Senior e terrorismo, di Marco Trabucchi (*)

Pubblicato il 26 Novembre 2015 in , da Vitalba Paesano

In questi giorni ho ricevuto numerose telefonate di persone preoccupate per il nostro domani dopo le vicende terribili di Parigi. I giovani pensano al loro personale futuro, gli anziani a quello del nostro Paese. Senza retorica, i vecchi sono preoccupati per tutti. Certo, la mia indagine non ha valore statistico, ma conferma quanto già sappiamo, cioè che mediamente le persone di età avanzata sono portate a preoccuparsi di ciò che riguarda gli altri, la famiglia, la città, l’Italia. In chi ha tanto sofferto per vivere prevale l’apertura; anche la paura non diviene un sentimento che paralizza, ma che permette di capire gli altri e di aiutarli ad andare avanti.Gli ultrasettancinquenni di oggi sono l’ultima generazione che ha vissuto reali difficoltà nei primi anni di vita e quindi reagiscono con generosità; non sappiamo come reagiranno tra qualche anno le coorti più recenti, quelle che in età giovane adulta hanno avuto una vita più facile. D’altra parte è la generazione che ha vissuto accompagnata da una visione forte dell’esistenza: il lavoro come strumento per accrescere la propria dignità, la coesione sociale come mezzo di supporto collettivo, la fede nelle grandi ideologie, la fede religiosa; sostanzialmente un’educazione all’impegno e al servizio.

Nessuno può prevedere come evolverà il terrorismo; però se l’Italia potrà continuare a godere, come in questa occasione, della stabilità emotiva dei suoi anziani, impauriti, ma generosi, avremo la forza per continuare a vivere bene, senza rinunciare al nostro stile, alle nostre idee, alla nostra visione civile e religiosa del mondo.

Ancora una volta quindi gli anziani dimostrano di essere un pilastro della convivenza e non un peso. Certamente vi sono anche i vecchi fragili, quelli che subiscono pesanti influenze da parte dell’ambiente, e quindi anche delle notizie drammatiche di questi giorni, perché privi di capacità naturale di resilienza. Per loro gli eventi di Parigi e purtroppo anche di altre città europee hanno costituito un colpo pesante: non ne hanno compreso bene le dinamiche, a causa di limitazioni cognitive o sensoriali, spesso non hanno avuto nessuno che spiegasse loro cosa è avvenuto (gli anziani che vivono in solitudine!), talvolta sono affetti da una compromissione del tono dell’umore, che li rende sensibili a qualsiasi evento negativo, che contribuisce alla loro prospettiva di vedere il futuro sempre come buio nel buio. Verso questi, che però non rappresentano più del 30% degli ultrasettantacinquenni, dobbiamo esercitare qualche forma di protezione psicologica, impegnandoci a spiegare gli eventi, allo stesso tempo assicurando che loro non saranno mai oggetto di violenza.

Ma come? Ricordo che al tempo delle ondate di calore alcuni Comuni in passato avevano istituito un’anagrafe delle fragilità al fine di mettere in atto interventi rapidi e mirati in presenza di condizioni ambientali critiche, rivolti alle persone che da sole non sarebbero state in grado di superare la crisi. Ritengo che, in linea con questa impostazione, in condizioni ambientali di grande stress (anche se in assenza di pericoli diretti) sarebbe opportuno ricordarsi delle persone psicologicamente più fragili, al fine di evitare che possano disperarsi o essere colte da violente paure e di subire, quindi, conseguenze anche sulla salute somatica (insonnia, inappetenza, alterazioni pressorie, disturbi respiratori, ecc.). Quindi le famiglie dovrebbero essere allertate in primis, ma anche il vicinato, i servizi di assistenza domiciliare, le parrocchie, i gruppi di volontariato devono capire che il loro calore è indispensabile per garantire ai vecchi una vita decente.

Ancora una volta il mondo della terza e quarta età si dimostra estremamente variegato; la collocazione dei vecchi nella società risponde a questa logica, che va dalla debolezza e dipendenza alla capacità di affrontare le difficoltà, di gestirle e di essere di supporto per gli altri. Non è possibile pensare all’età avanzata come ad un gruppo indistinto di persone sempre perdenti e sempre bisognose di assistenza; molti infatti, anche se con diverse sfumature, conservano la capacità di affrontare le situazioni più critiche. Ovviamente anche loro dovranno essere aiutati qualora la pressione delle notizie superi un certo livello; ma chi invece dovrà essere accompagnato attraverso questo doloroso momento sono i più fragili.

La cultura geriatrica in questo campo è importante, perché sa cogliere le sfumature nascoste delle difficoltà degli anziani ed è in grado di a ttuare risposte adeguate. Se seria e ben impostata, offre alla società in generale indicazioni importanti per rendere meno difficile la vita di tutti.

Fonte: (Fondazione Leonardo News del 25/11/2015)

(*) Marco Trabucchi, medico e psichiatra, Presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, a Brescia