La Rassegna Stampa: il dramma pubblico di una maggioranza che si dissolve

Pubblicato il 8 Novembre 2010 in , , da Vitalba Paesano

Le aperture

Corriere della Sera: “Fini rompe, governo sull’orlo della crisi”, “Il leader di Futuro e libertà chiede le dimissioni del premier. Il Pdl: è lui che deve lasciare la presidenza dellla Camera”. E le parole di Fini: “Nuovo esecutivo con l’Udc o usciamo”, “Berlusconi: vado avanti, votateci contro”. A centro pagina: “Le elezioni farsa della Birmania”, “Quasi vuoti i seggi dei generali, condanna di Obama”. E poi titoli sul viaggio in Spagna del Papa, con un appello agli Stati, lanciato da Barcellona: “L’appello del Papa, ‘Aiuti alla famiglia’”. In taglio basso: “Califano vuole l’assegno di Stato”, “Una vita di eccessi, ora la richiesta della legge Bacchelli”.
La Repubblica: “Fini: ‘Crisi o noi via dal governo’. Ultimatum a Berlusconi che replica: ‘Io resto, mi votino contro in aula’”. “Svolta del presidente della Camera: il premier vada al Colle, poi nuovo programma e alleanze. Bossi: ‘Per adesso sto dietro il cespuglio'”. A centro pagina: “Pompei a rischio, possibili nuovi crolli”, “Il ministro Bondi: se fossi responsabile mi dimetteri”. Di spalla, un intervento di Roberto Saviano, dedicato alla prima puntata, prevista per stasera, della trasmissione “Vieni via con me”. Titolo: “Così racconterò i segreti della macchina del fango”.
La Stampa: “Fini: un nuovo governo”, “‘Berlusconi si dimetta, altrimenti la delegazione di Futuro e libertà lascia’. Il premier: non me ne vado, mi voti contro. Bossi: ‘Io sto dietro il cespuglio'”, “Il presidente della Camera vuole un esecutivo con dentro anche i centristi di Casini. Il Cavaliere punta al rimpasto”.
Il Giornale: “L’ultima raffica di Fini”, “Comica finale, il Fli licenzia Berlusconi”. E le parole del presidente della Camera: “‘Il premier salga al Colle e apra la crisi’. La risposta: ‘Io non mi dimetto, mi voti contro in Parlamento'”.
L’Unità ha in prima la foto di un cerino bruciato: “Tempo scaduto”, “A chi il cerino. Fini-Berlusconi: ‘Dimnettiti’, ‘Sfiduciami'”. “L’affondo e la minaccia del capo di Fli. Chiede al premier di salire al Colle, ‘Lasci o usciamo dal governo’. Ma gli offre un patto di legislatura”. “Il Cavaliere furioso: voti contro in Parlamento. Il presidente del Consiglio rifiuta la responsabilità della crisi. Pdl: peggio della marcia su Roma”. “Bersani: crisi conclamata, risposta illusoria. Il segretario Pd: basta scaricabarile mentre il Paese va allo sbando. Si organizza la piazza di dicembre”. In taglio basso, la visita del Papa in Spagna: “Gay e lesbiche bacio di protesta contro Ratzinger”. E’ accaduto a Barcellona. E poi, un titolo richiama le dichiarazioni della neo-segretaria Cgil Susanna Camusso, indirizzate all’a.d. Fiat Marchionne: “Discuta con noi il piano Fiat”.

In Italia

“E’ arrivato il 25 aprile”: è il titolo dell’editoriale di Massimo Giannini che, sulla prima de La Repubblica, analizza la situazione del governo Berlusconi all’indomani del discorso di Fini. “Quello che va in scena -si legge- non è più il solito ‘teatrino della politica’ che il Cavaliere esecra abitualmente a parole, rappresentandolo quotidianamente nei fatti. E’ invece il dramma pubblico di una maggioranza che si dissolve”: “non sappiamo esattamente come e quando cadrà il Berlusconi IV. Stavolta sappiamo però che la fine è imminente. Questione di ore, tutt’alpiù di giorni”. Fini ha osato “l’inosabile”, secondo Giannini, puntando a raccogliere il consenso dei moderati italiani e candidandosi ad esserne il leader: “il prudente Gianfranco, sempre incline all’attacco e poi al ripiegamento, stavolta rompe gli ormeggi. e si lancia subito, qui ed ora, ‘oltre Berlusconi’. E’ un passaggio cruciale, che lo vedrà in mare aperto, forse a navigare insieme ai Bersani e ai Di Pietro contro il ‘vascello fantasma’ del Cavaliere. Ma è e resta pur sempre un passaggio provvisorio. Affondata la nave berlusconiana, Fini riprenderà la sua rotta”., per creare un’altra destra di tipo europeo.
Pierluigi Battista firma l’editoriale sulla prima del Corriere. Titolo: “Strappo finale, ma poi?”. Fli “nasce con un traguardo così ambizioso da sembrare velleitario e irrealistico: costruire un centrodestra che non abbia più Berlusconi come suo indiscusso e carismatico leader”, scrive Battista, sottolineando che “si dà il caso però che Berlusconi non sia ancora il passato perché è e continua a essere il leader del centrodestra, il capo del governo, il leader del partito maggiore della coalizione”. “Bisogna dire con chiarezza che non è affatto normale che un presidente della Camera dia il benservito ufficiale al presidente del Consiglio”, aggiunge Battista, invitando Fini a prendere almeno un impegno: “da presidente della Camera, faccia in modo che non ci sia una crisi extraparlamentare”, poiché ciò “stonerebbe” con il ruolo istituzionale che ricopre. Eviti che la sfiducia al governo venga esercitata sulla Legge di stabilità, poiché ciò esporrebbe l’Italia ad una pessima figura internazionale: “se sfiducia ha da essere, che sia su altri provvedimenti”. Per Battista a Perugia, luogo del discorso di Fini, “si è misurato il drammatico errore di Berlusconi, alimentato da consiglieri rancorosi e miopi, di voler liquidare le posizioni di Gianfranco Fini come una molesta questione personale da eliminare con un provvedimento disciplinare (il deferimento ai probiviri, nientemeno)”. Fini ha fatto nascere una forza politica vera, e non vuole che essa esca culturalmente e politicamente dal perimetro del centrodestra: “vuole andare ‘oltre’ Berlusconi e non ‘contro il Pdl'”. Allora -sottolinea Battista- non si presti a “maggioranze abborracciate” che “suonino come un oltraggio alla volontà popolare espressa nel 2008”, non ceda alla tentazione di governi tecnici o istituzionali, che farebbero passare Berlusconi come vittima di un ribaltone, di una “manovra oligarchica” : accetti di misurarrsi con nuove elezioni, anche in presenza di una legge elettorale orribile.
Vittorio Feltri, su Il Giornale: “non c’è bisogno di essere aquile per capire che il governo è virtualmente morto”, e “il becchino che provvederà alla sepoltura” è Fini. “La coalizione vincitrice dele elezioni del 2008 aveva numeri in abbondanza per durare cinque anni, e se nei giorni a venire non avrà più a sufficienza neanche per tirare a campare, la responsabilità sarà della terza carica dello Stato che, da oltre un anno, è impegnato in una lotta senza quartiere contro il Cavaliere e Bossi”. Fini -ricorda Feltri- ha dichiarato di non temere elezioni anticipate: “segno che ne è terrorizzato. Altrimenti non avrebbe immediatamente precisato che bisogna cambiare la legge elettorale per consentire ai cittadini di scegliere i candidati da votare”.  Quale legge vuole? Il ripristino dell preferenze? Il collegio unico maggioritario? Nel secondo caso, bisogna ricortdargli che laddove si presentino un candidato di destra e uno di sinistra, a sceglierli sono i rispettivi schieramenti. Se invece si va a votare con l’attuale sistema, Fini sa di rischiare: “se non superasse lo sbarramento del 4 per cento, sarebbe escluso dalla Camera”. “Pensa forse di apparentarsi con Pierferdinando Casini?”, chiede Feltri. “O confida nell’aiutino del presidente della Repubblica?”, che “ha in mano il pallino”? Se Napolitano scioglie il Parlamento e apre i comizi, Fini è in pericolo; se invece il Quirinale “prova a varare un governo di transizione e magari ce la fa, allora ad essere in pericolo è Berlusconi”. Ora che la maggioranza non c’è più perché Fini “l’ha mutilata”, “la soluzione logica è ricorrere alle urne”, conclude Feltri.
Per La Stampa Berlusconi pensa al rimpasto: il premier è convinto che i deputati peones ci penseranno due volte prima di troncare la maggioranza. “Non appena Fini impartirà ai suoi ministri (…) l’ordine di dimettersi”, il Cavaliere salirà al Colle: ma non per dimettersi, bensì per indicare a Napolitano quattro nomi a Napolitano, che sostituiscano i finiani al governo. Insomma, un rimpasto, per poi ripartire dalla fiducia al Senato.
Il quotidiano intervista Rosy Bindi: “Bravo Fini, ma non lo aspetteremo”. La presidente del pd dice: troveremo il modo di portare la crisi in Parlamento.

Esteri

Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Shauble, in un’intervista a Der Spiegel, lancia pesanti accuse agli Usa: “la politica monetaria americana aumenta l’insicurezza dell’economia mondiale e distrugge la credibilità degli Stati Uniti”. Ne riferisce La Repubblica, che sintetizza: “La Germania molla Obama: ‘Usa senza credibilità, sanno solo fare debiti'”. Si avvicina il G20 di Seul, “il meeting coreano doveva processare la Cina, ora ci sarà Barack sul banco degli imputati”. Doveva essere -scrive Federico Rampini- il summit del processo alla Cina, poiché gli Usa volevano caolizzare un ampio fronte di alleati e premere su Pechino al fine di ottenere una rivalutazione del remimbi, e invece sta accadendo il contrario, poiché è l’America a ritrovarsi più isolata, sotto la raffica di accuse che uniscono tutti gli altri.
Su La Stampa, con richiamo in prima: La Cina pronta a salvare Lisbona”. Il quotidiano descrive la strategia del presidente Hu Jintao per conquistare l’Europa: in settimana andrà da Sarkozy e riceverà Cameron.
Dal Corriere segnaliamo un reportage dall’Afghanistan di Davide Frattini: “A Kandahar dove regna il terrore. Chi lavora per il governo muore”.
Tutti i quotidiani riferiscono delle parole di Obama sulle elezioni in Birmania: “voto non libero”, “violata ogni regola”.
La Stampa continua a seguire il viaggio del presidente Usa in Asia. Ieri era a Mumbai: “Obama esalta gli eredi di Gandhi, ‘Siete il futuro'”. Obama ha avuto un vivace incontro con gli studenti, che non gli hanno risparmiato domande incalzanti: sulla jihad, sui deludenti risultati delle elezioni di mid term, sulla sua fede. Una ragazza gli ha chiesto dei rapporti Usa-Pakistan: “perché siete alleati di uno Stato terrorista?”. Risposta: “Il Pakistan è una grande nazione e ha un problema serio con gli estremisti che vi si trovano, il governo si sta impegnando, comunque è nel vostro interesse che sia stabile”.
Dallo stesso quotidiano segnaliamo un’ìintervista al leader palestinese Mustafa Barghouti, che intende dire “basta con la corruzione di Fatah e l’estremismo di Hamas” e che intende battere “l’assedio di Netanyahu con la ragione e la non violenza”.
Il Giornale scrive che, a distanza di otto mesi dalle elezioni, l’Iraq ha finalmente un governo: l’impasse si sarebbe sbloccata a seguito della decisione di Iraqiya, il blocco dell’ex premier Allawi, più laico ed aperto ai sunniti, di appoggiare l’attuale premier sciita Al-Maliki riconfermandolo nell’incarico.

(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)