erano i tempi della ministra degli esteri israeliana Livni.  
Anche su La Stampa, che titola: “L’Anp offrì alla Livni ampie zone di Gerusalemme est. In un incontro trilaterale del 2008 l’ex premier Anp Qurei avrebbe proposto – alla presenza di Condolleezza Rice e di Tzipi Livni, l’annessione da parte di Israele di tutti gli insediamenti a Gerusalemme tranne Har Homa, sottolineando che si trattava della prima volta nella storia che l’Anp arrivava a tanto.
Restiamo a La Stampa per segnalare un intervento dello scrittore Abraham B. Yehoshua, che spiega il silenzio sul proprio Paese, cui si è attenuto in questi mesi attribuendolo a “lo sconcerto che provo dinanzi alla diffusione di nuovi, sconosciuti e gravi fenomeno di sciovinismo nazionalista e di allarmante estremismo religioso in una società della quale credevo di conoscere, nel bene e nel male, tutti i codici”. Lo scrittore ammette che “in tutto il mondo il fondamentalismo religioso e il nazionalismo sono fenomeni in crescita, ma Paesi come l’Olanda o l’Ungheria possiedono una solida identità nazionale e non devono fare i conti con nemici esterni. In Israele, invece, l’identità nazionale è ancora agli inizi e ci sono abissali differenze tra laici e religiosi, una grande eterogeneità di gruppi di ebrei di provenienze e culture diverse e una cospicua minoranza di arabi israeliani. Nell’opinione pubblica israeliana vi è, in linea di principio, consenso alla creazione di uno Stato palestinese; ma tanto più cresce questa convinzione diffusa, tanto più si risveglia una impetuosa ondata nazionalista”. Parallelamente diventa sempre più oltranzista l’universo religioso: “Chi avrebbe mai pensato che nella mia città natale, Gerusalemme, sarebbe stata introdotta la separazione tra donne e uomini su alcune linee di trasporto urbano? Chi avrebbe mai pensato che gli ultraortodossi avrebbero ‘conquistato’ interi quartieri in varie città proibendo ai loro seguaci di affittare appartamenti agli arabi?”.

Tunisia, Maghreb

Anche in questo fine settimana i tunisini sono scesi in piazza per chiedere l’uscita dal governo di unità nazionale di coloro che hanno fatto parte della nomenklatura dell’ex presidente Ben Ali. Racconta il Corriere che circa 300 persone sono partite sabato mattina dal centro del Paese, dalle campagne, prima a piedi, poi in un lungo corteo di auto, moto e minibus, per raggiungere Tunisi. Arrivano dalle terre del ventenne laureato disoccupato Buazizi, che si diede fuoco per protesta. Alla fine i manifestanti erano circa 3000. Il Giornale intervista il dissidente Moncef Marzouki, tornato da poco in patria dopo nove anni di esilio. Dice che non si aspettava una rivoluzione in Tunisia, convinto come era che la dittatura fosse troppo forte. Ha annunciato la sua candidatura alle presidenziali e si dice convinto che le proteste continueranno fino a che non cambierà il governo. Esiste il rischio di integralismo islamico in Tunisia? “No, per niente”. “Quella del rischio integralista è un’altra bugia, perché non dovremmo avere un partito islamico democratico?”. L’intervista si trova però sotto una lunga analisi di Gian Micalessin incentrata sul “rischio fondamentalista”: “Se a Tunisi la democrazia minaccia la libertà”. “Infiltrata dai fanatici del Corano la marcia sulla capitale per chiedere un governo senza uomini vicini a Ben Ali”. E le prossime elezioni libere potrebbero vedere il successo degli islamisti: venti anni fa il partito Al Nahda prese il venti per cento, nonostante i brogli.
Su La Repubblica l’inviato Bernardo Valli racconta come in Egitto siano i blogger la miccia della rivolta. Tra i più famosi “navigatori” si contano dal premio Nobel El Baradei ai fratelli Musulmani.

E poi

Tre studenti e due impiegati belgi hanno lanciato un appello attraverso Facebook e Twitter: il risultato, secondo quanto racconta il Corriere, è stato l’arrivo di migliaia di persone (le cifre oscillano tra i 30 mila e gli 80 mila) a Bruxelles, unite dallo slogan “Shame”. Vogliono così stigmatizzare il vuoto di potere, dopo mesi di trattative, per la formazione di un governo. Il Belgio ha superato il record iracheno: da 224 giorni la nazione non ha una guida. Ora il Paese è retto da un governo pro-tempore, ma la recessione morde e la speculazione comincia ad azzannare i titoli di Stato belgi. 11 milioni di abitanti, al 60 per cento fiamminghi e per il resto valloni francofoni (e una minoranza tedesca) non trovano più leader capaci di parlarsi. Soprattutto quando si sfiora l’argomento più scottante, ovvero il progetto di scissione di Bruxelles, la capitale.
Anche su La Stampa: “Il Belgio marcia contro il Palazzo”.

(Fonte:La rassegna italiana di Caffè Europa, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)