La Rassegna Stampa: Il partito delle delusioni (a ciascuno il suo)

Pubblicato il 16 Novembre 2010 in , , da Vitalba Paesano

Le aperture

Il Giornale: “I ministri lasciano, Fini no. Futuro e libertà apre la crisi. Berlusconi e il Senatur d’accordo: nessuno sconto, se c’è la sfiducia andremo alle urne. E Saviano accusa la Lega: è complice della mafia”. L’editoriale, firmato da Vittorio Feltri: “Fini e Casini sognano. Via il Cavaliere e soprattutto Bossi”.  A centro pagina le primarie del Pd: “Il Pd non vince più neanche nel Pd. Bufera a Milano dopo il flop primarie: l’antiberlusconismo senza idee non paga più”.

Il Fatto quotidiano: “Fini lascia Berlusconi. Bersani: vieni via con me. I finiani abbandonano il governo. Sacconi: ‘Traditori’. Il Quirinale convoca i presidenti delle Camere. Da Saviano e Fazio alleanza simbolica tra i leader Pd e Fli”. A centro pagina: “Ruby ad Arcore con la scorta. Il racconto della minorenne marocchina agli assistenti sociali. Secondo i suoi primi racconti la ragazza sarebbe andata almeno tre volte in auto blu a villa San Martino. Quanti soldi ha avuto?”.

Libero: “E’ peggio del ribaltone. L’ex leader di An fa uscire i suoi ministri dal governo e il presidente lo convoca subito anche se Berlusconi non è caduto. Obiettivo: non votare, perché Silvio e Lega sono in testa e per gli italiani Fli resta un oggetto misterioso”. Secondo il quotidiano la strategia del Cav sarebbe quella di andare “verso le elezioni a tutta forza contro Fini”. A centro pagina, con caricatura: “Il Quirinale mira a rifilarci Amato. L’uomo che ci tassò il conto corrente dalla sera alla mattina” sarebbe l’uomo del dopo Berlusconi secondo il quotidiano. A centro pagina: “Saviano scrive i testi per l’ammucchiata. Gli spot del capo futurista e di Bersani e a ‘Vieni via con me'”.

Il Corriere della Sera. “Crisi, si nuove Napolitano. Il Quirinale convoca i presidenti di Camera e Senato. Fallisce l’ultima mediazione leghista. Finiani fuori dal governo. Berlusconi e Bossi: fiducia o voto”. Il titolo di apertura è dedicato alle primarie milanesi, “un terremoto per il Pd”. “Dimissionari i vertici lombardi, polemiche a Roma”. L’editoriale di Angelo Panebianco è titolato: “Il partito delle delusioni”.  A centro pagina: “L’Europa cerca una cura per il debito dell’Irlanda. Rischia anche il Portogallo. Oggi l’Ecofin. Tremonti: discussione impegnativa”.

La Repubblica: “Via i finiani dal governo, è crisi. Napolitano convoca Schifani e Fini. Il Pdl attacca Fli: ‘Siete dei traditori’. La Lega si spacca su Montezemolo: deve lasciare la Ferrari. Berlusconi vede Bossi: fiducia o elezioni. Primarie, si dimette il vertice Pd di Milano”. Sulle primarie un commento di Miriam Mafai è titolato: “La lezione di Pisapia”. Da segnalare in prima anche una lettera che Luca Cordero di Montezemolo scrive “come presidente della Ferrari e come italiano” per reagire ad un articolo pubblicato ieri dal quotidiano (“La Nazione dei perdenti”). A centro pagina l’economia: “Debito, Irlanda alle corde, paura per il Portogallo. Piano banche a Dublino, Lisbona: mai chiesto aiuti”.

La Stampa: “Berlusconi, l’addio dei finiani. Fli apre la crisi. Il Pdl: traditori. Napolitano convoca Fini e Schifani”. E poi: “Patto di ferro tra il premier e Bossi: dopo il sì alla manovra verifiche in Parlamento, se non passa si va alle elezioni”. In prima un richiamo per la decisione degli immigrati di Brescia di scendere dalla gru, dopo 16 giorni. Hanno mediato Curia e sindacati. In prima anche la foto dal grattacielo in fiamme a Shangai.

Il Riformista: “Parte il Fini show. Ritira la delegazione dal governo e alla sera va in tv da Fazio”. Per il quotidiano è “Scontro aperto”: “Dopo le dimissioni dei loro ministri e sottosegretari, Berlusconi sfida i deputati di Futuro e Libertà: ‘Li voglio vedere a votare con Di Pietro mentre li indichiamo come gli untori”. Un richiamo in prima si sofferma anche sulle “faide nel bunker del Pdl” e le accuse a quattro ministri: il falco Stracquadanio (deputato Pdl) denuncia il silenzio sospetto di Frattini, Gelmini, Carfagna e Alfano. Dura replica del premier. Ma nel partito molti danno ragione al deputato del “Predellino” (sito di cui Stracquadanio è titolare, ndr): “Dove sono i pretoriani azzurri?”.

Il Foglio: “Tra i finiani spuntano gli obiettori di coscienza sulla sfiducia al governo”. Si racconta che un dubbio serpeggia tra alcuni esponenti della “zona grigia” che alla Camera si è schierata con Fini, ma che da sempre coltiva anche una sorta di doppia fedeltà. L’apertura è per le questioni internazionali, ed è dedicata ad Usa e Irlanda: “Non tasso dunque cresco. Cosa unisce l’America al bivio e l’Irlanda sul baratro”. Per quel che riguarda gli Usa, si è aperta la discussione sul destino dei tagli fiscali di Bush, in scadenza il 31 dicembre. Quanto all’Irlanda, si interpella il professor Francesco Giavazzi, che in qualche modo difende “la tigre celtica”. In prima anche un colloquio di suggestioni con il sindaco Moratti, con accenni anche al piano di governo del territorio comunale (PGT).

L’Unità ha in prima una foto di Berlusconi e Calderoli bollati come “bugiardi”: “Sciogliere una Camera? Quando cadde Prodi dissero: sarebbe eversivo. In taglio basso: “Milano, bufera Pd, si dimettono i vertici lombardi”.

Il Sole 24 Ore: “Salto triplo per l’Euro (ieri è sceso nuovamente sotto 1,36 dollari per le incognite del debito di Irlanda, Portogallo e Grecia). “L’Irlanda non chiede ancora il sostegno Ue, il Portogallo è in affanno, il deficit greco è al 15 per cento”. E poi le parole di Tremonti e Marcegaglia: “Il fondo Pmi crea lavoro, resterà dopo la crisi”.

Elezioni

Il quirinalista del Corriere della Sera spiega che quello previsto tra il capo dello Stato e i presidenti delle due Camere potrebbe essere un “consulto precrisi”, non una consultazione che si apre soltanto a crisi formalmente aperta. Una “riunione di indirizzo”, viene definita dal Colle, nel tentativo di individuare un “percorso condiviso” per la Finanziaria e la successiva resa dei conti dentro la maggioranza. Si ricorda che c’è stato il rinvio della conferenza dei capigruppo dei due rami del Parlamento, che avrebbero dovuto definire la calendarizzazione della ‘guerra delle mozioni’. La maggioranza vuole una mozione di fiducia a Berlusconi da votare al più presto in Senato, l’opposizione ha presentato una mozione di sfiducia alla Camera dove, con l’appoggio dei finiani e dell’MPA, dovrebbe mettere sotto l’Esecutivo. La contesa su quale dei due dibattiti debba precedere l’altro, non è un caso di forma ma di sostanza, perché in base a questa gerarchia il premier ha avanzato la pretesa “grottesca e impraticabile per i costituzionalisti e il Quirinale, se non altro perché ne potrebbe nascere una doppia maggioranza” che nel caso di una sua caduta, sia sciolta soltanto la Camera e si voti unicamente per essa. Napolitano non può interferire sul calendario, ma chiederà una assunzione di responsabilità ai due presidenti.
Ieri si sono incontrati i vertici di Lega e Pdl e l’esito è stato il tramonto della ipotesi di un Berlusconi bis, giorni fa propugnata dalla Lega. Lo racconta lo stesso quotidiano.
Su La Repubblica viene intervistato Adolfo Urso, viceministro dimissionario ed esponente di Futuro e Libertà. Sul Berlusconi bis: ”La proposta era stata avanzata al presidente Berlusconi, anche se oggi appare piu’ facile realizzarla con altri candidati. Comunque espressione del centrodestra, dello stesso Pdl o finanche della Lega”. Quanto allo “sciagurato caso di ricorso alle urne”, “lanceremmo un appello a tutte quelle forze che vogliono costruire un altro centrodestra, quindi anche a Casini, a Rutelli, a Lombardo e alle forze sociali e produttive che si
sentono, loro si’, tradite dal Pdl”.

Primarie Pd

Filippo Facci, su Libero,  commenta: “Evviva Pisapia, l’anti Travaglio rosso”. “Il risultato ottenuto è spettacolare per almeno due ragioni: la prima è che ha vinto, a sinistra, un garantista di quelli veri. Poco organico al Pd, tanto che da competente, ex deputato indipendente di Rifondazione, era il candidato prescelto da Prodi per il ministero della giustizia, ma risultò estraneo a quel gioco di pesi e contrappesi che avrebbe reso i ministri del governo Prodi perfettamente intercambiabili tra loro”. E così fu Mastella a soffiargli il posto. Pisapia non era gradito alla nomenklatura giudiziaria che nel Pd aveva ed ha un certo peso. Ma le sue posizioni sulla giustizia l’hanno sempre reso insopportabile anche alla sinistra forcaiola, “quella che in parte sovrintende, paradossalmente, lo stesso popolo che l’ha votato” a Milano. Quando fu indicato informalmente a Guardasigilli, Travaglio intervenne su Micromega, sconsigliandone la nomina.
“Meno manette” è anche il titolo di uno degli editoriali de Il Foglio, che vede nella vittoria di Pisapia i segnali di una nuova sinistra non giustizialista. “Il garantismo, d’altra parte, è un elemento rilevante della sinistra non comunista in tutto il mondo”. I dirigenti del Pd “non hanno voluto o saputo valorizzare questo elemento di Pisapia”, e si sono dimessi affermando che la loro impostazione riformista non è stata compresa. A Milano, invece, “la prova del riformismo sta nell’abbandono della sindrome dei manettari, che comincia a dare qualche segno di stanchezza persino in Procura”.
La Stampa intervista lo stesso Pisapia, che sottolinea come sia necessario allargare la coalizione e sfruttare la scesa in campo di un terzo Polo, cercando di non perdere voti a sinistra, ma di prendere i delusi della Moratti, recuperando una tradizione di “riformismo municipale”. Come pensa di conquistare Milano partendo così da sinistra? “Senza smarcarmi dalla mia storia, trovando convergenze con gli elettori moderati delusi. Su elezioni locali si può fare”, lasciando fuori dall’agenda comunale “le posizioni eticamente sensibili” e concentrandosi sui temi del welfare cittadino, su cui è possibile dialogare. Richiesto di un commento sulle dimissioni dei vertici Pd, dice: “Non entro nel dibattito interno al Pd”, “quanto alla valenza nazionale delle primarie, ho preso un impegno: mi occuperò solo e soltanto della nostra città”. Ricorda l’esempio di città come Berlino e Parigi, “governate da sindaci di sinistra, che raccolgono il consenso di vasti ceti moderati”. Sulla possibile candidatura di Albertini da parte di un Terzo Polo, dice che sarebbe utile perché “contribuirebbe a dividere ancora di più il centrodestra, senza toglierci nulla”.
L’Unità ricorda che prossimamente le primarie si terranno a Bologna e Napoli (23 gennaio) e a Torino (febbraio). Anche il quotidiano del Pd intervista Pisapia, che preannuncia di voler incontrare al più presto le forze politiche locali e gli altri candidati alle primarie: tutti, dall’Idv all’Udc, il mondo dell’associazionsimo laico e cattolico. Dice di aver ricevuto incoraggiamenti proprio dalle associazioni e rappresentanti del centro, cattolici e non, per spiegare perché intende allargare la coalizione “il più possibile”: “Quello che viene definito il centro è di sicuro più vicino alle mie posizioni che a quelle della Moratti e della destra”.
Analizza il risultato delle primarie milanesi l’ex sindaco Gabriele Albertini che, in una intervista al Riformista, dice: “Se fossi Bersani farei una scelta prudente, appoggiando la candidatura di Pisapia, per arrivare così a una sconfitta dignitosa contro la Moratti”. Vuol dire che Pisapia non ha chances? Per Albertini il Pd raccoglierà voti in un’area che si pone interrogativi persino sul nucleare, che comperiamo senza volerlo produrre, e segue una linea antistorica abbandonata persino dalla Cina. “Aspetta risposte dal Pd per una sua candidatura?”. “Per avere il quadro di riferimento devo aspettare alcune cose”. Poi parla del berlusconismo: “i pretoriani e le cortigiane hanno sequestrato l’imperatore”, “il caso Fini è il tipico caso in cui la corte ha scelto l’autodifesa e ha espulso il presidente della Camera come possibile antagonista, non tanto di Berlusconi quanto del ceto di nomina”. Possibile il passaggio a Futuro e libertà. “Non sono un uomo di partito, non faccio passaggi dai finiani ai berlusconiani, anche se resta evidente che l’esperienza del Predellino è ormai superata.
Secondo Il Corriere della Sera Albertini incontrerebe oggi i “terzopolisti” ed ha preso il via un pressing di Casini e Rutelli. Albertini, secondo il Corriere, spera nella “desistenza” di Bersani.
La Repubblica intervista Nichi Vendola, che dice: “Un segnale per il centrosinistra, non si vince aprendo a Fli”.
Andrea Romano, sul Sole 24 Ore, sottolinea che la candidatura di Pisapia può ambire a riportare al voto esclusivamente gli astenuti di sinistra, rispetto alla “insipienza di una leadership massimalista che nel 2008 è riuscita nell’impresa di essere espulsa dal Parlamento”. Non attrarrà invece quelli che vengono definiti gli “astenuti consapevoli”: non qualunquisti, ma attenti alla discussione pubblica, tanto nel centrosinistra che dal centrodestra.
Lo stesso quotidiano, che offre una utile analisi quartiere per quartiere (unico in cui c’è stato un testa a testa Pisapia Boeri è quello di Niguarda, storica roccaforte Pd. Nelle zone ricche della città Boeri ha preso meno della media cittadina, superato dal candidato Onida) scrive che soltanto un terzo del popolo del Pd ha votato per il canditato Stefano Boeri, e che gli elettori che hanno partecipato alle primarie sono circa 67 mila, molti meno rispetto ai 100 mila attesi.

Esteri

Il Corriere della Sera racconta il via dato al progetto di rilevazione del benessere dei cittadini inglesi: è un vecchio pallino del premier Cameron, enunciato già dal 2006. E’ infatti convinto che la solidità di un Paese, anche ora che l’economia è a pezzi, non possa essere misurata soltanto da quel numero e da quelle percentuali che esprimono la ricchezza in beni e servizi, ovvero il Pil, poiché esso non è sufficiente a fotografare una Nazione. Scrive Il Sole 24 Ore che il “benessere fisico e psicologico, pulizia dell’ambiente, andamento dei trasporti” sarebbero tra le variabili di cui tener conto, secondo il quotidiano, per calcolare la felicità di un popolo e il grado dello sviluppo su scala mondiale. Il 25 novembre l’istituto di statistica britannico riceverà il mandato formale per mettere a punto le domande con il kit completo. E il formulario andrà riaggiornato ogni tre mesi.
Una intera pagina de Il Foglio è dedicata al rimpasto francese: “Rivoluzione nel clan Sarkozy”, “a Parigi il rimpasto di governo è tutto un affare tra compagnon, perché restano solo 18 mesi” prima delle prossime presidenziali.

E poi

Sulle pagine R2 de La Repubblica, inserto su “tutti i Mohamed d’Europa”. Renzo Guolo e Anais Ginori si occupano del tema. L’onomastica anticipa le mutazioni sociologiche di una nazione. Chiamarsi Mohamed significa avere poche possibilità di trovare lavoro, sottolinea Guolo, parlando del ruolo della scuola per evitare la nascita di nuovi ghetti.

(Fonte:RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)