I migliori amici dell’uomo – Il cane di Thomas Mann

Pubblicato il 16 Luglio 2008 in , da redazione grey-panthers

PAGINE DA RILEGGERE

Da “Padrone e cane” di Thomas Mann:

Sui gradini che salgono alla porta di casa lancio un fischio di due toni, un segnale che potrebbe anche sembrare la versione musicata di un nome di due sillabe. Subito dopo, mentre mi incammino verso il cancello del giardino, si ode di lontano un tintinnio argentino, come avviene quando una marchetta di riconoscimento batte contro la placca metallica di un collare, prima appena percettibile, poi, avvicinandosi rapidamente, sempre più chiaro e distinto. Voltandomi vedo Bauschan sbucare in piena corsa dall’angolo posteriore della casa e dirigersi all’impazzata direttamente su di me, come se avesse l’intenzione di investirmi. La fatica della corsa gli contrae leggermente il labbro, scoprendo due o tre dei suoi incisivi inferiori, che scintillano bianchi e splendenti al primo sole. Viene dalla sua caccia, là in fondo, fra i pilastri che sorreggono la veranda e dove, dopo una notte movimentata, si era probabilmente appisolato in un breve sonno mattutino, prima che il mio fischio a due sillabe lo rianimasse completamente. Mi sposto in posizione di difesa porgendo il fianco alla sua carica, poiché l’intenzione di buttarmi a terra, correndomi diritto fra le gambe, è simulata con tanta abilità da possedere un’infallibile capacità d’inganno. All’ultimo istante, appena in tempo per evitare lo scontro, riesce a frenare e a dirottare la corsa, il che testimonia della sua padronanza fisica e mentale; poi, senza abbaiare – della sua voce espressiva e sonora si serve con parsimonia – inizia, a guisa di saluto, una danza frenetica attorno a me, e, scodinzolando pazzamente non limita questa manifestazione alla coda, ma coinvolge tutta la parte posteriore del corpo fino alle costole; infine, dopo una serie interminabile di contorcimenti, si esibisce in ogni sorta di salti scattanti e di aeree piroette. Appena mi chino per allungare la mano mi si avvicina con un balzo e, premendo le spalle contro la mia tibia, rimane immobile come una statua; così appoggiato obliquamente alla mia gamba, le zampe robuste ben puntate contro il terreno, alza il muso verso di me.