Cucio tutto il giorno, di Pio Iglesias

Pubblicato il 15 Aprile 2010 in , da Vitalba Paesano

Cucio tutto il giorno, la mia macchina da cucire quasi nuova l’ho potuta mettere in un luogo di prestigio, di fianco all’entrata del miglior emporio di cibo della mia città. Mi sono messo una sedia contro il muro esterno dell’emporio e la macchina da cucire fra me e la fine del marciapiede che dà sulla fogna a cielo aperto. Dai liquami neri, frammisti a sacchetti di plastica, bucce di frutta, corde usurate, pezzi di galline macellate, si alza un odore penetrante e fastidioso, ma questo accade a tratti, raramente, durante la giornata, e alla fine, un richiamo alla vita in certi pomeriggi caldi, in cui restare svegli è difficile.

Da sedici anni sto qua fuori a cucire, e davanti a me c’e’ la strada principale che sfocia nel mercato grande. Io, dalla postazione sopraelevata del marciapiede coperto da una lamiera in cui mi trovo, ho una bella vista su tutto, gente al mattino presto, che va al mercato piena di frutti, tuberi, verdure, legumi e che stende sulla stuoia la propria mercanzia, colorando così tutta la superficie del mercato. Vedo i compratori che passano vuoti e ripassano con le borse piene, un po’ accaldati. E me li godo tutte queste persone che piano piano negli anni ho imparato a riconoscere … e a sapere un po’ di tutto su di loro. Alcuni perchè vengono da me a farsi fare dei vestiti, altri perchè si servono della venditrice accanto a me, che vende abiti di seconda mano, importati dall’Europa e dall’America nei baloon da 100 dollari l’uno. Dorinne, cosi si chiama la mia collega, sta all’ingresso del secondo più importante emporio della mia città, ha meno prodotti del negozio al cui ingresso sto io, ma anche lui ha i suoi clienti e vive di grasso. Il posto che occupo, nel marciapiede sopraelevato e coperto da una tettoia, di fianco all’emporio più importante della città, l’ho avuto grazie a mia sorella. Lei ha sposato il nipote del fratello del padrone dell’emporio. Cosi, ho avuto il permesso di mettere lì la mia macchina da cucire, con la pedaliera, con il suo mobile da lavoro in cui si poteva riporre quando era nuova, ma adesso bisogna portarmela via aperta perchè le parti mobili sono diventate fisse, un po’ per la ruggine un po’ perchè sono state stortate in un dei tentativi di riporre la macchina in modo errato. E la sedia.

I rapporti con il padrone dell’emporio sono via via diventati eccellenti: io gli cucio qualcosa ogni tanto, piccoli lavori che sono contento di poter offrire, lui mi lascia tagliare i miei tessuti sul suo frigorifero orizzontale. Certo, sopratutto quando fa caldo, non posso usarlo molto come piano di appoggio perchè i molti clienti assetati continuano ad aver bisogno di aprire il frigorifero, e io devo riporre tutto e i tagli qualche volta non vengono bene o faccio poi confusione quando, dopo averli ridistesi tutti, devo ricominciare. Perciò il mio lavoro di taglio si svolge soprattutto al mattino presto, fino quando il sole sorpassa il filo della tettoia e scompare ai miei occhi. Avere una postazione come la mia è molto conveniente, ci passano molte persone e se anche solo una ogni mille si ferma da me, faccio giornata. E certo non mi posso lamentare, in questi anni, con i miei guadagni, ho mantenuto le mie due mogli, sei figli o sette perche adesso anche Sara, la mia prossima nuova moglie, è incinta, il mio vecchi babbo e la sua madre, mia nonna, ancora viva e attiva che fa sei chilometri ogni notte per dormire al sicuro dagli attacchi della guerriglia. Certo la fortuna è stata dalla mia, con questa guerra infinita in cui viviamo, molti muzungo sono arrivati nella mia città ed hanno iniziato a far circolare tanti soldi, come mai si era visto. Hanno affittato le case per gli uffici e le case per le residenze, le case per i magazzini, e hanno dato lavoro ad autisti, guardie, e anche a gente che dice di essere social worker, che hai miei tempi, nel mio villaggio, non c’erano. Ma la modernità e la ricchezza è arrivata anche qui. Prima nel miglior emporio, i clienti più ricchi erano i padri e le suore, per lo più italiani. Adesso, da quando sono arrivati tutti questi muzungo con le loro macchine grandi e le loro bandiere che hanno piantato dovunque, le cose sono migliorate. Io ho più lavoro, ma anche il mercato (da qui si vede benissimo) è più ricco e le mercanzie si riversano sui marciapiedi e sulle strade e sulle stuoie. La città adesso ha le sue banche con degli sportelli in cui, mettendo una tessera e schiacciando un numero, si ricevono dei soldi. Il trucco sta nel fatto che per averli, i soldi ce li devi aver messi tu prima. Io non ho un conto bancario, il poco che risparmio fra le mogli e i figli e la futura nuova moglie, lo metto sotto il vaso dell’acqua, che non bisogna mai sollevare da terra. E’ pesante e non lo sposta mai nessuno. Quando ho raggiunto un capitale sufficiente mi compro una bici, delle scarpe, pago un conto medico. Sono un uomo felice, mantengo me e i miei cari, provvedendo con la mia fatica quotidiana al loro benessere e non ho un pensiero al mondo.

Contributo di Pio Iglesias (Giuseppe Chio)