La frutta secca fa bene però bisogna imparare a sceglierla

Pubblicato il 12 Novembre 2019 in , da redazione grey-panthers

La frutta secca a guscio viene sempre più spesso indicata come un alimento di grande importanza. Lo prova anche una recente revisione di vari studi, pubblicata sul “Journal of American College of Cardiology”, che sottolinea come nelle linee guida per la prevenzione cardiovascolare la frutta a guscio venga inclusa, insieme a frutta, verdura, cereali integrali e legumi, fra gli alimenti di cui dovrebbe essere ricca la dieta. Ma ecco giungere uno studio italiano, pubblicato su Annali di igiene, medicina preventiva e di comunità, che richiama l’attenzione sulla possibile presenza di aflatossine nella frutta a guscio.

Le aflatossine sono micotossine, ovvero molecole prodotte da alcune specie di Aspergillus (muffe) ampiamente diffuse in natura, che possono contaminare diversi alimenti; poiché possono essere pericolose in seguito ad accumulo, il rischio di introdurle con gli alimenti va mantenuto quanto più basso possibile. “Nel nostro studio, — spiega Giuseppina Caggiano, ricercatore del Dipartimento di scienze biomediche e oncologia umana, Università degli studi di Bari A.Moro — condotto in collaborazione con l’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale (Arpa) della Puglia, abbiamo valutato il grado di contaminazione da aflatossine totali e da aflatossina B1 – che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul Cancro ha classificato come agente cancerogeno per l’uomo – in 124 campioni di frutta a guscio proveniente da diversi Paesi. Il 16% del campione è risultato contaminato e di questo oltre la metà a livelli superiori a quelli ammessi dalla Commissione europea. I più contaminati sono risultati i pistacchi, soprattutto quelli importati dall’Asia”.

Meglio variare e scegliere «italiano»

La frutta a guscio resta un alimento da consigliare? “Senza dubbio — afferma Caggiano — dato che è ampiamente riconosciuto il suo ruolo nell’ambito di una dieta salutare. È però essenziale aumentare gli sforzi per ridurre il rischio di esposizione alle aflatossine. Queste, e le micotossine in genere, oltre che nella frutta a guscio, si possono ritrovare in cereali, spezie, caffè, cacao, prodotti lattiero-caseari e carni, se gli animali ingeriscono mangimi contaminati. Nel caso della frutta a guscio, è opportuno incrementare il monitoraggio, specie per quella di Paesi con climi favorevoli allo sviluppo di muffe o con regolamenti meno rigidi dei nostri, ma è importante anche promuovere la produzione locale. Il consumatore, dovrebbe prediligere la frutta secca italiana, variando le scelte, e conservandola in ambiente fresco e asciutto”.

(Fonte – Corriere della Sera)

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