TFR e pensione integrativa: ecco le nuove regole

Pubblicato il 8 Maggio 2017 in , da redazione grey-panthers

Chi sceglie la pensione integrativa non dovrà rinunciare a tutto il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) ma potrà destinare al fondo pensione solo una percentuale, anche minima, in base agli accordi presi con l’azienda. È una delle novità in materia di previdenza integrativa contenute nel maxiemendamento del Governo al Ddl concorrenza approvato dal Senato nei giorni scorsi.

=> TFR, quota obbligatoria ai fondi pensione

Finora il dipendente doveva decidere, in fase di assunzione, se destinare il proprio TFR all’azienda, per riscuoterlo poi nel momento in cui si fosse interrotto il rapporto di lavoro, o a una pensione integrativa, scegliendo il fondo pensione complementare nel quale far confluire nella sua totalità il Trattamento di Fine Rapporto. Questa seconda opzione scatta in automatico nel caso in cui il lavoratore non manifesti alcuna preferenza e il TFR viene destinato nel fondo pensione aziendale o settoriale o, in loro assenza, a FondINPS, il fondo pensione dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale.

Previdenza complementare

La previdenza complementare è finalizzata a garantire una pensione integrativa a quella erogata dagli Istituti di Previdenza come INPS, INPDAP, casse professionali: il contribuente, infatti, al termine della vita lavorativa può beneficiare di una sorta di “seconda pensione” come rendita aggiuntiva rispetto al trattamento pensionistico maturato. Secondo il decreto legislativo n. 252 del 2005 (articolo 2) possono aderirvi i lavoratoridipendenti (sia pubblici che privati), i soci e i dipendenti di società cooperative, gli autonomi e i liberi professionisti, le persone che svolgono lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari, i lavoratori occasionali.

Tipologie

Parlando di Fondi pensione come una delle formule opzionali di pensione integrativa, è bene ricordare che questi possono essere:

  • fondi negoziali: istituiti dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale;
  • fondi aperti: istituiti da banche, imprese di assicurazione, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM);
  • Piani Individuali Pensionistici di tipo assicurativo (PIP): istituiti dalle imprese di assicurazione;
  • preesistenti al Decreto Legislativo 124 del 1993 che ha disciplinato la previdenza complementare per la prima volta.

Adesioni

Il dipendente aderisce alla previdenza complementare su base collettiva se previsto dal contratto di lavoro, o in maniera individuale attivando un fondo pensione aperto o a un PIP (nel primo caso il contributo deve essere versato anche dal datore di lavoro). Il lavoratore autonomo o libero professionista può aderire in forma individuale a un fondo pensione aperto o a un PIP.

TFR nei fondi pensione

Il dipendente privato, entro sei mesi dall’assunzione, deve decidere cosa fare del Trattamento di Fine Rapporto (TFR). In tal caso le opzioni sono:

  • destinare in via definitiva a una forma pensionistica complementare le quote del TFR ancora da maturare (se si decide in un secondo momento, il TFR maturato fino a quel momento resta accantonato presso il datore di lavoro e sarà liquidato alla fine del rapporto);
  • lasciare il TFR presso il datore di lavoro;
  • non effettuare alcuna scelta in modo esplicito (in questo caso è possibile optare per il conferimento automatico del TFR nel fondo pensione, per il conferimento tacito del TFR al fondo al quale è iscritto il maggior numero di dipendenti della propria azienda o per il conferimento del TFR a Fondinps, la forma pensionistica complementare appositamente costituita presso l’INPS).

Contributi

Il lavoratore deve scegliere la forma pensionistica alla quale versare i contributi e procedere al pagamento. Nel caso di lavoro dipendente:

  • previdenza complementare ad adesione collettiva: la contribuzione è formata dal contributo del lavoratore e dalla quota di TFR futuro (che si matura dal momento in cui si aderisce alla forma pensionistica) e dal contributo del datore di lavoro;
  • previdenza complementare ad adesione individuale: la contribuzione è formata dal contributo del lavoratore e dalla quota di TFR futuro.

Per il lavoratore autonomo, la contribuzione è formata solo dal suo contributo.

Trasferimento ad altro Fondo

Decorsi 2 anni dall’adesione, si può chiedere per qualsiasi ragione il trasferimento della propria posizione presso un’altra forma pensionistica complementare.

Rendita

Quando vengono raggiunti i requisiti per la pensione obbligatoria, con almeno 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare si può trasformare la propria posizione individuale in rendita: a versarla è l’impresa di assicurazione con cui la forma pensionistica è convenzionata. Durante la fase di contribuzione si può prelevare una somma della rendita, a titolo di anticipazione o di riscatto in relazione a determinate situazioni previste dalla legge e dal Fondo pensione.

Regime fiscale

Sulla previdenza complementare è intervenuta la Legge di Stabilità 2015 (Legge 23 dicembre 2014 n. 190, pubblicata sulla GU n. 300 del 29 dicembre 2014). Il regime fiscale in caso di adesione alla previdenza complementare prevede:

  • imposta sostitutiva al 20% sul risultato netto maturato;
  • credito d’imposta del 9% del risultato maturato a netto dell’imposta dovuta, a patto che un ammontare corrispondente venga investito in attività finanziarie;
  • deducibilità IRPEFfino a 5.164,57 euro l’anno (limite di contributi versati), compreso eventuale contributo del datore di lavoro e versamenti per soggetti a carico. Esclusa la quota del TFR.

D’ora in poi il lavoratore potrà decidere di destinare solo una percentuale di TFR ad un fondo pensione complementare, lasciando il resto in azienda. Viene inoltre prevista la possibilità di anticipare la prestazione, in caso di disoccupazione superiore a 24 mesi.