Cosa faremo a Natale. Riflessioni economiche e previsioni

Pubblicato il 15 Agosto 2020 in , , da redazione grey-panthers

L’evoluzione degli eventi è veloce, anche dopo la Fase 2. I segnali di ripresa ci sono. Le vendite di molti settori si sono riprese, anche se non sono tornate ai livelli di febbraio. Le propensioni, paradossalmente, sono davanti alle vendite, a riprova che il desiderio è più forte dell’esecuzione, anche nei consumi. Persino le vacanze stanno diventando un obiettivo tangibile per gli Italiani, che solo un mese fa nemmeno ci speravano. Per ora, dunque, ci prepariamo ad andare in vacanza – come e dove sarà possibile- ma che scenario ci attende al rientro?

Proviamo dunque a ragionare, con tutta la prudenza del caso, sugli scenari che ci attendono in autunno-inverno. Tracciare scenari serve molto, anche quando si sbaglia: è un modo per imparare a gestire il futuro, che nasce quasi sempre dal sistema complesso di passato e presente. Come diceva C.G. Jung, padre della psicologia umanistica: “È dal passato più remoto che viene creato il futuro”. Proviamoci, dunque.

Due scenari verso l’inverno

Tutti gli scenari delineati presuppongono che a luglio 2020 ci sia la fine dell’obbligo delle mascherine in luoghi pubblici aperti in tutte le regioni, fine limitazioni ingresso punti vendita, facoltatività guanti, ecc., (salvo che per casi molto limitati come la spesa alimentare). Ovviamente su quello che succederà in autunno-inverno i tre scenari divergono.  Il primo scenario – per dare fiato alla speranza – è quello più ottimistico (anche per le probabilità che gli assegniamo) ed è qui descritto. 

 

Questo scenario ipotetico potrebbe avere ovviamente conseguenze molto articolate. In prima ipotesi:

  • i consumi: pur chiudendo l’anno con un significativo segno meno, risultano in ripresa, alcuni più di altri (elettronica, prodotti per la casa, alimentari). Fra i settori che restano in sofferenza: tutto l’Horeca e in parte i grandi Mall, causa una minor predisposizione alla frequentazione di strutture molto grandi e affollate. L’auto si riprende parzialmente anche grazie agli incentivi, ma chiude l’anno con vendite inferiori di circa il -20/-25% rispetto all’anno precedente.
  • Lo stesso settore turistico, grazie agli allentamenti e al progressivo miglioramento internazionale, riprende lentamente, anche se su ritmi e volumi ben inferiori al passato. La ripresa delle routine vacanziere è comunque mirata su soluzioni e destinazioni specifiche. Il tema dei prezzi (aumentati più per la minore efficienza della logistica aerea che per gli aumenti petroliferi) rappresenta un ulteriore freno. Il turismo estero inizia a riaffacciarsi sul nostro Paese, anche se con un processo molto graduale.
  • Mobilità: dopo la centratura sulla mobilità individuale della bella stagione post lockdown (auto, scooter, bici), si assiste alla ripresa lenta dell’utilizzo dei mezzi pubblici nelle città più dotate, per impossibilità di gestione della mobilità con auto private e sulle due ruote. La ricostruzione della motivazione all’uso dei mezzi pubblici dopo la campagna di “demonizzazione” post lockdown è lenta e faticosa, richiede nuovi incentivi, peggiorando comunque il conto economico proprio delle città che avevano maggiormente investito sulla qualità del trasporto pubblico.
  • Shopping: pur in assenza di limitazioni resta una certa sensibilità sociale al distanziamento. Diminuisce l’affollamento dei punti vendita, gli acquisti natalizi vengono graduati e anticipati anche utilizzando le promozioni del periodo Black Friday. Minor entusiasmo per luoghi di acquisto e shopping con code (spontanee e non più obbligate). Ricorso crescente al binomio visita fisica e acquisto on line con significativo incremento dell’e-commerce.
  • Consumer mood (ipotesi di parole d’ordine del consumatore): sollievo, senso di resilienza, voglia di rilancio e nuovo futuro.

In uno scenario di questo tipo, con tutte le infinite varianti che lo scenario ottimistico potrebbe comunque avere, cosa potrebbero fare le Aziende? L’esercizio ipotetico diventa ancora più difficile, perché presuppone un sistema dove l’interazione di azioni e reazioni sia nota o calcolabile. Sappiamo che così non è. Comunque, qualche ipotesi per aiutare a ragionare su questa eventualità si può tracciare. Ad esempio, in questo scenario una risposta aziendale opportuna potrebbe comprendere:

  1. un evidente accompagnamento alla normalità sostenendo il tema della resilienza, del rilancio e del nuovo futuro (il racconto della concretezza dei supporti offerti dall’azienda per la qualità della vita individuale).
  2. Potrebbe sfruttare anche l’invito alla ripresa delle “buone abitudini che fanno bene” (wellbeing, vacanze). Ma anche il recupero del tempo, dello spazio e dei ruoli sociali che il lockdown aveva fatto scoprire.
  3. Il clima comunicazionale è naturalmente orientato alla positività (invito al consumo positivo) e alla costruzione del futuro. Sembra un tema naturale e scontato, ma include ad esempio il ruolo di sostenibilità molto più concreta e fattiva di un tempo. I temi di ambiente, salute, benessere economico delle comunità e le nuove “decodifiche” e significati che l’azienda deve presidiare, per potersi candidare alla costruzione di questo futuro, quello – in fondo – dello “scampato pericolo”.

 

Dallo scenario ottimistico a quello di continuità

Ma non c’è solo uno scenario ottimistico. Purtroppo. Bisogna fare i conti con una realtà che talvolta porta notizie meno entusiasmanti, talvolta anche pessime. Ragioniamo, ad esempio, sul secondo scenario, in ordine di probabilità, quasi a pari merito, al primo. Questo rappresenta una sorta di scenario di continuità rispetto all’attuale periodo (giugno).

Le conseguenze di questo scenario potrebbero essere:

  • consumi bloccati o rallentati anche in presenza di buone propensioni (acquisti natalizi centrati sulla famiglia: alimentari, benessere casa…). Il mercato dell’auto, che contava sulla ripresa di fine anno per ritornare su livelli di vendite accettabili, scopre che anche gli incentivi si sono dimostrati di modesta efficacia e i cali a fine anno sono superiori a quelli attesi a giugno (almeno il -30% vs 2019).
  • Turismo: limitazioni importanti alle vacanze invernali, sia per le destinazioni sciistiche classiche (in presenza di infezione le settimane bianche sarebbero fra le prime a essere soggette a limitazioni) sia per le destinazioni esotiche (non ancora bonificate, nell’ipotesi di una persistenza infettiva). Forte ricorso alle seconde case (circa un terzo delle famiglie italiane le posseggono), tenuta degli affitti turistici di medio-breve (settimanali, mensili). La crisi del settore Horeca si aggrava, mancando a questo punto anche il secondo grande appuntamento dell’anno per i suoi consumi (vacanze invernali, cenoni, ecc.). Permane l’assenza o la modestia delle presenze straniere in Italia.
  • Lavoro: ripresa massiva dello smart working, ritorno delle limitazioni al minimo dei contatti professionali, riduzione della capacità di investimento delle imprese (maggior concentrazione sul day by day), crisi dell’indotto aziendale (servizi all’impresa, vending, terziario avanzato).
  • Shopping: ritorno (anche parziale) alle limitazioni per i punti vendita in materia di affollamento, che si unisce a forme “spontanee” di distanziamento dei clienti stessi. Il combinato disposto di questi due fattori contribuisce a rarefare le presenze nei punti vendita. L’acquisto natalizio è anch’esso più rarefatto, per i problemi economici, le preoccupazioni e le oggettive limitazioni. Forte sensibilità al tema promozionale e ricorso molto forte all’e-commerce, soprattutto alla ricerca di offerte interessanti (price driven).
  • Consumer mood: incertezza, preoccupazione, difesa dell’esistente, chiusura, accumulo risparmio per tempi incerti.

 

Che tipo di risposta aziendale potrebbe essere più efficace in questo ipotetico contesto?  Facciamo sempre delle ipotesi, che ci portano a dire che:

  1. sarebbe suggeribile un forte stimolo economico (prezzi, promozioni) per motivare i consumatori.
  2. La capacità di sostegno concreto – anche nelle pratiche di responsabilità sociale– dovrebbe essere valorizzata e spinta (supporto al consumatore, ai dipendenti, filiere), lo scenario sarebbe decisamente più “duro” e concreto rispetto a quello della sostenibilità pre-crisi.
  3. L’azienda avrebbe il compito di fornire un sostegno alla costruzione di un futuro (molto nebuloso), aiutando le persone nella ricostruzione di una identità, anche in termini di stile di vita nella prospettiva 2021-2022.
  4. In questo processo è certamente utile una forte valorizzazione delle news positive (senza cadere nella retorica di un futuro radioso, non plausibile in questo clima sociale).
  5. Allo stesso modo, parte della ricostruzione delle identità di consumo, sarebbero anche le pratiche concessive antidepressive, che le aziende dovrebbero incentivare e favorire, nei limiti consentiti dalla situazione economica, ovviamente.

Dallo scenario di continuità a un nuovo lockdown

Ci sarebbe infine anche un terzo scenario: quello pessimista (10%). È il più facile da tracciare, purtroppo. Ma è anche il più disastroso, in termini economici, sociali, psicologici.  Un altro lockdown generalizzato, derivante da una manifesta incapacità del sistema di imparare dai propri errori. È in fondo facile da analizzare nelle conseguenze che vale solo la pena stimarlo come probabilità, ma non come effetti (simili anche se non uguali a quelli dei mesi passati).

Fabrizio Fornezza

(Eumetra MR)