Il rilancio del Turismo, visto dal Touring Club Italiano

Pubblicato il 27 Marzo 2011 in , da Vitalba Paesano

Federalismo demaniale: così il TCI rilancia il turismo

“Oggi l’associazionismo molto più dei partiti politici fa da interfaccia tra i cittadini e le Istituzioni; per questo stiamo lavorando, insieme ad altre associazioni, a una valorizzazione reale del paesaggio e del patrimonio locale”, spiega Franco Iseppi, Presidente del Touring Club Italiano. “Sarebbe necessaria una migliore concertazione tra Stato e autonomie locali, a costo anche di rivedere la situazione attuale delle diverse competenze: occorre maggiore informatizzazione, ma soprattutto omogeneità negli standard e nel controllo, pur nella salvaguardia delle specificità locali. Il vero dato critico attuale è la mancanza di una governance complessiva”

“Sviluppo del turismo, inteso anche quale mezzo di conoscenza di paesi e culture, e di reciproca comprensione e rispetto fra i popoli. In particolare il T.C.I. intende collaborare alla tutela ed alla educazione ad un corretto godimento del patrimonio italiano di storia, d’arte e di natura, che considera nel suo complesso bene insostituibile da trasmettere alle generazioni future”. Nel 150° anno dell’Unità d’Italia, questo testo (che costituisce il primo articolo dello Statuto del Touring Club Italiano, dal 1894 una delle istituzioni turistiche più significative e autorevoli del Paese) sta a ricordare che, oggi come allora, la salvaguardia del paesaggio e la valorizzazione del patrimonio locale sono alla base di ogni corretta forma di turismo.

Sorto con il nome di Touring Club Ciclistico Italiano (TCCI) per iniziativa di un gruppo di 55 ciclisti, il cui intento principale era la diffusione della bicicletta (simbolo allora di modernità e oggi di rinnovata attualità ecologista), il Touring Club Italiano, dallo scorso luglio, ha un nuovo Presidente: Franco Iseppi, già membro del Consiglio Direttivo nel 2007 e Vice Presidente dal 2008. Dedito quest’anno quasi esclusivamente al TCI e all’interpretazione più attuale ed efficace dei suoi intenti originari, il professor Iseppi, dei suoi molti impegni, per il 2011, ha mantenuto solo l’incarico di docente al Politecnico di Torino, al Corso di laurea in Ingegneria del Cinema e dei Mezzi di comunicazione, a conferma di quella passione per i media che gli viene anche dalla lunga esperienza di dirigenza all’interno della Rai (fu lo storico curatore di quasi tutti i programmi di Enzo Biagi, tra l’altro ).

“Difficile, nel contesto attuale, essere davvero esperti dell’universo chiamato Turismo. Dal mio osservatorio attuale, in questi mesi, mi sono fatto delle idee, documentate, ma non ancora del tutto sufficienti per fare un’analisi compiuta sia delle criticità sia delle prospettive per uscirne”, dice, con un sorriso di autentica umiltà. Basta avviare la conversazione per capire, invece, che ha un’idea decisamente chiara sul futuro posizionamento di questa Associazione e sugli interventi possibili.

Un po’ di dati, innanzitutto

Inevitabile partire dai numeri; quando lo scenario sarà tracciato, potremo riflettere sulle prospettive e sulle idee per intervenire in questo settore certo strategico per l’economia del nostro Paese.

“E’ un universo difficilmente definibile: ha un grado di mobilità elevato, è una filiera complessa. Ci sono forme di turismo che in realtà non conosciamo ancora … le seconde case … gli affitti, per esempio, ma anche le motivazioni che spingono alcune forme di turismo piuttosto che altre; spesso sono un mix tra elementi personali, culturali, gastronomici, artistici”, spiega Franco Iseppi.

“Tutti i dati soffrono di un’approssimazione molto elevata. Se si potessero mappare i telefonini senza violare la privacy, si potrebbe sapere di più, ma così, evidentemente, non è. Una volta il fenomeno del turismo si misurava anche dal numero di persone che transitavano lungo le frontiere, oggi questa è una rilevazione non più significativa. E’ difficile raccogliere dati certi, dunque”, continua.

“C’è poi un forte ritardo nella raccolta e nella pubblicazione dei dati (i più significativi e sistematici sono  quelli dell’Istat). A questo si unisce una scarsa confrontabilità perché gli indicatori dei dati nazionali non coincidono con quelli internazionali. In un comparto che dovrebbe avere massima duttilità per muoversi, sarebbero necessari numeri certi, utili a decisioni strategiche”.

“Dati rapidi e certi potrebbero suggerire, per esempio, strategie immediate per il recupero di una stagione. Pensiamo all’attuale crisi del Mediterraneo. E’ difficile ipotizzare che il nostro Sud, per esempio, possa avvantaggiarsi della chiusura di Egitto e Tunisia. La pratica turistica del nostro Meridione è critica. Mancano voli i low cost, c’è la situazione cronica dei rifiuti a Napoli, una scarsa professionalità complessiva; prevalgono gli elementi di criticità. Il Sud, che nel turismo europeo suscita grande suggestione e attrattiva, di fatto non si trasforma in una domanda reale; continua a essere un’opzione percepita. Bisognerebbe avere il coraggio di rendere un po’ più sistematico, organico, affidabile, immediato, tutto il sistema informativo che sta dietro questo comparto”, continua Iseppi.

“C’è una fortissima frattura tra le potenzialità teoriche e gli investimenti reali. Non c’è una politica di governo, nazionale, che di fatto metta in moto un modello di relazione virtuoso tra tutti gli attori. Il nodo principale è la mancanza di una Governance del turismo: non è possibile pensare che tutto si risolva attraverso le autonomie regionali perché talvolta, anche per  le dimensioni delle singole regioni, le politiche non sono tra loro compatibili. Un conto è la Lombardia, che è estesa quasi quanto il Belgio, altro conto è il Molise che è due volte la provincia di Bergamo. Spesso gli interventi sono la sommatoria di idee politico – strategiche e non il risultato una visione globale. Sarebbe necessaria, dunque, una concertazione tra Stato e autonomie locali, anche a costo di rivedere la situazione attuale in termine di competenze: occorre omogeneità negli standard, nel controllo, pur nella salvaguardia delle specificità locali. Il vero punto critico non è tanto la mancanza di un dato sistematico aggiornato, elemento certo grave, quanto la mancanza di una governance complessiva”, conclude Franco iseppi, con crescente assertività.

Problematiche attuali? Turismo saturo, scarsa informatizzazione

“Il nostro turismo si concentra su offerte di tipo ormai sature: il mare, le città d’arte … oggi c’è domanda per un tipo di turismo diverso fatto di piccole comunità, piccoli borghi … Si delinea un’Italia diversa, paesaggio ricco di molti altri elementi che non quelli stranoti”, continua Iseppi, “E poi c’è mancanza di investimenti tecnologici; è impensabile che non esista un portale del turismo italiano che funzioni davvero, quando ormai un quarto dei viaggiatori usa Internet per scegliere destinazioni e mete. Mancando una strategia globale, si assiste a spontaneismo e fai da te. Pensiamo alla questione recente delle tasse di soggiorno: albergatori contrari, enti locali, spesso, favorevoli. Sarebbe diverso inserire il tema della tassa di soggiorno in una visione complessiva, piuttosto che lasciare alle singole autonomie soluzioni e comportamenti soggettivi. In questo scenario c’è anche poco investimento nella formazione: non si sviluppa a sufficienza l’idea di quanto sia stretta la relazione tra la difesa delle biodiversità e il turismo, o di come possa essere condizionante la relazione tra politica agricola e turismo, tra beni culturali e turismo”. L’analisi del professor Iseppi si fa sempre più precisa e, necessariamente, più severa.

“Parliamo di viaggiatori stranieri che vengono nel nostro Paese per turismo? Portano in Italia circa 30 milioni di euro, il corrispettivo dell’industria manifatturiera d’esportazione, cioè di quello che noi guadagniamo esportando tessili e moda . Questi turisti devono essere coccolati, esattamente come quelli che comprano la grande moda italiana. Un terzo degli stranieri viene in Italia per i beni culturali. Una politica di valorizzazione, in questo settore, innescherebbe un processo virtuoso. Ogni turista che arriva in Italia investe in media, in consumi, tre volte quanto spende in alberghi. Un processo economico importantissimo”.

“L’anno scorso i turisti stranieri sono aumentati, per numero, rispetto all’anno precedente, eppure i fatturati sono diminuiti, così come l’occupazione negli alberghi.

Sono di più, ma ci stanno meno, fanno scelte diverse: non più alberghi a quattro stelle, ma B&B e locande … C’è uno scarto elevato tra le attenzioni che si riserva a questo settore rispetto alle potenzialità”.

Idee chiare per il futuro: governance complessiva, formazione, accessibilità e turismo personalizzato

La conversazione fin qui è stata critica, ma le prospettive per il futuro, secondo Franco Iseppi, sono ampie, se si gestisce il comparto nel rispetto delle necessità.

“Il futuro di questo comparto avrebbe bisogno di

1) una maggior formazione

2) una Governance complessiva

3) una politica per una migliore accessibilità (trasporti, mezzi, strutture, Internet)

4) una gestione di particolare attenzione per il Sud

5) elevati investimenti tecnologici nella filiera

6) focus sui turismi emergenti: il turismo familiare che chiedono i Tedeschi, per esempio” riassume schematicamente.

Il ruolo culturale del Touring 2011

“Come ci muoviamo noi del Touring di fronte a questo universo turistico? Siamo un’associazione, senza fini di lucro. Abbiamo una storia che molti non hanno: i fondatori del TCI rappresentavano una borghesia davvero illuminata che pensava già a un turismo individuale, ambientale, rispettoso delle differenze.

Nel prossimo futuro pensiamo di rafforzare l’idea di diventare la più grande comunità di viaggiatori nel nostro Paese, soci ma anche no. Oltre al patrimonio cartaceo di cui già disponiamo, puntiamo su Internet e sulla multimedialità. Il 55% dei nostri associati sono over50, colti (solo il 13% non è laureato), hanno ottima disponibilità economica, condividono le idee dell’Associazione. Vorremmo consolidare la loro fiducia nella nostra Associazione.

Ma vorremmo occuparci molto anche dei giovani dagli 8 ai 14 anni, dei single 25-45 anni (single non dal punto di vista sociologico, ma come stile di vita: viaggiatori non fedeli, che trasmigrano da un mezzo all’altro, che vogliono fare spesso da soli, anche decidendo all’ultimo momento).

Vogliamo mettere in moto un tipo di offerta diversificato e ricco, e una serie di servizi, che rafforzino l’idea di appartenenza. Desideriamo che i nostri soci siano convinti dell’idea di turismo che perseguiamo, condividano finalità e obiettivi, piuttosto che usufruiscano semplicemente dei vantaggi che l’associatura pur garantisce”.

“Ci interessa trovare un nuovo rapporto con il territorio: non tanto perché questo sia diventato ormai un tema obbligato, ma perché intendiamo migliorare il legame tra locale e globale, tenendo conto meglio delle identità, delle diversità e delle ricchezze del nostro Paese. Le nostre esperienze parlano per noi. Le bandiere arancioni, per esempio, accorpano 178 Comuni di piccole dimensioni che hanno lo stesso modello di offerta turistica dell’accoglienza, del valore dell’ospitalità. C’è poi l’esperienza dei nostri volontari, che agiscono sul territorio di appartenenza. Adesso pensiamo ai Club del territorio, con una politica più di ascolto delle istanze locali che non di organizzazione. Il Club di Territorio, coordinato da un team guidato dal Console Touring, farà proprie le richieste dei cittadini e dei soci provvedendo a realizzare, insieme alla sede centrale, un piano operativo per risolvere le problematiche della zona di appartenenza. Questa iniziativa offre la possibilità a ogni cittadino di vivere attivamente il territorio, partecipando a un gruppo locale coordinato da volontari esperti e contribuendo alla realizzazione di iniziative nella propria città per valorizzare il patrimonio storico, artistico o ambientale e per migliorare i servizi e l’offerta turistica e culturale locale. Nasce così l’esigenza di recuperare una serie di alleanze e di collaborazioni con tutto l’universo dell’associazionismo, perché le cose che ci uniscono sono superiori a quelle che ci dividono. Non è stato difficile riunire alcune di queste associazioni (Cai, FAI, Italia Nostra, Legambiente WWF), d’accordo sul federalismo demaniale. Stiamo andando avanti su questa strada, con una difesa dell’associazionismo che molto più dei partiti politici oggi fa da interfaccia tra i cittadini e le istituzioni; abbiamo trovato accordi intorno al tema del paesaggio. L’idea di lavorare con gli altri è diventata indispensabile”.

A salvaguardia del valore complessivo del turismo, a favore di un modo di viaggiare individuale ed eco motivato

“Vorremmo tornare a essere un punto di riferimento culturale e morale sul turismo. Lavorare su una proposta operativa che privilegia il turismo individuale, eco motivato, secondo un neologismo francese. Il nostro rapporto con le offerte non è mai certificatore, ma certo vogliamo dare giudizi sulla qualità complessiva delle offerte. La qualità è misurabile. l’indice più qualitativo al mondo è il numero. Noi pensiamo di essere un riferimento per alzare la qualità complessiva di quello che un viaggiatore incontro durante il suo viaggio. Vogliamo dire la nostra in quella che gli inglesi chiamano public value. Adesso ci stiamo occupando di agriturismi: siamo interessati a sapere qual è il rapporto che si stabilisce tra un agriturismo e il territorio che lo ospita, che tipo di attività si realizzano. E’ importante il modello di relazione che il viaggiatore può stabilire con chi lo gestisce, con il territorio circostante!.

“Sappiamo che l’economia del futuro si baserà sui valori immateriali, non a caso si parla di società della conoscenza. Non è un caso che nel mondo si metta in discussione il Pil e si cominci a parlare di Fil; i criteri quantitativi non sono più sufficienti. Dobbiamo dare il nostro contributo a trovare gli indicatori per misurare questa qualità. C’è una sorta di coerenza tra essere una comunità di viaggiatori, rapportarsi a un territorio e mettersi nei confronti di questo universo in un rapporto di tipo qualitativo, culturale, sociale. Ecco questa è un’idea di quel che intendiamo”

(Fonte: Social Trends- GfK Eurisko 2011)