La Comunità Europea difende il lavoro degli over 50 e e guarda al futuro delle pensioni

Apriamo la sezione riservata al lavoro con un ricco documento della Comunità europea che tratta del lavoro degli over 50 e, nel contempo,  della garanzia e la perequazione delle pensioni nella terza età.

Invecchiare sul lavoro

 

I figli del “baby boom” rinviano sempre di più il pensionamento.

Un numero crescente di europei decide di continuare a lavorare nella terza età, invertendo la precedente tendenza al prepensionamento e contribuendo ad alleviare il problema dell’invecchiamento demografico nell’UE.

Una nuova relazione rivela che, dal 2000, i tassi di occupazione sono aumentati notevolmente in quasi tutte le fasce di età. Ciò vale in particolare per i figli del “baby boom”, l’esplosione demografica del secondo dopoguerra.

Aiutare gli anziani a continuare a lavorare e a rimanere attivi è una delle principali strategie dell’UE per far fronte al problema dell’invecchiamento della popolazione. I lavoratori anziani incontrano tuttavia numerosi ostacoli, come ad esempio il divieto di svolgere un lavoro retribuito quando si è in pensione o le restrizioni applicate a talune attività per ragioni assicurative. Questi alcuni dei temi affrontati nel corso della settimana in occasione del secondo Forum demografico europeo.

In Europa, l’allungamento della vita e il calo della fertilità producono un aumento dell’età media. Il progressivo invecchiamento demografico ha importanti ripercussioni sull’economia e sulla società in generale. Il problema si aggrava man mano che i figli del “baby boom” raggiungono l’età della pensione.

Nata tra il 1946 e il 1964, questa generazione ha rappresentato per lungo tempo il grosso della forza lavoro. Invecchiando, avrà sempre più bisogno di cure sanitarie, indennità di pensione, alloggi e servizi locali di assistenza. Il tutto dovrà però essere pagato con i contributi di un numero decrescente di lavoratori.

La popolazione in età lavorativa sta ancora crescendo, ma ad un ritmo sempre più lento. Fra sei anni questa crescita dovrebbe cessare e il numero delle persone di età compresa fra i 20 e i 59 anni inizierà a diminuire al ritmo di ben 1,5 milioni di unità l’anno.

Gli esperti concordano sulla necessità di mantenere attivi e occupati i figli del baby boom, ma cosa ne pensano i diretti interessati? Dalle indagini emerge che un europeo su due vuole continuare a lavorare anche dopo aver raggiunto l’età pensionabile.

Si tratta di un’importante inversione di tendenza rispetto agli anni ’90, quando molti optavano per il prepensionamento. In diversi paesi dell’UE si può smettere di lavorare all’età di 50 anni se si è disposti ad accettare una pensione ridotta.

La situazione reale è, tuttavia, ben diversa. La relazione rivela che, nel 2007, il 50% degli uomini e il 30% delle donne lavoravano ancora all’età di 60 anni, il che equivale ad un aumento del 10% rispetto al 2000.

Leggi la versione integrale della relazione del 2008 sulla situazione demografica

Protezione sociale

Nell’Unione europea i sistemi di protezione sociale sono molto sviluppati. Proteggono le persone contro i rischi di reddito inadeguato associati alla disoccupazione, alla malattia e invalidità, alle responsabilità parentali, all’età, oppure conseguenti alla perdita del coniuge o di un genitore. Garantiscono inoltre l’accesso a servizi che sono essenziali per una vita dignitosa.

L’organizzazione e il finanziamento dei sistemi di protezione sociale compete agli Stati membri. Tuttavia, l’Unione europea svolge il ruolo particolare di garantire, mediante una legislazione che coordina i sistemi di sicurezza sociale nazionali, l’adeguata tutela delle persone che si spostano da un paese all’altro e sono quindi iscritte a regimi diversi.

Più recentemente l’Unione europea ha anche iniziato a promuovere una più stretta collaborazione tra gli Stati membri per favorire la modernizzazione di sistemi di protezione sociale chiamati ad affrontare sfide analoghe in tutta l’UE. Sulla base del “metodo aperto di coordinamento”, questo meccanismo offre un sostegno ai responsabili politici nazionali – ministeri degli affari sociali, delle finanze, dell’occupazione, parti sociali e società civile – in particolare in due campi:

  1.   in quello delle pensioni, dove contribuisce alla definizione degli obiettivi comuni, specie per conseguire tassi di occupazione più elevati e per allungare la vita lavorativa, fissando indicatori comuni in modo da consentire a ciascun paese di valutare la propria situazione e le proprie prestazioni;
  2.  nel campo della salute e dell’assistenza a lungo termine, dove sostiene i responsabili politici negli sforzi compiuti per conseguire un accesso universale e la qualità e sostenibilità finanziaria dei sistemi nazionali.

Il contributo offerto dall’UE alla modernizzazione dei sistemi di protezione sociale determina un valore aggiunto in due ulteriori campi strettamente interconnessi:

  1.   in quello dei servizi socio-sanitari d’interesse generale, dove l’UE sta attualmente elaborando un approccio più sistematico per aiutare gli Stati membri a mantenere un’elevata qualità e un accesso universale a tali servizi e a procedere alla loro modernizzazione;
  2.   nel campo delle informazioni disponibili, dove il MISSOC (Mutual Information System on Social Protection, Sistema di informazione reciproca sulla protezione sociale nella Comunità), provvede a raccogliere informazioni sull’organizzazione dei principali sistemi di protezione sociale negli Stati membri, insieme ad una rete di corrispondenti delle amministrazioni nazionali.

 

http://http://www.tvlink.org/viewer.cfm?vidID=305&strID=237:  

 

La crisi finanziaria potrebbe indurre i paesi dell’UE a riformare i sistemi pensionistici. La maggior parte degli europei in via di pensionamento non ha però motivo di preoccuparsi.

Anche se nessun sistema pensionistico è impermeabile agli alti e bassi dell’economia, un recente documento dell’UE definisce abbastanza solido il sistema europeo. La crisi però ha messo in evidenza alcune debolezze dei nostri regimi pensionistici, in particolare quelli a capitalizzazione, che hanno risentito della crisi in modo più diretto e immediato.

Constatato che la natura a lungo termine dei sistemi pensionistici li protegge almeno in parte dalle oscillazioni del mercato, il documento si sofferma su diversi tipi di regimi, compresi quelli prefinanziati e a ripartizione.

I titoli dei fondi pensione privati hanno subito un forte calo nel corso del 2008, ma non sembra che sia per un eccesso d’investimenti in titoli tossici come quelli che hanno messo in crisi il sistema bancario mondiale.

L’impatto del calo degli utili per quanti hanno sottoscritto una pensione privata è diverso a seconda del tipo di regime cui si sono affiliati. In generale, gli affiliati dei sistemi pensionistici professionali a prestazioni definite avranno la pensione attesa, perché il rischio dovuto agli investimenti è coperto dal sistema e i dividendi sono garantiti, ma questo stato di cose può cambiare in caso di adeguamenti apportati ai fondi per compensarne le perdite.

Secondo il documento, quindi, non si possono escludere effetti più gravi. Sia l’UE sia gli Stati membri hanno comunque varato norme per tutelare i lavoratori in caso di insolvenza delle società promotrici dei sistemi a prestazioni definite.

I regimi a contribuzione definita, invece, scaricano il rischio interamente sugli individui, poiché la pensione versata dipende direttamente dal ritorno dato dagli investimenti che rientrano nel fondo. Per coloro che devono lavorare ancora per diversi anni c’è la possibilità che gli investimenti tornino a fruttare, ma anche le persone più vicine al pensionamento potrebbero resistere alla crisi, purché il loro regime pensionistico segua una strategia basata sul ciclo di vita, che cerchi, cioè, di ridurre i rischi man mano che l’investitore si avvicina alla data fatidica.

Gli altri, i lavoratori anziani senza una strategia basata sul ciclo di vita e affiliati a un sistema contributivo, dovranno probabilmente adattarsi a vivere con una pensione più bassa, oppure lavorare più a lungo per compensare le perdite.

Non si tratta peraltro di casi molto frequenti: la maggior parte degli europei che si appresta ad andare in pensione fa ancora capo a sistemi pensionistici pubblici a ripartizione, sui quali la recessione non ha ancora veramente inciso. Se però la crisi economica dovesse andare avanti e la disoccupazione continuare a salire, i governi potrebbero vedersi costretti a riformare i regimi pensionistici per assicurarne la sostenibilità.

I sistemi di pensione nell’UE forniscono un alto livello di sicurezza di reddito e di autonomia finanziaria per la maggior parte dei anziani. Tuttavia, le figure mostrano che la povertà del pensionato è ancora una realtà per molti dei cittadini più anziani dell’Europa ed anche se i rischi di povertà negli anziani variano considerevolmente da un Paese a un altro, le donne, nel complesso, soffrono più delle loro controparti maschili. Le riforme devono continuamente affrontare questa ingiustizia storica per assicurare pensioni sufficienti per tutti. Inoltre, entro i prossimi decenni, l’Europa affronterà una delle più grandi sfide: individuare sistemi sufficienti e finanziariamente possibili per assicurare la pensione alla  popolazione in invecchiamento mentre il numero della gente di età che lavora diminuisce notevolmente e il numero dei pensionati aumenta velocemente. Nel rispetto dell’imperativo demografico, l’UE lavora con gli stati membri per sostenere, controllare e valutare l’effetto delle riforme sui sistemi di pensioni sia per sviluppare pensioni sufficienti sia per accertare la sostenibilità a lungo termine dei sistemi di pensione. La ristrutturazione radicale è stata decisa in molti stati membri per contribuire a realizzare questi obiettivi mentre tutta l’Europa conta sulla sfida demografica dei prossimi 50 anni. Con la sua azione di coordinazione, l’UE fornisce il supporto ai responsabili politici nazionali – Dipartimenti del governo per gli affari sociali, le finanze, l’occupazione, i partner sociali e la società civile. Definisce gli obiettivi comuni, in particolare verso il raggiungimento dei tassi di occupazione più alti e per prolungare l’età attiva, identifica gli indicatori comuni per valutare la situazione e la prestazione dei paesi singoli sui redditi probabili dei pensionati futuri e sulla sostenibilità dei sistemi di pensioni. Ancora la Commissione presta grande attenzione al processo continuo di riforma dei sistemi di pensioni attraverso l’UE.

Tre priorità sono nell’ordine del giorno della Commissione.

  1. Adeguatezza e sostenibilità dei sistemi di pensione: I risultati dai 25 rapporti nazionali di strategia indicano che le riforme strutturali ai sistemi di sicurezza sociali da solo sono insufficienti . Effettivamente, la risposta più efficace ad un invecchiamento Europa sarà più gente che lavora e e lavoro per più tempo.
  2. Promozione dei diritti di pensionamento supplementari: L’UE sta cercando di assicurare che le autorizzazioni supplementari di pensione non siano ostacolo alla mobilità del lavoratore.
  3. La Commissione inoltre cerca di migliorare la quota supplementare di pensione ed ha installato, per quello scopo, la tribuna di pensioni, un comitato consultivo composto di esperti dai governi, i partner sociali e le organizzazioni rappresentative al livello comunitario.

http://http://ec.europa.eu/employment_social/spsi

Vitalba Paesano: Interessata al web fin dal 1996, quando di Internet si occupavano solo gli ingegneri, sostiene da sempre l'importanza dell'interattività come misura di qualità di vita per il mondo senior. Per questo ha fondato www.grey-panthers.it, testata giornalistica online, ad aggiornamento quotidiano, dove tutto, articoli, rubriche, informazione, è a misura di over50

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  • Magari si potesse restare al lavoro volontariamente invece a partire dai 55 si e' sempre piu' in bilico sul posto di lavoro. Si diventa capo lista per la mobilita' ... pur avendo ancora ottima professionalita' ed esperienza da vendere. Le societa' finiscono sempre per segarci le gambe.

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