La Rassegna Stampa: +9,8%, la Borsa crede nel giovane Elkann

Pubblicato il 21 Aprile 2010 in , da Vitalba Paesano

 

 

 

 

 

 

Le aperture

La Repubblica: “Fini: resto nel Pdl, e darò battaglia. Berlusconi: faccia il suo partito”. Di spalla: “La Fiat a John Elkann: ‘Vorrei qui mio nonno’”. A centro pagina anche la foto del crollo di un costone di tufo a Ventotene, che ha causato la morte di due ragazze in gita scolastica.

Il Messaggero: “Pdl, lo strappo di Fini”, “si schierano con lui 52 parlamentari ex An, ma 75 sono con il premier”. “Resto e non starò zitto”: così il quotidiano riassume il pensiero espresso dal Presidente della Camera. E la risposta di Berlusconi: “Richieste confuse”.

La Stampa: “Elkann alla presidenza Fiat”, “Montezemolo lascia: dopo sei anni ho finito il mio lavoro di traghettatore”. Sulla crisi nel Pdl: “Fini vara la corrente, ‘non starò zitto e non me ne andrò’”. “La Lega frena Berlusconi: no a rotture”.

Il Giornale: “Fini disperato perde i pezzi”, “l’ex leader di An raccoglie l’appoggio solo di un terzo dei suoi parlamentari. Tutti gli altri votano un duro documento contro di lui. Berlusconi avverte: ‘Non mi farò logorare’, ma attenzione, il rischio c’è”.

Libero: “Silvio non cascarci. Fini ci prova. L’ex leader di An vuole restare nel Pdl e continuare a sparare sul Governo. Berlusconi è furioso ma prende tempo. La soluzione migliore sarebbe farla finita una volta per tutte”.

Il Foglio: “Il Cav mugugna davanti alla corrente finiana nata ieri (ma senza An). Per il quotidiano di Ferrara “gli ex missioni si dividono, Alemanno tentenna ma resta con i colonnelli, Fini vale il 10 per cento del Pdl”. La colonna di apertura è dedicata alla Fiat, alla sfida di John Elkann, alle alleanze asiate in arrivo, ma anche alla politica di LCDM, cioé Montezemolo: “Montezemolo adesso si tenga alla larga dalla tossica nebulosa neocentrista”, scrive Francesco Forte.

La notizia dell’avvicendamento ai vertici Fiat è ovviamente anche notizia di apertura per Il Sole 24 Ore, che non manca di sottolineare come il titolo sia volato in Borsa (+9,28%): “John Elkann presidente della Fiat, Montezemolo lascia ma rimane nel gruppo: finito il ruolo di traghettatore”. Un richiamo in prima pagina anche per le tensioni nel Pdl, con foto del Presidente della Camera: “Fini avverte Berlusconi: resto ma accetti il dissenso”.

Su Il Riformista compaiono affiancate le foto di Fini e Montezemolo accomunati di sfiorarsi i capelli: “Anti-Silvio cercasi”. E si spiega: “Fini farà il dissidente”, “Luca ha le mani libere”.

Più esplicito il titolo di apertura de L’Unità, con foto che ritrae insieme i due: “Guida a destra”. Il sommario spiega che l’ex leader degli industriali potrebbe entrare in politica, a caccia dei delusi del Nord, mentre Fini resta e fa la sua corrente nel Pdl.

 Politica

Secondo La Repubblica Berlusconi ieri si sarebbe sfogato a Palazzo Grazioli con il vertice del Pdl: “Questo stillicidio è insopportabile”, avrebbe detto. “A questo punto sarebbe meglio che si facesse il suo gruppo e il suo partito. Molto meglio trattare con un partito che con una persona che perso definitivamente la testa. Per il quotidiano la fibrillazione del Pdl preoccupa anche gli alleati della Lega: inizialmente Bossi aveva invitato il premier a ricucire con Fini. Ma ieri pare si sia mostrato più guardingo, insospettito anche dalle dimissioni di Montezemolo dalla presidenza Fiat: “E se Montezemolo si mette con Draghi, Fini e Casini e rifanno la Dc?”, scrive il quotidiano riassumendo il pensiero di Bossi.

Il Foglio scrive che domani la direzione nazionale del Pdl il Presidente della Camera giocherà le proprie carte: più democrazia nel partito, maggiore attenzione alle politiche nel sud e alla concorrenza della Lega al nord, riforme. Il quotidiano intervista il vicecapogruppo berlusconiano del Pdl al Senato Quagliariello, che dice: “Per prima cosa la nascita di una minoranza interna, tanto più se di ‘estrema’ minoranza, non è affatto una tragedia”. Secondo Quagliariello sarà perfino più facile “completare la nascita del Pdl, all’interno del quale si configura un gruppo solido che conta il 90 per cento e una minoranza del 10 per cento, in una logica che salva il principio carismatico della leadership”. Maurizio Belpietro, direttore di Libero: “Fini, dopo aver minacciato di far la guerra a Berlusconi, si rassegna dunque alla guerriglia. Non esce dal Pdl, ma resta per dare fastidio”. E’ quasi certo che l’ex alleato cercherà di tendere qualche imboscata sui temi della giustizia ma, soprattutto, proverà a contrastare la Lega, col risultato quasi ovvio di rafforzare l’alleanza Bossi-Berlusconi. Per Libero quella di Fini è “la sfida impossibile del nuovo Follini”. Lo stesso quotidiano intervista Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl a Palazzo Madama, e secondo firmatario di quello che è stato ribattezzato come ‘il documento dei 75’, cioé dei deputati e senatori ex An che non hanno condiviso lo strappo di Fini: “Chi su certi temi vuole innovare, penso ad esempio su immigrazione e bioetica, non può pensare che quella sia la posizione dell’intera ex An”. Questo spiega perché il quotidiano riassume il pensiero di Gasparri con un “Fini non ci rappresenta più”.

Il Riformista intervista il leader di Alleanza per l’Italia Rutelli, secondo cui le parole di Fini e la sua scelta di non uscire dal Pdl “confermano che la breve illusione della stagione bipartitica è finita”. Riferendosi alle possibili convergenze tra la sua formazione e l’Udc, ricorda che alle ultime regionali, nelle 4 regioni dopo l’Api si è presentata, la somma dei due partiti supera il 10 per cento: c’è insomma la possibilità che accada anche da noi “qualcosa di simile all’Inghilterra, dove il boom di Nick Clegg e dei liberaldemocratici dimostra che c’è spazio per una offerta riformatrice fondata sulle idee”.

 Montezemolo

 Luca di Montezemolo viene intervistato dal direttore de La Stampa Mario Calabresi: “Sono molto soddisfatto perché ho portato a termine il mandato che mi era stato assegnato”, dice. La decisione “è maturata poco meno di un mese fa, nel momento in cui è stato chiaro che si poteva presentare un piano veramente nuovo e innovativo che farà fare all’azienza un salto epocale”. Cosa farà domani? Oltre al tempo per la famiglia e per la Ferrari (“la cosa più importante della mia vita”), Montezemolo parla della azienda che dovrà fare concorrenza a Trenitalia, ed esclude di avere tentazioni di entrare in politica. Ma aggiunge che il fatto “di non essere più presidente della Fiat mi permetterà di esprimere le mie opinioni con maggiore libertà”.

Intervistato da Il Riformista, Carlo Rossella esclude che l’ex presidente Fiat faccia politica: “Ha altre idee per la testa, per ora niente politica”; amico storico del capo della Ferrari, vede per lui un futuro “nello stile degli uomini di impresa americani”, parteciperà al dibattito pubblico, ma vuole impegnarsi nell’alta velocità ferroviaria”.

Clegg

Nick Clegg, leader dei Liberaldemocratici, è anche oggi protagonista delle cronache sulle elezioni britanniche. La Repubblica lo intervista: “Sono felice che l’idea di una alternativa, di un partito diverso dagli unici due che ci governano da settanta anni, sia oggi diventata possibile”. Clegg sottolinea che “il Labour non esiste nel sud dell’Inghilterra, e Brown non prova nemmeno ad andarci”. Cameron “non esiste nelle città del nord, noi invece abbiamo sostenitori dappertutto”.

Sulle possibili alleanze: “Un governo di coalizione non sarebbe un male, bensì un bene. Sui rapporti con gli Usa: “Dobbiamo liberarci dall’idea che questa alleanza domini tutta la nostra politica estera”. Era una idea nata con la guerra fredda, ma ora è finita e il mondo è cambiato: “A quella alleanza abbiamo sacrificato i nostri valori più profondi, il rispetto della legge, la giustizia, i diritti umani, quando abbiamo ciecamente appoggiato ogni scelta di Bush e Cheney, negli anni di Blair”.

L’opzione militare per l’Iran “è dannosa. E’ controproducente perfino parlarne”. Sull’Unione Europea e l’europeismo di Clegg: “Penso che non sarebbe il momento di adottare l’Euro”, “ci vorrà un referendum per deciderlo”, ma “dobbiamo stare dentro” l’Europa per guidarla nella direzione giusta.

Su Il Sole 24 Ore: “Clegg: l’Inghilterra del bipartitismo ormai non esiste più”, e “le banche dovranno rimpicciolirsi”: “gli elettori, votando per noi, hanno la possibilità di esprimersi a favore di un sistema finanziario decentralizzato”. Il Sole scrive che Clegg ha immaginato il frantumarsi e il moltiplicarsi della city con banche costrette a rimpicciolirsi e ad espandersi sul territorio, accompagnate da borse regionali al servizio di un network, al momento inesistente, di piccole e medie imprese”. Parole che ha pronunciato con la benedizione del suo possibile Cancelliere dello scacchiere Vince Cable. E’ di Cable l’idea di una radicale riforma del sistema fiscale che prevede, tra l’altro, l’introduzione di una tassa del 10 per cento sugli utili delle banche da aggiungersi alla corporate tax. Sulla politica estera, Clegg ricorda di esser stato l’unica forza politica ad opporsi alla guerra in Iraq e sollecita un ripensamento nell’automatismo della cooperazione transatlantica: “Nessuna nazione deve mai rendersi disponibile per default”.

Di Clegg parla anche La Stampa, secondo cui il 40 per cento degli under 34 è con lui: “I giovani inglesi scoprono la politica e votano Clegg”.

 E poi

Su La Stampa una intervista al premier libanese Hariri, ieri in visita in Italia: “Israele non vuole la pace”, dice. Rispondendo alle accuse lanciate nei giorni scorsi dall’intelligence israeliana, secondo cui scud iraniani stanno arrivando ad Hezbollah attraverso la Siria, Hariri dice: “Queste accuse ricordano quel che si disse della armi di distruzione di massa di Saddam. Non sono mai state trovate, non esistevano”. Sulla pace Israele “rema contro”. Hariri è convinto di poter disarmare in qualche modo Hezbollah “attraverso il dialogo tra palestinesi”.

 Adriano Prosperi firma su La Repubblica un lungo commento dedicato a “il patto tradito nelle università”.

 Guido Bolaffi, su Il Sole 24 Ore, spiega perché negli States gli immigrati sono in calo: per la prima volta dal 1990 i clandestini anziché aumentare, diminuiscono. Tra il gennaio 2007 e lo stesso mese del 2009 il numero di clandestini è calato di oltre un milione. La ragione di tanto cambiamento è nella durezza della crisi economica, che con gli ordinativi ha trascinato l’occupazione ben sotto i livelli di guardia, in particolare nell’edilizia, dove si concentra la manodopera illegale. Bolaffi si sofferma anche sulla particolarità del mercato del lavoro americano dove, a differenza che in Europa e in particolare in Italia, immigrazione clandestina e lavoro nero non sono sinonimi, vista la ristretta forbice tra il costo del lavoro e il salario.

Il Giornale sottolinea l’impegno che la ministra Gelmini ha assicurato ieri per un modello più federalista sull’insegnamento, e intervista il Presidente della Regione Lombardia Formigoni: “Il modello per la scuola? La sanità lombarda”.

(fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo, Paolo Martini)