Inflazione: conoscerla per affrontarla

Sono circa quarant’anni che non si registrano livelli di inflazione come quelli che stiamo sperimentando. Per questo ne parliamo: per conoscerla e affrontarla

“L’inflazione è una forma di tassazione che può venire imposta senza legislazione”, sostiene Milton Friedman (l’economista insignito del Premio Nobel per l’economia nel 1976, per i suoi lavori sul tema dell’analisi del consumo)

Gli Italiani cercano disperatamente di mettere al riparo i loro risparmi dall’erosione dell’inflazione.

Cos’è l’inflazione e cosa l’ha scatenata?

Nell’accezione comune l’inflazione indica una variazione dei prezzi dei beni e servizi in un determinato periodo. Per misurare queste variazioni vengono presi in considerazione tutta una serie di beni e servizi che utilizziamo abitualmente nella nostra vita e che vanno a comporre un paniere. La variazione da un mese all’altro di questo paniere, ci dice se l’inflazione sta aumentando o calando. In realtà, però, molti economisti sostengono che il fenomeno debba essere visto al contrario, ossia che non sono i beni a diventare più costosi, ma è il denaro che perde valore. In estrema sintesi, quindi, è possibile affermare che l’inflazione deriva da una quantità eccessiva di denaro in circolazione rispetto alla quantità dei beni disponibili.

Le cause che hanno portato a questo “ritorno di fiamma” sono da imputare a vari fattori. In primo luogo, all’enorme quantità di denaro immesso nel sistema dalle banche centrali a partire dal 2008 per contrastare la crisi finanziaria. Questa montagna di denaro ha visto raggiungere il picco nel periodo pandemico. A causa dei timori di una forte recessione dovuta ai lockdown, molti governi, in particolare quello americano, hanno voluto favorire la ripresa dei consumi, recapitando a casa dei cittadini assegni decisamente sostanziosi.

Altri fattori che hanno surriscaldato i prezzi sono stati, oltre al Covid e le problematiche alle catene di approvvigionamento, la guerra in Ucraina e il conseguente rialzo dei prezzi dell’energia e delle materie prime.

Chi è colpito maggiormente dall’inflazione?

La risposta è semplice: tutti ne risentono, consumatori e imprese. Tuttavia, alcuni ne escono più penalizzati di altri. Chi ha dei debiti, infatti, trae beneficio in un contesto di inflazione perché le somme che deve restituire, perdono progressivamente valore. I risparmiatori, invece, vengono fortemente penalizzati da alti livelli di inflazione perché vedono erodersi il valore dei loro risparmi. Chi, però, soffre di più in un contesto inflattivo sono i percettori di introiti fissi come i dipendenti e i pensionati.

Come si combatte l’inflazione e a chi spetta il compito di contrastarla?

Diversamente da quello che si potrebbe pensare, il compito di contrastare l’inflazione non spetta ai governi, ma alle Banche Centrali. Queste giudicano ottimale un livello di inflazione intorno al 2% e si adoperano per mantenere la crescita dei prezzi al consumo in prossimità di questo livello.

La leva che le banche utilizzano per il controllo dell’inflazione è quella di agire sul livello dei tassi ufficiali. Dopo aver clamorosamente sbagliato la politica monetaria tra la fine del 2021 e i primi mesi del 2022, quando le dichiarazioni ufficiali parlavano di un fenomeno temporaneo, a partire dall’estate 2022 il presidente della Federal Reserve prima e della Banca Centrale Europea dopo, hanno inanellato una serie continua di rialzi dei tassi per cercare di “domare la tigre” che ormai era uscita dalla gabbia.

È proprio a causa di questo repentino e violento rialzo dei tassi che i mercati azionari e obbligazionari sono scesi così tanto nel corso del 2022, generando non poche preoccupazioni ai risparmiatori di tutto il mondo.

Come difendere i propri risparmi dall’inflazione?

Nella “vita di tutti i giorni” una valida strategia difensiva è quella di rinunciare a prodotti non essenziali o ricercare prodotti più economici. Nel mondo degli investimenti, invece, risulta molto difficile contrastare l’inflazione con comportamenti e prodotti d’investimento tradizionali.

Le obbligazioni sono la peggior asset class che si possa avere in portafoglio perché, quando i tassi salgono, i prezzi delle obbligazioni che pagano un tasso fisso scendono. Solo i titoli indicizzati all’inflazione sono in grado di proteggere i risparmi dall’erosione dell’inflazione. Sul mercato non ce ne sono tanti e il grande successo che ha ottenuto l’ultima emissione di BTP Italia, si spiega anche per questo.

Se le obbligazioni perdono, le azioni non vincono, almeno non nel breve termine. Le azioni sarebbero da preferire, ma questo è tanto più vero quanto più breve e non eccessivamente elevato è il livello di inflazione. Nel contesto attuale le aziende soffrono e vedono ridursi i livelli degli utili, soprattutto quelle che non riescono a scaricare sui prezzi dei prodotti finiti l’aumento dei prezzi delle materie prime. Minori utili attesi si traducono in prezzi più bassi delle azioni.

Ci sono, però, dei settori che sono in grado di affrontare meglio questo scenario come, ad esempio, i titoli delle società finanziarie, che realizzano maggiori utili grazie ai tassi più alti, gli energetici e, più in generale, tutte le aziende leader nei rispettivi settori che riescono a ribaltare sui prezzi finali i maggiori costi operativi sostenuti (aziende come Coca-cola, Microsoft, Apple e Nestlé, solo per citarne alcune).

Un capitolo a parte lo meritano poi le materie prime, da sempre l’asset class più efficace per difendere i portafogli dall’inflazione e l’oro. Entrambe queste tipologie d’investimento dovrebbero sempre essere presenti in un portafoglio ben diversificato, anche nei periodi in cui la loro efficacia sembra essere relativa.

Non potevo certo finire questa carrellata sulle varie tipologie d’investimento senza menzionare gli investimenti in immobili. In Italia gli investimenti immobiliari hanno garantito in passato una rivalutazione capace di battere l’inflazione. Va, però, considerato che gli Italiani sono già fortemente esposti su questa tipologia d’investimento. Inoltre, il livello della domanda di nuove abitazioni non è più ai livelli degli anni passati e la minore capacità di spesa delle famiglie e del più alto costo del denaro, potrebbe portare ad una discesa dei prezzi delle abitazioni.

Perché non tenere tutti i soldi sul conto?

La risposta è scontata. Perché in questo caso si avrebbe solo la certezza di perdere. E questa è forse la perdita più pericolosa perché non è visibile e dona l’illusione di aver sempre “gli stessi soldi”.

In conclusione, difendere il patrimonio in uno scenario inflattivo è un’impresa molto difficile. Anche quando si riuscisse a generare un rendimento nominale positivo, molto probabilmente sarebbe più basso rispetto al tasso di inflazione e quindi negativo in termini reali. Questo,, però non deve scoraggiare e portare all’immobilismo. Molti economisti ritengono, infatti, che i picchi di inflazione siano stati toccati nei mesi scorsi e che, da qui in avanti, assisteremo a un progressivo ridimensionamento.

Un portafoglio ben diversificato, quindi, è l’unica strategia che si può adottare per cercare di difendersi dall’inflazione. A mio giudizio questo può essere un buon momento per fare il tagliando al portafoglio e guardare avanti con la giusta dose di ottimismo.

Cosa me lo fa pensare? La storia. Chi ha investito nei mercati finanziari mondiali nel lontano 1973, anno che molti dipingevano come l’inizio della fine e che presenta moltissime analogie con il periodo attuale, ha realizzato dopo un anno, un guadagno del 21%, del 59% dopo tre anni e ben del 90% dopo cinque.

Forse, ancora una volta, la storia si ripeterà e questo momento potrà rappresentare l’inizio di una nuova era di sviluppo e benessere globale.

 

 

Filippo Montaina:
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