“Napoli velata”, amore e morte nel film di Ozpetek da rivedere

Pubblicato il 5 Maggio 2025 in , da Valentina Zavoli
Ozpetek

Il regista Ferzan Ozpetek torna ai suoi temi cult nel film del 2017 dove, tra il mistery e il drammatico, Mezzogiorno e Borghi sono in balìa di Eros e Thanatos come pedine in un gioco perverso

La città del Cristo velato a cui allude il titolo (la scultura del 1753 dall’artista napoletano Giuseppe Sanmartino), definita in una intervista “di grande fascino e mistero da cui ti devi far coinvolgere” ha sempre esercitato un appeal speciale sul regista turco Ferzan Ozpetek. Vi aveva mosso i primi passi nella troupe di Troisi per “Scusate il ritardo” (1983), l’aveva poi ritrovata per il suo allestimento de “La traviata”. Girata tra il maggio e il luglio 2017, disponibile gratis in abbonamento su Sky e Now Tv, “Napoli velata” è una pellicola definita da alcuna critica un mistery e assieme una melodramma familiare, ma è anche un noir atipico con marcati tratti psicologici  che ne caratterizzano il difficile inserimento in un genere preciso.

Ozpetek, tra racconto corale e allucinazioni

Adriana, un medico della morgue segnata da un dramma infantile che l’ha costretta a una solitudine interiore incontra a una festa Andrea, giovane sub dall’aria intrigante e dallo sguardo ‘feroce’ (il tratto che al regista turco è piaciuto per il personaggio) con cui passa una notte di sesso audace e molto esplicito. La coppia si dà appuntamento l’indomani al Museo Archeologico ma Andrea, che in realtà è un contrabbandiere di arte antica, non vi arriverà mai: è ritrovato cadavere senza occhi e sarà proprio Adriana a iniziarne l’autopsia. Questo è l’innesco della trama thriller a cui si affianca il racconto corale caro a Ozpetek dei personaggi familiari con vincoli di sangue, la zia Adele (Anna Bonaiuto) che l’ha allevata come una figlia e che cova un segreto terribile, e quelli con legami elettivi: Pasquale, un Beppe Barra in splendida forma, Catena, l’amica fedele (Luisa Ranieri), Valeria (Isabella Ferrari) e Ludovica (Lina Sastri) due mercanti d’arte probabilmente legate da amore saffico che alludono in tutto il film ad una verità altra preclusa ad Adriana. La coppia è in possesso di una maschera antica che per gli inquirenti potrebbe essere all’origine del regolamento di conti costato la vita alla, ma sono supposizione e tali restano.
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Di certo c’è l’altro filone in cui in film scivola, quello delle allucinazioni di Adriana che si finge un alter-ego di Andrea, un supposto fratello, da cui viene soggiogata in un gorgo di ossessioni nel tentativo di proteggersi dalla vera storia della sua infanzia che finalmente Adele le rivela (siamo ancora nel quel campo semantico) alla morte di Pasquale (un infarto sospetto): sua madre ha ucciso il padre in un raptus di gelosia per la relazione di quest’ultimo con sua zia e poi si è gettata dalla terrazza davanti allo sguardo (ancora) atterrito di Adriana. E’ la scena con cui si apre il film che poi acquista senso. Questa consapevolezza la libera dai fardelli del passato, le fa iniziare una nuova vita e un nuovo amore, stavolta sano, ma lascia senza colpevoli l’assassinio di Andrea. E le restituisce l’amuleto portafortuna ritrovato tra le cose di suo padre: un occhio, e davvero qui si chiude il cerchio, di metallo. In fondo, come dice il personaggio della Bonaiuto tirando la tenda dopo la rappresentazione del parto dei femminielli (un antico rito pagano): “la gente non sopporta troppa verità”.
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Napoli e Ozpetek

I luoghi dove l’azione ha gli snodi principali sono fuori dai percorsi del già visto, appartengono a una cartografia intima ed emozionale di Ozpetek: la casa museo del principe Vincenzo Caracciolo (la casa di famiglia, teatro del tragico episodio di sangue infantile che segna Adriana per sempre), la Cappella San Severo dimora del Cristo velato, il Museo Archeologico Nazionale con le due stanze segrete e le scene erotiche provenienti dai postriboli di Pompei dove Adriana e Andrea si danno il primo appuntamento, la Farmacia degli incurabili presentata da Beppe Barra ai turisti,  la terrazza della tombolata con gli ospiti dell’ospedale psichiatrico al Vomero. Tappe della “via crucis” di Adriana che inizia dalla scala ellittica di Palazzo Mannajuolo, un omaggio al cinema dei maestri. La drammaturgia viene amalgamata dalla colonna sonora dove Arisa interpreta una intensa e lirica “Vasame” di Enzo Gragnaniello. Sono le sue note che accompagnano lo spettatore nell’ultima scena in cui la protagonista scompare appena gira l’angolo di un vicolo, sentiamo solo i suoi passi: è l’ultima magia, non c’è altro da vedere, se non il ventre di Napoli.
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Credit immagine: Museo San Severo

Credits delle immagini: Warner Bros. Italia

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