La Rassegna Stampa: Tagli nuovi per 600 milioni. Da sviluppo, trasporti e acquisti il contributo maggiore alla riduzione della spesa dei ministeri

Pubblicato il 3 Giugno 2010 in , da Vitalba Paesano

Le aperture

La Repubblica: “Legge bavaglio, il Pdl tratta. La maggioranza apre alle richieste del Quirinale: ‘Vediamo se Fini ci segue'”. “Napolitano: sia più accettabile. Berlusconi: ma non la stravolgo”. E poi: “2 giugno, il Colle irritato per l’assenza della Lega”. L’editoriale è firmato da Ezio Mauro (“La menzogna”): qualcosa lega insieme gli attacchi di Berlusconi a Giannini, che gli aveva ricordato le sue affermazioni sull’evasione fiscale, a quelli a Pagnoncelli, per i suoi sondaggi, ed è “l’uso della menzogna come arte di governo, per la paura – anzi il terrore – che il Premier prova per la verità”. In prima poi il quotidiano offre una analisi dello stesso vicedirettore Giannini (“Il premier e l’evasione fiscale”) e un sondaggio commentato da Ilvo Diamanti (“Il Cavaliere solo”) in cui si spiega che il leader più apprezzato in questo momento è Fini, seguito da Tremonti, da Casini e poi da Berlusconi.
A centro pagina: “Israele, no italiano all’inchiesta Onu. Polemica sul voto alle Nazioni Unite. Netanyahu: era una nave di terroristi, non Love Boat”.

Il Corriere della Sera: “Inchiesta su Israele, no dell’Italia. Nuove proteste contro Gerusalemme. La Turchia: perdete l’unico amico della regione. Liberi gli attivisti. Netanyahu: era una flotta di terroristi”. A centro pagina, con foto: “La Lega assente alla parata. Napolitano: chiedete a Maroni”. Il ministro era a Varese, “dove è stato ignorato l’inno di Mameli”, scrive il quotidiano. A centro pagina: “Così gli alti prelati assegnavano le case. I verbali di Zampolini. Bertolaso e Di Pietro negano le accuse”.

La Stampa: “Due giugno, gelo tra Colle e Lega. Parata senza ministro del Carroccio. Napolitano: ‘Perché? Chiedete a Maroni’. Il Presidente: tutti erano stati invitati. Ma il responsabile dell’Interno rimane a Varese. Cota: polemica pretestuosa”.
In evidenza in prima anche la politica internazionale: “La Turchia preme e Israele rilascia tutti gli attivisti. Nella notte gli italiani a Istanbul. Netanyahu: il blocco a Gaza resta. Inchiesta Onu, no di Roma e Usa”. A centro pagina: “Zampolini mi pagava l’affitto di Bertolaso. Il padrone dell’abitazione smentisce il sottosegretario”. Accanto: “Abusi, indagato il capo dei vescovi tedeschi”. “L’accusa dei magistrati: coprì un prete pedofilo”.

Il Riformista: “Casalinghi disperati. Bertolaso e Di Pietro alle prese con le case di Anemone. Il sottosegretario al capolinea, l’ex Pm alle strette. Due politici sulla via di Scajola”.

Il Giornale apre con la notizia dell’arresto di un ufficiale della Guardia di Finanza, Salvatore Paglino, arrestato ieri a Bari: “Arrestato l’accusatore del premier. L’ufficiale che ha indagato sul caso D’Addario e sulle intercettazioni di Trani è accusato di molestie e di aver avuto un ruolo di primo piano nella fuga di notizie sul Cavaliere. Il sospetto di soffiate ‘politicamente orientate'”. L’editoriale, firmato da Vittorio Feltri, è invece dedicato al leader dell’Italia dei Valori: “Due o tre case che so di Di Pietro”. A centro pagina le polemiche dopo Ballarò e Berlusconi: “La leggenda di Berlusconi evasore. La sinistra attacca il Cav storpiando una frase sulle tasse. E tacendo che è il primo contribuente italiano”.

Il Sole 24 Ore: “Tagli nuovi per 600 milioni. Da sviluppo, trasporti e acquisti il contributo maggiore alla riduzione della spesa dei ministeri”. L’editoriale è firmato da Angelo Provasoli e Guido Tabellini: “Come battere l’evasione fiscale in due mosse. Dopo l’affondo di Draghi”. A centro pagina le polemiche sulla Festa della Repubblica, e poi buone notizie sull’economia: “L’effetto euro spinge l’export. Vantaggi per chi scommette su paesi emergenti ad alta crescita. Rincarano le materie prime. Missione in Cina: il made in Italy punta sull’economia verde”.
Libero: “Manovra anti-Tremonti. Il Pdl studia un blitz alla Camera a colpi di emendamenti. E spera nel Cav. Silvio ha telefonato a Ballarò perché irritato con Giulio che non lo difendeva”. A centro pagina: “La strategia di Obama contro la marea nera”.

Il Foglio apre sull’Afghanistan: “Il balzo verso Kandahar. I talebani attaccano la grande jirga della pace a Kabul per rallentare l’offensiva che deciderà la guerra”. E poi: “L’uomo che ha mandato Petraeus a Baghdad ci spiega perché con l’Afghanistan (e l’Iran) è più difficile”. Si tratta di una conversazione con l’ex generale Jack Keane, “architetto della strategia vincente in Iraq” che ha fatto ridurre del 95 per cento la violenza.

Israele

Il Corriere della Sera racconta il voto al Consiglio dei diritti umani dell’Onu a Ginevra sulla richiesta della Turchia di disporre una inchiesta internazionale sulla vicenda della nave Marmara. Londra e Parigi si sono astenute, Usa, Italia ed Olanda hanno detto di no motivando la decisione con il fatto che Israele è uno stato democratico perfettamente in grado di condurre da solo una inchiesta credibile. La scelta italiana è stata criticata dall’opposizione (Pd e Idv), mentre secondo il quotidiano Abu Mazen – che ha ovviamente condannato con durezza quello che ha definito atto di terrorismo di Stato – “non ha alcuna voglia di forzare sull’incidente”, e la stessa Turchia – sono molto tese le relazioni in queste ore – con il ministro degli esteri Davutoglu ha detto: “E’ tempo che la rabbia lasci posto alla calma”.
Sul Corriere della Sera, in un commento, Bernard-Henry Lévy torna sulle ragioni che lo hanno spinto a sottoscrivere l’appello di JCall. Per il filosofo la vicenda del blitz conferma la necessità di aiutare Gerusalemme ad uscire dal suo isolamento: “Sono sicuro, presto sapremo che quella ‘flottiglia umanitaria’ di umanitario aveva solo il nome; che tra i suoi obiettivi aveva un colpo mediatico – con i suoi segni e i suoi simboli – più che la miseria di un popolo; che il ramo turco dei Fratelli Musulmani, magari anche un partito di governo in Turchia, all’origine di questa provocazione, aveva buone ragioni di rifiutare, come gli era stato proposto, di fare scalo nel porto israeliano di Ashdod affinché fosse verificato quel che veramente contenevano le stive delle navi. Ma sono ugualmente sicuro che lo Tshaal che conosco lo Tshaal economo in vite umane”, “profondamente democratico”, aveva altri modi di agire. Lévy critica in chiusura la tentazione, ben nota in alcuni dirigenti israeliani, di credersi soli al mondo, comunque reietti, e di agire di conseguenza. L’autismo non è una politica. Né, ancor meno, una strategia.

Su La Repubblica un articolo firmato dallo scrittore Amos Oz in cui sottolinea come Israele abbia a lungo immaginato di poter risolvere qualunque problema con la forza. Cita il proverbio: “A chi ha in mano un martello, ogni problema sembra un chiodo”. Ma Hamas non è solo una organizzazione terroristica, è anche una idea, disperata e fanatica, nata dalla desolazione e dalla frustrazione di molti palestinesi. E tuttavia “nessuna idea è mai stata sconfitta con la forza”. “L’unico modo che Israele ha di vincere su Hamas è stringere rapidamente un accordo con i palestinesi sull’istituzione di uno Stato indipendente in Cisgiordania e nella striscia di Gaza in base ai confini stabiliti nel 1967, con capitale a Gerusalemme est”. La forza militare “è vitale per Israele. Senza non potremmo sopravvivere un solo giorno”, ma “la forza serve solo come misura di prevenzione – per impedire che Israele venga distrutta e conquistata, per proteggere le nostre vite e la nostra libertà”.

Intercettazioni …

Un restroscena de La Repubblica spiega che il Cavaliere sta cedendo sulle intercettazioni, e vuole mascherare in vittoria “questa doppia sconfitta”. Ha dovuto insomma piegarsi alle richieste di Fini, ed a determinare la svolta è stato il Presidente Napolitano, che ieri, durante le celebrazioni del 2 giugno, gli ha parlato a lungo, facendogli capire “che non è il caso di forzare la mano su un testo ‘che ha ancora bisogno di essere migliorato'”. Dunque se a Fini il Cavaliere avrebbe risposto di no, se a chiedere è Napolitano “non posso rispondergli allo stesso modo”. Il calendario prevede per oggi una riunione della consulta per la giustizia del Pdl, presieduta da Ghedini, e poi martedì il via libera alle modifiche sulla norma. Per ora i finiani “non cantano vittoria”, aspettano di capire come andrà a finire. Le indiscrezioni dicono che potrebbero crescere i 75 giorni per intercettazioni telefoniche previsti dalla proposta attuale.

Su L’Unità un altro retroscena si sofferma anche sulle dichiarazioni di un deputato finiano ieri, Carmelo Briguglio, che ha “chiesto le dimissioni dell’attuale governo e la nascita di un nuovo esecutivo guidato sì da Berlusconi ma con una squadra totalmente diversa”. Un cambiamento che dovrebbe toccare anche i vertici del Pdl, che sarebbero “del tutto inadeguati alla fase politica attuale”.

Un “dietro le quinte” del Corriere della Sera parla del “malumore” di Berlusconi nei confronti di Tremonti, e così legge la telefonata dell’altroieri a Ballarò, diretta non tanto a Giannini de La Repubblica ma proprio a Tremonti, che era ospite in studio, “colpevole agli occhi del premier di non averlo protetto adeguatamente dalle critiche, e soprattutto di non averlo difeso dalle accuse di istigazione all’evasione. Il ministro se n’è reso conto”, tanto che dopo i titoli di coda “funzionari e dirigenti Rai hanno raccontato il linguaggio del corpo e le mezze frasi pronunciate da Tremonti, consapevole di esser stato il vero bersaglio” del premier. Il quotidiano spiega anche che la vicenda aveva avuto un antefatto alla festa al Quirinale in vista del 2 giugno, quando i due si erano parlati “sotto gli sguardi indiscreti di tanti ospiti”, e aggiunge che “da giorni” Berlusconi sostiene di voler tornare a fare il presidente del consiglio, e “basta con queste minacce di dimissioni perché un ministro si trova sempre”.
Anche secondo La Repubblica il premier ha contestato l’atteggiamento di Tremonti a Ballarò, che lo avrebbe costretto a telefonare (“‘Sulle tasse non mi hai difeso’. Tra Silvio e Giulio è nuova crisi”).

Case

Il Corriere della Sera racconta la reazione di Antonio Di Pietro contro l’architetto Zampolini (che aveva detto ai magistrati di due appartamenti che Di Pietro avrebbe avuto in affitto da Propaganda Fide a prezzi di comodo, ristrutturati da Anemone): “Dice il falso”. Intanto anche Prodi, Rutelli e Veltroni, chiamati in causa dallo stesso Zampolini, preannunciano querela (l’architetto aveva detto che non riusciva più a lavorare perchè durante il governo di centrosinistra erano loro a decidere chi lavorava) . Da notare il ritratto che Il Corriere offre di Silvana Mura, tesoriera di Italia dei Valori, che avrebbe vissuto in uno degli appartamenti che chiamano in causa il leader di IDV.

Di Pietro viene intervistato da La Repubblica e dice: “Temo rivelazioni ad orologeria, voglio scoprire chi è il mandante. Dice Di Pietro: “Come è possibile che 4 giorni prima Angelo Zampolini non sa cosa rispondere e poi, all’improvviso, sente la spasmodica volontà di tornare dal magistrato?”. Di Pietro dice che se fosse rimasto al governo il centrosinistra gli Anemone e i Balducci “non sarebbero andati da nessuna parte”, e ci tiene a ricordare di aver messo in guardia il governo Prodi sul presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

Il Riformista intervista il senatore Idv Stefano Pedica, che rivendica di aver fatto da tramite per avere gli appartamenti da Propaganda Fide e dice di aver buone entrature in Vaticano, anche a causa di uno zio monsignore. Sullo stesso quotidiano, intervista a Delia Cipullo, ex direttrice del giornale dell’Idv, che dice “mio il contatto con Propaganda Fide”.

2 giugno

Ieri alle celebrazioni per la festa della Repubblica non erano presenti Ministri della Lega, e il Presidente Napolitano, rispondendo ad una domanda, ha detto detto “so che sono stati invitati tutti, e c’erano parecchi ministri”, e che occorreva chiedere a Maroni. Scrive Mario Breda, “quirinalista del Corriere della Sera, che quella del Presidente è una “mezza frecciata”, un “tocco di striscio da parte di cui, almeno in queste ore, non vuole ‘vedere tutto nero'”.
A Varese, dove era presente il Ministro dell’Interno, le celebrazioni sono state fatte senza eseguire l’Inno di Mameli, e “al suo posto, ‘La gatta’ di Gino Paoli”.
Il Ministro Maroni – scrive La Stampa – ha risposto che non è la prima volta che va a Varese per il 2 giugno “e non capisco dove siano la novità o il problema”. L’Inno di Mameli, ha precisato la Prefettura, non è stato suonato perché il protocollo prevede la presenza d iuna bandieramilitare, che non c’era. Maroni ha spiegato che dal 2002 va sempre a Varese, che la cerimonia è sempre uguale, canzoni pop cantate da ragazzini comprese; canzoni fatte comunque a margine della celebrazione ufficiale, coinvolgendo la banda del paese e gli studenti. Marini dice anche che con lui ieri c’era anche il deputato del Pd Marantelli. Sullo stesso quotidiano un commento di Federico Geremicca evidenzia la “secessione silenziosa”, e dice che in assenza di risposte concrete appare “impensabile” arrestarla, visto che ha concretamente prodotto la conquista da parte della Lega di importanti regioni del nord. La questione da affrontare, secondo Geremicca, è “il solco sempre più profondo che divide il Nord dal Sud del Paese”. Gli episodi di ieri segnalano il solco.

E poi

Le pagine R2 del Diario de La Repubblica offrono una riflessione sulla provincia, alla luce della proposta di abolire l’ente locale. Giorgio Bocca descrive “vizi e virtù di un simbolo della storia italiana”; Marino Niola il luogo d’origine del carattere nazionale (l’identità e la sua culla); Giorgio Ruffolo ricostruisce perchè fu adottato un modello centralistico, abbandonando l’idea di uno stato federale sul modello pensato da Cattaneo.
Su La Stampa di parla del caso del romanzo “Il sari rosso” di Javier Moro che racconta la storia d’amore tra una ragazza italiana e il figlio di Indira Gandhi. Scrive il quotidiano che la Presidente del Partito del Congresso Sonia Gandhi non amerebbe ricordare le sue origini italiane, preferendo insistere sulla sua totale indianizzazione.
Sul Sole 24 Ore una intera pagina dedicata alle dimissioni del premier giapponese Hatoyama, travolto dalle critiche per non essere riuscito a trasferire la base Usa di Okinawa, come aveva promesso durante la campagna elettorale. Domani si sceglierà il successore.
Sulla stesso pagina il quotidiano di Confindustria racconta anche della decisione dell’Iran di vendere 15 miliardi di euro in cambio di dollari. La scelta di ridurre la quota di riserve valutarie in euro è comune anche ad altri Paesi del Golfo Persico. L’Euro ha raggiunto in questi giorni i suoi livelli minimi degli ultimi 4 anni.

(fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo, Paolo Martini)

One thought on “La Rassegna Stampa: Tagli nuovi per 600 milioni. Da sviluppo, trasporti e acquisti il contributo maggiore alla riduzione della spesa dei ministeri

  1. Cari amici, visto che i sondaggi, come appare recentemente in tv, sono discutibili perchè non tengono conto delle giuste proporzioni, delle variabili, e delle regole necessarie affinchè un certo numero di persone intervistate siano rappresentative dell’intera comunità, per una volta… diciamo anche noi la nostra! Che non avrà valore di sondaggio, ma almeno ci farà respirare aria di libertà di pensiero ed espressione.
    Questo il link per andare a votare http://forum.grey-panthers.it/showthread.php?t=2438

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