I dischi del mese: la nostra selezione di maggio II

Pubblicato il 17 Maggio 2015 in , da Ferruccio Nuzzo

Nel Giardino di Partenope

Sonate napoletane per violoncello – Gaetano Nasillo e Sara Bennici: violoncello, Michele Barchi: clavicembalo, Ensemble 415, Chiara Banchini – Arcana (79’03 + 70’04)

Devo dire, per cominciare, che si tratta di un disco stupendo, anzi due. Un bonus è, infatti, offerto, e non si tratta di una o due piste supplementari, ma di un intero cd in cui Gaetano Nasillo – accompagnato dall’Ensemble 415 diretto da Chiara Banchini, è il solista di cinque affascinanti e pochissimo conosciuti (tranne, forse, quello di Leo) concerti di compositori napoletani.

Ma voglio prima divertirmi a proposito dell’innocente – quando non è abusata – mania di questi ultimi tempi che è quella di arricchire la musicologia di fantasiosi quanto improbabili miti. Pensando, evidentemente, che la musica non basti a se stessa per sedurci, le si aggiunge, in guisa di promozione, una qualche storia o storiella che dovrebbe farci addrizzare le orecchie e rinnovare il nostro interessamento. Si tratta, in questo caso, dell’attribuzione a Napoli di una sorta di seconda maternità del violoncello, il merito di averlo liberato dai secondari ed equivoci ruoli di accompagnamento per assumere alfine una meritata supremazia solistica.

Quante cose hanno avuto (o trovato) a Napoli, se non la nascita, almeno una nuova vita. E se per la pizza napoletana, che già nel nome manifesta – se non garantisce – la sua maternità, e gli spaghetti c’a pummarola non ci sono dubbi, per il resto non val la pena di entrare in polemica, ricordando i meriti della scuola bolognese – che, anche lei, oltre all’omonimo sugo, pretende aver «inventato» il violoncello solista – e godiamoci questa splendida musica, e la scoperta di compositori che la passione di Gaetano Nasillo ha sottratto all’oblio.

Già un bellissimo cd egli aveva dedicato alle Sonate per violoncello solo di Salvatore Lanzetti (per Zig-Zag Territoires – ZZT 041002), un ambizioso – oggi pressoché  dimenticato -, incandescente, spesso tenebroso ma delicato e fantasioso virtuoso dello strumento e compositore, sommo rappresentante di quell’esplosione di nuove tendenze artistiche che Charles Burney (il celebre compositore, musicologo e emerito viaggiatore inglese) definì new style.

E Lanzetti – il fiore più affascinante, certo, in questo Giardino di Partenope – è presente  nel disco con una Sonata e tre Pièces pour le violoncelle (il primo, Grave, di fosca bellezza); assieme a lui Francischiello (cioè Francesco Alborea, uno dei più rinomati virtuosi dell’epoca), Rocco Greco, Giulio de Ruvo, Francesco Supriani e Pasquale Pericoli (leccese, quindi anche lui suddito del Reame di Napoli), assieme ai ben più noti Nicola Porpora e Giovanni Battista Pergolesi, quest’ultimo con la pittoresca Sinfonia a violongello solo (sic) il cui Presto finale fu il principale ispiratore del balletto Pulcinella di Igor Stravinsky.

Gaetano Nasillo è perfettamente a suo agio nelle tarantellate di Giulio de Ruvo e di Francischiello, ma dà il meglio del suo virtuosismo e delle voluttuose sonorità del suo strumento agli Adagio di Porpora ed ai movimenti lenti di Lanzetti e di Pericoli (Siciliana), fervorosamente accompagnato dall’elegante violoncello di Sara Bennici e dal dinamico clavicembalo di Michele Barchi.

Il trailer dell’album il Giardino di Partenope.


SchubertSchubert

Impromptus D 899 & D 935 François Chaplin: pianoforte – Aparté (72’37)

Impromptus, D. 899 & 935

Sin dal primo accordo del primo Impromptu D 899, ci si rende conto che l’interpretazione di François Chaplin percorre altri sentieri e ci schiude panorami ben diversi di quelli a cui siamo abituati. Energica e nervosa, penetra questi capolavori è dà loro una vitalità che li solleva da quella sciropposa palude nella quale – troppo spesso, ohimè – affogano, come gabbiani intrappolati nella marea nera, con le ali inzuppate dalla tossica retorica di uno Schubert depresso e rassegnato.

Abbiamo ammirato François Chaplin nella sua splendida visione delle composizioni di Alexander Scriabin, scopriamo in questa registrazione un nuovo versante della sua molteplicità. Aveva genialmente decifrato Scriabin ed ora ci svela tutta la complessità della poetica di queste musiche che credevamo di conoscere e di aver assimilato come ricordi d’infanzia. Ho parlato di «energia» e di «nervosità», ma, ben presto, a queste prime sorprendenti impressioni ben altre se ne sovrappongono: ognuno di questi Impromptus è un mondo a parte, per quanto connesso ai suo quattro fratelli da misteriosi, enigmatici legami (devo confessarvi che quando un disco mi colpisce e mi emoziona come questo, smetto, a un certo punto, di cercare legami o altre argomentazioni, e di pensare a quello che dovrò scrivervi, e mi abbandono all’ascolto). Resta, purtuttavia, sempre questa sensazione di una grande energia: la musica non viene mai abbandonata a se stessa, una sublime nostalgia la anima facendola volare con libere ali e rinnovando quel miracolo che sempre si rivela nelle opere di Schubert.

Alla fine del disco, in bonus – questa volta una sola pista, ma preziosa! – la tenera gravità del lied Litanei D 343 ( Litania) nella trascrizione di Franz Liszt.

ascoltate l’Impromptu n°3 D 899  


CircassiaCircassia

Musique Tcherkesse – Ensemble Circassien de Jordanie – Ad Vitam Records (57’24)

Non mi occupo sovente di dischi di musica etnica, sopratutto poiché le registrazioni veramente interessanti di questo genere – relativamente abbondanti negli anni ’80 e ’90 dello scorso secolo ( ! ) – sono oggi rarissime. Mi precipito quindi su questa eccezione di Ad Vitam Records, una giovane casa discografica che si distingue nel vasto e confuso panorama delle sue congeneri, per l’originalità e la qualità del suo programma e delle realizzazioni (ne ho recentemente parlato in occasione del ciclo di registrazioni di musiche per pianoforte per la mano sinistra). Jean-Yves Labat de Rossi – uno dei creatori ed animatori del label, produttore ed ingegnere del suono, con una vita avventurosa ed una carriera che lo ha portato da Woodstock à Notre-Dame de Paris, attraverso un’avventurosa registrazione della fisarmonica del dittatore Ugandese Amin Dada (con relativa accusa di spionaggio e successivo passaggio per i campi di sterminio di Nakasero) – è un appassionato frequentatore del Medio Oriente e delle sue tradizioni, e vi ha effettuato numerose registrazioni. Tra cui quelle presentate in questo bel disco, musica tradizionale, malinconica o gioiosa, di un paese che ormai non esiste più, melodie che rimontano a tempi lontani, ritmi che invitano alla danza ed evocano le grandi cavalcate (i tempi sono spesso ispirati a quelli delle andature del cavallo).

I musicisti sono i virtuosi dell’Ensemble Circassien de Jordanie, con i loro strumenti originali – il pshina, sopratutto (un tipo di fisarmonica costruita esclusivamente nel Caucaso), percussioni, flauto e l’apapshina una specie di mandolino – ed il programma quasi 100% circasso, con qualche contaminazione della tradizione di Giordania, uno dei paesi che ha accolto la diaspora circassa dove sono state effettuate le registrazioni.

ascoltate gli estratti di Circassia 


CrestaAlle Guerre d’Amore

Gianvincenzo Cresta – Christophe Desjardins: viola, Caroline Pelon, Raphaële Kennedy: soprano, Ensemble l’Amoroso, Guido Balestracci – Digressione music (65’13)

Un disco atipico e coraggioso: sei composizione contemporanee dialogano con 10 brani vocali e strumentali di autori italiani del ‘500 e ‘600. Non è la prima volta che Gianvincenzo Cresta confronta la sua opera con la musica antica: ha già sperimentato questo incontro con Amore contraffatto, in cui quattro pezzi per viola ed ensemble vocale – ispirate alle Laudi di Jacopone da Todi – dialogano con i sei Responsori delle Tenebre del Sabato Santo di Gesualdo da Venosa.

Il percorso di questo programma rispetta l’assunto rinascimentale, che concepiva la voce umana ed il canto come la sintesi di un’esemplare espressione musicale. Le guerre d’amore e le patologie amorose sono il soggetto principale delle composizioni di quest’epoca, soggetti che le composizioni di Cresta riprendono utilizzando gli stessi «affetti» in un’estetica rinnovata. Il programma di Alle Guerre d’Amore riunisce, in tal modo, nell’assoluta continuità dell’ideologia musicale, due mondi soltanto in apparenza distanti, l’antico ed il moderno.

Christophe Desjardins è intenso e raffinato interprete alla viola, secondato dall’Ensemble l’Amoroso diretto dal gambista Guido Balestracci, a suo agio nell’antico – che è il suo repertorio abituale – come nel contemporaneo. Alle Guerre d’Amore è stato prodotto dal Festival Anima Mea – che dal 2010 propone la musica antica e le nuove opere ad essa connesse, e si svolge in provincia di Bari -, con il sostegno di Puglia Sounds.

ascoltate Alle Guerre d’Amore