Zoom sulla Tenascina-C, nemica della prostata

Pubblicato il 29 Settembre 2015 in , da redazione grey-panthers

Uno studio condotto dai ricercatori dell’IRCCS dell’Ospedale San Raffaele (coordinati dal dottor Matteo Bellone, capo Unità Immunologia cellulare), potrebbe aprire la strada a nuovi approcci diagnostici e terapeutici del tumore alla prostata nelle sue fasi iniziali.
La ricerca è stata condotta su campioni umani e modelli marini (cavie), e ha dimostrato il ruolo della proteina Tenascina-C, maggiormente espressa dal tumore nelle fasi precoci di malattia. Tenascina-C viene prodotta dalle cellule staminali del carcinoma prostatico – le cellule tumorali che contribuiscono alla crescita, alla diffusione e rigenerazione del tumore – e viene utilizzata da queste ultime come un’arma per sfuggire alla risposta del sistema immunitario.
Secondo gli scienziati, le cellule staminali tumorali permettono al tumore di rigenerarsi e dare origine a metastasi, migrando precocemente ai linfonodi connessi alla prostata. L’identificazione tempestiva di queste cellule nella prostata e nei linfonodi pelvici, così come la loro eliminazione attraverso terapie specifiche, potrebbe perciò prevenire la progressione della malattia.
Analizzando sezioni anatomiche di prostata umana e murina, gli studiosi hanno notato che la Tenascina-C è espressa maggiormente nelle prime fasi del tumore alla prostata e nelle metastasi, dove inibisce la funzione di difesa dei linfociti T, rendendoli incapaci di distruggere le cellule staminali tumorali che sopravvivono nei tessuti contaminati. Terapie mirate a contrastare l’attività immunosoppressiva della Tenascina-C potrebbero perciò favorire l’eliminazione delle cellule tumorali che la esprimono, riducendo le possibilità che il tumore si espanda e si ripresenti.
“Questo studio identifica la Tenascina-C come molecola bersaglio di potenziali approcci terapeutici mirati a facilitare il riconoscimento e l’eliminazione delle cellule staminali tumorali da parte del sistema immunitario” spiega il dottor Bellone. “Sebbene questa ipotesi debba ancora essere verificata appieno sull’uomo, questa ricerca potrebbe modificare l’approccio ai pazienti con tumore in fase iniziale, che al momento vengono soltanto tenuti sotto osservazione nel tempo” continua l’esperto. Alla ricerca è dedicata la copertina di maggio della prestigiosa rivista scientifica Cancer Research