A New York, spazi verdi di nuovo tipo

Pubblicato il 10 Giugno 2008 in , da Vitalba Paesano

Le grandi città, a partire dalla seconda meta del ventesimo secolo, hanno sentito fortemente la necessità di migliorare la qualità delle vita urbana  e, con questa prospettiva,
hanno posto una grande attenzione  al valore dello spazio pubblico. Parlando di
New York,  il grande costo  delle aree nei centri e la scarsità di fondi a disposizione  hanno spinto le amministrazioni  a instaurare collaborazioni con i privati. Di fronte all’incalzare di richieste di spazi sempre più grandi per uffici, negozi e residenze  con  un atteggiamento sempre più orientato allo sfruttamento delle aree, le amministrazioni hanno subordinato la concessione delle autorizzazioni   alla costruzione  di una grande varietà di spazi all’interno e all’esterno, prima inesistenti, quali piazze, gallerie, passaggi e atrii legalmente richiesti per essere aperti al pubblico.
In realtà, così come sono stati realizzati, questi spazi  possono essere considerati piccoli giardini che, in contesti fortemente urbanizzati,  servono a dare ristoro e a trattenere il mondo affannato che percorre la City.
Un esempio è l’
IBM ATRIUM a NewYork. Questa storia ha una sua storia particolare e divertente. Inaugurato nel 1983, era uno spazio pedonale completamente ricoperto di vetro, come una grande serra, con all’interno numerosi gruppi di altissimi bamboo.
Si dice, o almeno la leggenda metropolitana narra, che alla fine degli anni ’80 in questo atrio si installò una dattilografa che svolgeva diligentemente, in un angolo, indisturbata, il proprio lavoro di ufficio. Nel tempo si erano aggiunte altre persone, chi per conversare, chi per mangiare, chi per riposare sempre rimanendo in una area privata. La presenza di questi utenti aveva nel tempo avvalorata la convinzione  che quello fosse uno spazio  pubblico ideale, non commerciale,  pur essendo di proprietà totalmente privata.
Quando nel 1994 la nuova proprietà subentrata  alla IBM presentò un piano di ristrutturazione che di fatto ne intaccava la struttura, l’opinione pubblica si divise tra favorevoli e contrari. Inevitabile il compromesso : degli 11 gruppi di bamboo ne rimasero solo 8, venn aumentato il numero delle seggiole amovibili con relativi tavoli, abolite le panchine, lo spazio recuperato venne destinato alla  esposizione di pezzi d’arte moderna (H.Moore, A.Calder, K.Appel) e alla  costruzione di un nuovo chiosco per il caffe.
L’atrio nella sua forma attuale, ha una forma triangolare. Alto più di 20 metri, è totalmente ricoperto di vetro su una struttura tubolare bianca, le pareti anch’esse di vetro,  verso la 56.a strada e parte della Madison Avenue, permettono il passaggio della luce che inonda le piante di bamboo e il pavimento in granito chiaro rende l’interno chiarissimo. La pur presente e incombente Manhattan sembra lontana.
Lo spazio continua a essere usato come prima, il chiosco serve  veloci lunch e bibite, la musica di sottofondo è gradevole.
D’estate manca l’aria condizionata, e la presenza dei bamboo conferisce una dimensione  subtropicale, ma non per questo lo spazio è meno frequentato.
Infine lo spazio IBM fa da cerniera tra due altri spazi pubblici su suolo privato: lo spazio Sony e le Trump Tower (dove veramente l’aria condizionata non manca mai).
Di fatto si è costituito nel tempo un complesso sistema di spazi pubblici su suolo privato, tra loro interconnessi, che consentono veloci collegamenti  in una zona all’interno della City senza bisogno di attraversare le strade  mantenendo però un carattere di piacevole accoglienza che li differenzia nettamente da analoghe realizzazioni pedonali cosiddette commerciali.
Una avvertenza , questo spazio si chiama ora , 590 Atrium, ma  è da tutti ancora conosciuto come IBM Atrium.