Per migliorare la salute del respiro, ascolta musica e canta a labbra chiuse

Pubblicato il 23 Aprile 2015 in , da Vitalba Paesano

Le utili annotazioni della Dr. Fiamma Ferraro di Buteyko-Italia, un sito prezioso per chi soffre di asma e di problemi respiratori

Canto e respiro.
Nello scorso numero del nostro Notiziario avevo parlato degli effetti favorevoli per la salute provocati dal canticchiare “mmmm” con la bocca chiusa per alcuni minuti varie volte al giorno. Sorge a questo punto spontaneo l’interrogativo sugli effetti del canto. Si tratta di una domanda che i miei colleghi americani del Comitato Scientifico della BBEA (ButeykoBreathing Educators Association) mi rivolgono non raramente, visto che l’Italia, quale patria del “Bel Canto” ha una certa fama in questo settore!
In risposta a questi interrogativi, innanzitutto metto in rilievo l’effetto dannoso che ha sulle corde vocali non solo la respirazione dalla bocca ma anche l’iperventilazione ed il fatto di parlare in continuazione, il che rende difficile non iperventilare.
Quando si deve parlare molto bisogna cercare di interrompere regolarmente il discorso, in modo da riuscire, tra una frase e l’altra, a riprendere fiato dal naso e non dalla bocca. Il fatto storico che inoltre metto in rilievo in relazione al canto è che nell’antica tradizione italiana del “Bel Canto” si usava mettere una candela accesa davanti alla bocca degli alunni; quando cantavano la fiamma della candela doveva restare quasi immobile. Ciò è possibile se nel cantare si emette poco respiro, evitando di espirare affrettatamente e con forza.
Un bravo cantante in effetti, dopo aver inspirato (non troppo, poiché se si vuole cantare seguendo la musica, manca in genere l tempo necessario per riempire d’aria i polmoni) deve poi cercare di far durare l’emissione del suono il più a lungo possibile, Ciò porta quindi a respirare “poco”. Al giorno d’oggi invece , soprattutto nel settore del canto non classico, si canta in modo ben diverso; si fanno grandi, frequenti respiri che durano poco, e più che alla bellezza del suono emesso (causato dalla sua specifica vibrazione) si cerca soprattutto di cantare “forte”. Sono passati i tempi in cui il celbre cantante operistico Caruso usava dire che per cantare non aveva bisogno di inspirare più aria di quanta non glie ne servisse per annusare il profumo di una rosa!
Queste osservazioni sono relativamente simili a quanto diceva sul canto Rudolf Steiner, il fondatore dell’antroposofia (ved. agricoltura biodinamica, scuole steineriane, medicina antroposifica ed altro) il quale osservava che per cantare bene occorre avere la sensazione non di far uscire l’aria dalla bocca ma di farla entrare e di farla andare verso l’altro, verso la parte alta del naso, in modo da sentire tra naso e fronte la vibrazione del suono.

Effetti della musica
Per restare in campo musicale segnalo i risultati di uno studio effettuato recentemente presso l’Università di Helsinky (riportato su Science Daily 13 marzo 2015) in cui si osserva come il fatto di aver ascoltato anche per poche decine di minuti un concerto per violino di Mozart abbia potenziato l’attività dei geni coinvolti nel rilascio e trasporto della dopamina e le funzioni sinaptiche, con effetti favorevoli su apprendimento e memoria, ed abbia disattivato l’attività di geni coinvolti nel Parkinson e problemi di neurodegenerazione, concludendo quindi che la musica può avere un effetto neuroprotettivo.
Ovviamente, come accade sempre in quasi tutte le sperimentaizoni mediche, non si è osservato il modo di respirare in chi ascoltava la musica. E’ noto peraltro che ascoltare musica, (in particolare quella, a 60 battiti al minuto, tipica dei movimenti lenti della musica barocca) esercita un effetto tranquillizzante e di potenziamento dell’apprendimento e della memoria (ved. la tematica del Superlearning, di moda alcuni decenni fa anche per imparare lingue straniere e di cui ora non si parla più molto); questo effetto tranquillizzante agisce anche sul modo di respirare, che in genere rallenta, armonizzandosi con i tempi della musica.
E’ interessante tra l’altro che l’effetto favorevole osservato dall’Università di Helsinky sia stato riscontrato solo sul gruppo di persone che erano esperte in campo musicale e non su quelle che non avevano alcuna dimestichezza con la musica classica. Ciò mi sembra confermare appunto che perlomeno una parte dei benefici riscontrati nello studio in seguito all’ascolto della musica classica sia causata dal cambiamento del modo di respirare provocato da questa musica, cambiamento che probabilmente si verifica in modo più spiccato in chi ha studiato ed ama la musica classica, più che in chi non ha dimestichezza con questa musica e reagisce magari all’ascolto in modo annoiato ed impaziante, senza percepirne il ritmo e l’armonia.

Flauto ed apnea respiratoria nel sonno
Segnalo, infine, un articolo della European Respiratory Society del 15 aprile 2015, in cui si riferisce che in un nuovo studio si è accertato che il rischio di sviluppare problemi di apnea respiratoria ostruttiva notturna è inferiore alla media nei suonatori di strumenti a fiato. Il relativo studio, presentato alla Conferenza 2015 sul Respiro e Sonno , è stato condottto da ricercatori in India che hanno esaminato le funzioni polmonari in un gruppo di 64 suonatori di strumenti a fiato, paragonandole ad un gruppo di altre 65 persone che non suonavano alcuno strumento e, a seguito dell’esame di vari parametri, hanno accertato che il rischio in questione era notevolmente inferiore nei suonatori. I ricercatori ritengono che il motivo consista nell’incremento del tono muscolare delle alte vie respiratorie , risultato superiore nei suonatori; hanno quindi concluso che il suonare strumenti a fiato potrebbe essere una misura preventiva non costosa e priva di rischi per le persone propense a sviluppare questa problematica.
Non posso che osservare, di nuovo, che nello studio non sono stati analizzati i cambiamenti nel modo di respirare che si verificano nei suonatori di strumenti a fiato. Forse anche qui si sarebbe altrimenti riscontrato che, per far durare il fiato più a lungo, questi suonatori respiravano “meglio”, e forse allora l’ottimizzaizone del respiro sarebbe un modo ancora meno costoso e privo di rischi per non sviluppare problemi di apnea nel sonno?