Pagamenti digitali? Svolta per un italiano su due

Pubblicato il 22 Dicembre 2020 in , , da redazione grey-panthers

Uno stile di vita sempre più digitale. È quello che emerge dalla ricerca 2020 European Evolution of Banking di Mastercard, che ha analizzato le tendenze del digital banking in 12 mercati europei nel settembre 2020. Una delle dirette conseguenze delle restrizioni imposte dalla pandemia è che anche nel nostro Paese si sente forte lo slancio alla digitalizzazione che, oltre ad un aumento dell’attività online a livello generale, ha generato un’adozione diffusa dei servizi bancari digitali. Come conferma questo studio secondo cui il 46% degli italiani intervistati si mostra positivo nel volere abbracciare le nuove soluzioni di digital banking. Un interesse che si è tradotto in una maggiore adozione di questo tipo di pagamenti nel quotidiano, con più di due italiani su cinque (41%) che dichiara di condurre transazioni finanziarie online e tramite app più frequentemente rispetto al pre pandemia.

“Possiamo dire che c’è una nuova normalità — spiega Michele Centemero, Country Manager Italia di Mastercard — nell’arco di pochissimo tempo c’è stata un’educazione al digitale incredibile che ha accelerato tutti i processi”. Compresi i piccoli pagamenti, quelli che con fatica, in Italia, si riesce a fare con strumenti elettronici. Il 42% ha dichiarato che sarebbe disposto a usare la propria app per le chat sul telefonino per trasferire denaro verso amici e parenti e il 72% desidera una maggiore accettazione dei pagamenti mobile da parte degli esercenti. “Quello che abbiamo visto nel primo lockdown — aggiunge Centemero — è proprio che utilizzare il pos o il telefonino per pagare è anche più sicuro del contante e questo ha sicuramente accelerato quest’abitudine, con gli esercenti che l’accettano anche più volentieri di prima”. Emerge, dalla ricerca, anche un interesse maggiore per le novità che promettono di semplificare la quotidianità come la possibilità di avere in un’unica app tutte le proprie finanze indipendentemente dall’istituto in cui queste sono depositate.

di Corinna De Cesare

Fonte: Corriere della Sera, 17 dicembre