Le disuguaglianze e la crescita, strettamente legati al consumo di energia

Pubblicato il 21 Maggio 2025 in , da Giovanna Gabetta
disuguaglianze

I dati sottolineano un aumento delle disuguaglianze e della povertà. Un ruolo importante è giocato dal consumo di energia: il PIL può crescere soltanto se ce n’è a disposizione a basso prezzo

 

Si sente molto parlare dell’aumento delle disuguaglianze e della povertà. È bene approfondire questo argomento, considerando anche il ruolo del consumo di energia. Senza pretendere di dire l’ultima parola, si riportano alcuni dati, che possano aiutare a capire meglio. Prima di tutto: come si misurano le disuguaglianze? Uno degli indici più usati è l’indice di Gini, che convenzionalmente va da 0 a 1, e che misura la distribuzione dei salari. Più è alto l’indice di Gini, più  le ricchezze sono concentrate in poche mani.

Disuguaglianze e indice di Gini

Nel grafico qui di seguito, è riportato l’andamento dell’indice di Gini, misurato per alcuni Paesi. Si vede bene che per esempio negli Stati Uniti la disuguaglianza nei salari tende ad aumentare a partire dal 1980, ma sono cambiamenti poco significativi; anche in Italia l’andamento è oscillante ma senza cambiamenti significativi, più o meno come in Spagna; in Russia, l’indice è sceso in modo abbastanza significativo dopo la caduta del Muro – è aumentata la povertà, ma tutti sono diventati più poveri -, poi è risalito, ma negli ultimi anni sta scendendo. In alcuni Paesi l’indice tende a essere più basso, mentre in altri, come per esempio il Messico, è più alto. Si possono prendere come esempi la Norvegia e la Slovacchia, ricordando che Norvegia e Slovacchia sono piuttosto diverse tra loro se si considera il PIL pro capite, pari nel 2021 a 38400 dollari all’anno per la Slovacchia, contro 89200 in Norvegia. L’indice di Gini fa capire come è distribuita la ricchezza, ma in modo indipendente dalla sua entità.

Disuguaglianze

L’indice di Gini può anche essere una misura di come variano le disuguaglianze all’interno dei singoli Paesi, oppure per confrontare un Paese con un altro. Negli ultimi due decenni, dal 2000 in poi, mentre la disuguaglianza è aumentata nella maggior parte dei Paesi del mondo, quella globale tra i Paesi è diminuita.

Disuguaglianze e salari

Un altro indice è il divario tra i redditi medi del 10% più ricco e del 50% più povero della popolazione. Questo indice è sceso mediamente da circa 50 a poco meno di 40 tra i diversi Paesi, ma nello stesso tempo, le disuguaglianze sono aumentate significativamente all’interno di molti Paesi.

Graficamente possiamo vederlo nella Figura che segue, che mostra un altro indice della disuguaglianza tra i salari – tenendo conto ovviamente delle variazioni nel valore delle valute:

Disuguaglianze

Questo grafico mostra che negli ultimi due decenni – dal 2000 al 2020 – le disuguaglianze nei salari a livello globale sono diminuite; ma hanno semplicemente recuperato l’aumento registrato dal 1960 al 1980. Il dato di oggi è sostanzialmente pari a quello del 1900. Allo stesso tempo però, il divario tra i redditi medi del 10% più ricco e del 50% più povero all’interno dei singoli Paesi è quasi raddoppiato, passando da 8,5 a 15. Si conferma che le disuguaglianze all’interno dei singoli Paesi sono ora maggiori delle forti disuguaglianze che si osservano tra Paesi diversi.

Andando più indietro nel tempo, la percentuale di reddito attribuita alla metà più povera della popolazione mondiale nel 2020 è circa due volte inferiore rispetto al 1820. Sono però cresciuti i livelli di reddito, e questo ha portato ad una diminuzione della povertà.

Ovviamente, l’analisi dipende da come si definisce la povertà. Esiste un limite di reddito al di sotto del quale si rischia di morire di fame, e molti dati sulla povertà a livello mondiale si riferiscono a questo valore. Ad esempio, quelli riportati nella figura qui di seguito, tratta dal sito “Our World in Data”. Nel 1990 il 35% della popolazione mondiale era ancora al di sotto della soglia di povertà; nel 2018 – più o meno – i poveri così definiti erano circa il 10% della popolazione, che è poi rimasto quasi costante.

Disuguaglianze

 

Lo stesso dato per quanto riguarda l’Italia si vede nel grafico seguente. Dal 1977 al 2021 la tendenza è verso l’aumento della povertà, ma le percentuali sono sempre molto basse: non si è ancora mai superato il 2% della popolazione.

Disuguaglianze

Ecco qualche spunto di riflessione sulla distribuzione della ricchezza, soprattutto per far capire che non sempre la visione degli abitanti del Paesi ricchi è la più equilibrata e corretta. Ma cosa c’entra l’energia? C’entra perché, come si è detto più volte, la  e il benessere, misurati tramite il PIL (Prodotto Interno Lordo), sono strettamente legati al consumo di energia e possono crescere soltanto se c’è energia a disposizione a basso prezzo. 

L’economia tradizionale sostiene che l’obiettivo principale debba essere la crescita, e che la crescita, pur favorendo in particolare i ricchi, aiuta anche i poveri a uscire dalla loro situazione di povertà. Questo modello, che ha funzionato bene negli ultimi anni, non tiene conto dell’uso delle risorse e in particolare dell’energia. 

Il sistema economico attuale (BAU = Business As Usual) ha queste caratteristiche:

  • Si acquista e si consuma più di quello che servirebbe
  • Si producono tantissimi rifiuti
  • Si sfrutta la mano d’opera a basso costo – che “in cambio” aumenta – lentamente – il suo tenore di vita
  • I paesi ricchi sono in grado di assorbire la produzione di beni

Quindi un elevato tenore di vita – e la crescita secondo il modello attuale – sono possibili finché esistono:

  • Energia a basso prezzo
  • Mano d’opera a basso costo
  • Paesi con ricchezza abbastanza distribuita e sufficiente per assorbire le merci che vengono immesse sul mercato.

Senza considerare l’inquinamento e l’eccessivo consumo di risorse.

Benché finora il modello basato sulla crescita sia stato piuttosto efficace, come dimostra la riduzione della povertà e l’aumento del benessere in molti Paesi tra quelli che venivano chiamati “in via di sviluppo”, negli ultimi tempi si sta cominciando a vedere i suoi limiti. Ci sono segnali abbastanza evidenti: l’aumento dei conflitti, il prezzo dei combustibili fossili, la distribuzione delle ricchezze

 

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