Pensione e reversibilità

Pubblicato il 23 Novembre 2015 in , da Vitalba Paesano
pochi contributi

L’INPS pubblica nuove linee guida sulle pensioni ai superstiti, facendo chiarezza sull’unificazione di tutte le precedenti gestioni previdenziali (come ex Enpals ed ex Inpdap), i cui trattamenti sono confluiti nell’istituto: le istruzioni sono contenute nella circolare 185 dello scorso 18 novembre.

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Hanno diritto alla pensione i familiari superstiti individuati dall‘articolo 22 della legge 903/1965 (quindi il coniuge e i figli minorenni, oppure inabili al lavoro e a carico del genitore deceduto). Nel caso di decesso di un pensionato, i familiari hanno diritto alla cosiddetta pensione di reversibilità: la condizione necessaria è che il pensionato sia titolare di pensione diretta (di vecchiaia, anticipata, anzianità, inabilità e pensione di invalidità) oppure ne abbia in corso la liquidazione. I familiari di un lavoratore deceduto, invece, hanno diritto alla pensione indiretta, nel caso in cui l’assicurato avesse almeno uno dei seguenti requisiti:

  • 15 anni di assicurazione e di contribuzione oppure 780 contributi settimanali;
  • 5 anni di assicurazione e contribuzione oppure 260 contributi settimanali, di cui almeno tre anni oppure 156 contributi settimanali nel quinquennio precedente la data del decesso.

Attenzione: i superstiti del titolare di assegno ordinario di invalidità sono considerati quali superstiti di assicurato, quindi non prendono il trattamento di reversibilità ma la pensione indiretta, calcolando come periodi validi anche quelli in cui il parente deceduto percepiva l’assegno di invalidità.

Se il lavoratore era assicurato nel regime retributivo o misto, e alla data della morte non sussiste il diritto alla pensione indiretta, è riconosciuta un’indennità per morte rapportata all’ammontare dei contributi versati: nei cinque anni anteriori alla data della morte dell’assicurato deve risultare versato o accreditato almeno un anno di contribuzione. L’importo dell’indennità è pari a 45 volte l’ammontare dei contributi base  versati in favore dell’assicurato nel limite minimo di euro 22,31 e massimo di euro 66,93. Se invece l’assicurato aveva un trattamento pensionistico liquidato nel sistema contributivo (e mancano i requisiti per la pensione ai superstiti), è prevista l’erogazione di un’indennità una tantum, pari all’assegno che percepiva il lavoratore moltiplicato per gli anni di contributi versati.

Per ciò che concerne le modalità e i termini di conseguimento di detta indennità si fa rinvio alla circolare 104 del 16 giugno 2003.

=> Pensioni: cedolino INPS e INPDAD, consultazioni online

Il coniuge

Il coniuge ha automaticamente diritto alla reversibilità o alla pensione indiretta, ma perde il trattamento nel momento in cui si sposa nuovamente: in tale caso, prenderà un assegno pari a due annualità. Di contro, ha diritto all’assegno anche in caso di separazione, se risulta titolare di un assegno di mantenimento stabilito dal tribunale.

C’è un’eccezione rappresentata dalle pensioni di reversibilità nel caso di matrimonio dopo i 70 anni, differenza di età fra coniugi superiore a 20 anni e nozze avvenute meno di dieci anni prima: in questo caso, solo per i trattamenti successivi al 2012, la pensione di reversibilità sarà riconosciuto con un’aliquota ridotta.

Anche il coniuge divorziato può aver diritto alla pensione, se nessuno dei due si è risposato, se è titolare dell’assegno periodico divorzile di cui all’articolo 5 della legge 898/1970, se la data di inizio del rapporto assicurativo era precedente allo scioglimento del matrimonio, e sono perfezionati i requisiti di assicurazione e contribuzione stabiliti. Il coniuge divorziato percepirà al massimo il 60% della pensione che sarebbe spettata all’assicurato: la quota precisa viene stabilità dalla sentenza di divorzio.

Ecco le quote di pensione a cui ha diritto il coniuge:

coniuge solo: 60%;
coniuge e un figlio: 80%;
coniuge e due o più figli: 100%.

I figli

Per quanto riguarda i figli, è assicurata la completa equiparazione fra figli legittimi e naturali, che non abbiano superato il 18esimo anno di età o, indipendentemente dall’età, siano riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso. Se il figlio è uno studente, il limite di età è alzato a 21 anni, in caso di frequenza di scuola media o professionale, oppure a tutta la durata del corso di laurea se frequenta l’università, restando all’interno del 26esimo anno di età. L’INPS sottolinea che sono equiparati ai figli:

  • figli adottivi e affiliati del lavoratore deceduto;
  • figli del deceduto riconosciuti o giudizialmente dichiarati;
  • figli non riconoscibili dal deceduto per i quali questi era tenuto al mantenimento o agli alimenti in virtù di sentenza, nei casi previsti dall’articolo 279 del codice civile;
  • figli non riconoscibili dal deceduto che nella successione del genitore hanno ottenuto il riconoscimento del diritto all’assegno vitalizio, ai sensi degli articoli 580 e 594 del codice civile;
  • figli nati dal precedente matrimonio del coniuge;
  • figli dei coniuge, riconosciuti, o giudizialmente dichiarati:
  • minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norme di legge;
  • nipoti minori, anche se non formalmente affidati, dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti;
  • figli postumi, nati entro il trecentesimo giorno dalla data di decesso del padre (in tale fattispecie la decorrenza della contitolarità è il 1° giorno del mese successivo alla nascita del figlio postumo).
  • Nel caso dei figli del coniuge, l’INPS verificherà che il genitore naturale non abbia l’obbligo di erogare somme a tutolo di mantenimento. Ecco le quote di pensione dei figli:
    • un figlio: 70%;
    • due figli: 80%;
    • tre o più figli: 100%;

 

Altri parenti

Infine, ci sono casi particolari in cui hanno diritto all’assegno anche i genitori o i fratellie le sorelle. Per quanto riguarda i genitori, possono percepire l’assegno di reversibilitàse il figlio non ha coniuge e figli, hanno compiuto 65 anni, non abbiano un’altra pensione e siano a carico del lavoratore.

Se il deceduto non aveva coniuge, figli o genitori, possono percepire l’assegno fratelli celibi e sorelle nubili, se sono inabili al lavoro, non sono titolari di pensione, siano a carico del lavoratore deceduto. La circolare prevede poi una lunga serie di casi particolari relativi ai figli studenti e ai nipoti. Ecco le quote di pensione degli altri parenti:

  • un genitore: 15%;
  • due genitori: 30%;
  • un fratello o sorella: 15%;
  • due fratelli o sorelle: 30%;
  • tre fratelli o sorelle: 45%;
  • quattro fratelli o sorelle: 60%;
  • cinque fratelli o sorelle: 75%;
  • sei fratelli o sorelle: 90%;
  • sette o più fratelli o sorelle: 100%.

 

Fonte: circolare INPS